Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8976 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. III, 31/03/2021, (ud. 22/09/2020, dep. 31/03/2021), n.8976

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 36322-2018 proposto da:

C.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.

PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato STEFANO DI MEO,

rappresentato e difeