Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 898 del 17/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 898 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 28112-2010 proposto da:
RIZZO MARIA ANTONIETTA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA GEROLAMO BELLONI 88, presso lo studio
dell’avvocato PROSPERETTI GIULIO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato DAL BO DANIELA, giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2013
2946

contro

EQUITALIA SERVIZI S.P.A. (già CENTRO NAZIONALE DI
COORDINAMENTO DI ATTIVITA’ TELEMATICHE ED OPERATIVE
PER LA RISCOSSIONE S.P.A. – CNC S.P.A.), in persona

Data pubblicazione: 17/01/2014

del legale rappresentante pro tempore elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI

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(LABLAW STUDIO LEGALE), presso lo studio dell’avvocato
PETRACCA NICOLA DOMENICO, che la rappresenta e difende
giusta delega in atti;

avverso la sentenza n.

3614/2009 della CORTE D’APPELLO

di ROMA, depositata il 28/11/2009 r.g.n. 4092/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/10/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
AMOROSO;
udito l’Avvocato PROSPERETTI GIULIO;
udito l’Avvocato PETRACCA NICOLA DOMENICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– controricorrente

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.

Con il ricorso al tribunale di Roma Rizzo Maria Antonietta aveva

convenuto in giudizio il Consorzio Nazionale Concessionari – poi Equitalia Servizi
spa ( già Centro Nazionale di Coordinamento di Attività Telematiche ed Operative
per la riscossione spa) – per sentir dichiarare la illegittimità delle note di qualifica
(mediocre) attribuite dal datore di lavoro e la illegittimità della condotta di mobbing
di cui era stata vittima; aveva anche domandato la condanna del CNC al pagamento

2002 (tempo di attribuzione del giudizio di mediocre); al risarcimento del danno
biologico, del danno esistenziale e del danno alla professionalità (danni
complessivamente quantificati in € 500.000,00, oltre rivalutazione monetaria ed
interessi legali) danni tutti, questi, assunti come causati dalla illegittima condotta
persecutoria del CNC.
Costituitosi in giudizio il CNC – Consorzio Nazionale Concessionari – aveva
contestato la fondatezza della domanda, chiedendo il rigetto del ricorso.
L’adito tribunale di Roma, con la sentenza n. 9748 del 14 maggio 2004, ha
parzialmente accolto la domanda. Ha dichiarato la illegittimità delle note di qualifica
attribuite alla ricorrente dal 1998 al 2002 e ha condannato per l’effetto il Consorzio al
pagamento de premio di rendimento per gli anni corrispondenti, per € 12.911,42,
oltre interessi e rivalutazione dalla maturazione dei singoli crediti al saldo; ha
compensa per metà le spese di lite e ha posto il residuo a carico del Consorzio.
2. Nei confronti della sentenza di primo grado ha proposto tempestivo appello
(con atto del 12.5.2005) la

Rizzo per chiedere che, in sua parziale riforma, il

Consorzio fosse condannato anche al risarcimento del danno rivendicato in primo
grado determinato dalla illegittima condotta di mobbing; in via subordinata ha
chiesto che il danno rivendicato e quantificato in primo grado fosse attribuito anche
in relazione alla illegittima attribuzione della qualifica di mediocre.
Si è costituita in giudizio la CNC spa – Centro Nazionale di Coordinamento di
Attività Telematiche ed Operative per la riscossione spa – la quale, dopo avere
precisato che l’originario Consorzio si era trasformato in società per azioni con nuova
denominazione, ha contestato la fondatezza dell’appello concludendo per il suo
rigetto.
In via incidentale la società ha censurato la sentenza nella parte in cui ha
dichiarato l’illegittimità della attribuzione alla Rizzo della qualifica di mediocre con

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del premio di rendimento (quantificato in € 12.911,42) quanto agli anni dal 1998 al

conseguente condanna a restituire le somme corrisposte a titolo di premi di
rendimento per gli anni dal 1998 al 2001.
La Corte d’appello di Roma con sentenza del 28.4.2009 – 28 novembre 2009
ha respinto l’appello principale e l’appello incidentale compensando le spese del
grado.
3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la Rizzo con quattro
motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata.

La ricorrente ha anche depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è articolato in quattro motivi.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione falsa applicazione
dell’art. 24 Cost. nonché degli artt. 2697 e 421 c.p.c.. Sostiene che la corte territoriale
ha erroneamente interpretato le disposizioni riguardanti l’onere della prova dei poteri
istruttori. In particolare nel ricorso erano indicati i motivi e gli elementi richiesti per
riconoscere il lamentato mobing.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce vizio di motivazione circa la
mancata ammissione della consulenza tecnica d’ufficio che non aveva – diversamente
da quanto ritenuto dalla corte d’appello – carattere esplorativo.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione falsa applicazione degli
artt. 112,414 437 c.p.c.. La corte d’appello pur pur accertando la illegittimità delle
note di qualifica, ha errato nel non riconoscere il danno derivante da ciò.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 1226 c.c.
nonché vizio di motivazione. Erroneamente la corte d’appello ha escluso di poter
decidere in via equitativa circa la condanna del risarcimento dei danni.
2. Il ricorso — i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente in
quanto connessi — è infondato.
La Corte territoriale ha puntualmente preso in considerazione la censura
dell’appellante principale Rizzo che in particolare lamentava l’erroneità della
sentenza di primo grado nella parte in cui il giudice di prime cure non ha dato
ingresso alle istanze istruttorie articolate nel ricorso introduttivo del giudizio, quanto
alle circostanze di fatto in cui sarebbe consistito il denunziato mobbing. Altresì
deduceva l’erroneità della statuizione, conseguente a non corretta interpretazione
della domanda di primo grado, nella parte in cui il tribunale non aveva valutato, ai
fini della domanda di risarcimento del danno, la natura ritorsiva e discriminatoria
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6g)

della attribuzione delle sfavorevoli note di qualifica mediocre. Parimenti lamentava il
mancato esercizio dei poteri istruttori officiosi laddove il giudice ha omesso di
accertare attraverso CTU medico legale l’origine professionale delle sue condizioni
di salute.
La Corte d’appello ha puntualmente e correttamente risposto a tali censure.
Va innanzi tutto ribadito – in riferimento al regime precedente all’art. 4 d.lgs.
n. 216/2003 che alla fattispecie in esame non si applica ratione temporis

che per

degli obblighi di protezione di cui all’art. 2087 c.c., consiste in reiterati e prolungati
comportamenti ostili, di intenzionale discriminazione e di persecuzione psicologica,
con mortificazione ed emarginazione del lavoratore. Ossia si intende – come già
affermato da questa Corte (Cass. 17 febbraio 2009, n. 3785) – una condotta del datore
di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei
confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e
reiterati comportamenti ostili, che finiscono per assumere forme di prevaricazione o
di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e
l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e
del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità della condotta lesiva
del datore di lavoro rilevano i seguenti elementi, il cui accertamento costituisce un
giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità
se logicamente e congruamente motivato: a) la molteplicità dei comportamenti a
carattere persecutori o, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano
stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il
dipendente con intento vessatorio; b) l’evento lesivo della salute o della personalità
del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro o del
superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore; d) la
prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio.
Elementi questi che il lavoratore ha l’onere di provare in applicazione del
principio generale di cui all’art. 2697 c.c. e che implicano la necessità di una
valutazione rigorosa della sistematicità della condotta e della sussistenza dell’intento
emulativo o persecutorio che deve sorreggerla (Cass. 26 marzo 2010, n. 7382).
Nella specie il tribunale ha ritenuto che le allegazioni esposte nel ricorso
introduttivo del giudizio non fossero idonee a fondare una pronunzia favorevole alla
Rizzo in relazione alla genericità delle medesime.

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“mobbing” si deve intendere una condotta del datore di lavoro che, in violazione

La Corte d’appello ha confermato questa valutazione con motivazione ampia,
puntuale ed immune da vizi logici. Ha considerato la Corte territoriale che è mancata
la specificazione delle circostanze di luogo, di tempo e dei singoli soggetti che
avrebbero realizzato i singoli comportamenti denunziati. E’ mancato nel ricorso
introduttivo ogni riferimento alla correlazione tra professionalità precedentemente
acquisita e le nuove mansioni. In particolare la Rizzo nulla ha detto sulla
personalizzazione e specifica discriminazione in suo danno rispetto ai colleghi di

Corte territoriale – ogni intento persecutorio risultava escluso posto che la Rizzo fu
trasferita e spostata dall’uno all’altro dei settori o uffici unitamente agli altri colleghi
di lavoro per ragioni organizzative che erano risultate documentate. Inoltre generica,
perché priva di riferimenti temporali, era l’allegazione relativa alla mancata
concessione dei permessi nelle giornate richieste.
E anche la deduzione relativa all’esclusione dalla partecipazione ai corsi di
formazione sul nuovo sistema informatico era anch’essa generica, per la mancata
precisazione del tempo in cui il corso sarebbe stato effettuato. Analoghe
considerazioni ha svolto la Corte d’appello in merito alla allegazione relativa alla
mancata ammissione alla effettuazione di lavoro straordinario; la Rizzo non aveva
riferito del tempo in cui avanzò richieste in tal senso, nulla specificando in merito
alla effettuazione dì prestazioni straordinarie di colleghi del suo medesimo ufficio o
settore.
Quanto poi alla dotazione di strumentazione informatica di lavoro, la Corte
d’appello ha ritenuto il ricorso essere generico posto che la Rizzo non aveva
precisato se e per quale ragione il personal computer che assumeva di non avere
ottenuto, a differenza degli altri lavoratori (quali, quanti, a quale servizio e mansioni
adibiti nulla era stato specificato) e quello che sarebbe stato sostituito non fossero
idonei allo svolgimento delle sue mansioni.
La Corte d’appello ha poi condiviso la valutazione di merito del tribunale
secondo cui i singoli fatti denunziati come ascrivibili ad un unico intento
persecutorio ciascuno in sé considerato non presentavano il carattere della ritorsività
ed ostilità.
In questo contesto la richiesta di c.t.u. aveva effettivamente natura
inammissibilmente esplorativa – come ritenuto dai giudici di merito – e non poteva
valere a colmare le carente in termini di allegazione di circostanze di fatto
astrattamente significative della lamentata condotta di mobbing.
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lavoro inseriti nelle medesime articolazioni organizzative; e comunque – aggiunge la

A fronte di questa puntuale motivazione le censure mosse dalla Rizzo si
risolvono in un mero dissenso valutativo degli elementi di fatto allegati dalla
ricorrente a fondamento della sua domanda.
4. Anche le censure riguardanti il risarcimento del danno non possono essere
accolte.
Esclusa la condotta di mobbing

perché non puntualmente e specificamente

dedotta, e quindi non provata – le censure relative al risarcimento del danno sono

Quanto alla condotta più specifica – quella dell’errata attribuzione della
qualifica di “mediocre” – La Corte d’appello con tipico apprezzamento di merito ha
ritenuto la inidoneità delle allegazioni in punto di verificazione dei danni, comunque
genericamente indicati come biologico, esistenziale, patrimoniale ed alla
professionalità, riferiti – complessivamente ed indistintamente – alla allegata condotta
mobbizzante e non già distintamente (oltre che a quest’ultima anche) al
riconoscimento per alcuni anni della nota di qualifica di “mediocre”.
Né la ricorrente (segnatamente nel terzo motivo di ricorso) ha fatto
riferimento ad un’iniziale domanda di risarcimento del danno specificamente riferito
(non già alla complessiva condotta mobbizzante, ma) all’illegittima attribuzione della
nota di qualifica di mediocre. La stessa circostanza che il risarcimento del danno sia
stato richiesto in misura omnicomprensivamente quantificata in € 500.000,00 non
consentiva ai giudici di merito di identificare una distinta pretesa risarcitoria, tanto
più che le conseguenze patrimoniali dell’erronea attribuzione della nota di qualifica
erano state quantificate nella perdita del premio di rendimento che il tribunale ha
riconosciuto, condannando la società convenuto al relativo pagamento, e di cui più
non si è discusso tra le parti.
5. Il ricorso va quindi rigettato.
giustificati

Sussistono

motivi

(in

considerazione

dell’evoluzione

giurisprudenziale sulle questioni dibattute e della problematicità delle stesse nel
contesto del progressivo assetto del diritto vivente) per compensare tra le parti le
spese di questo giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di
cassazione.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013
Cysigliere
,

Il Presidente

ovviamente assorbite.

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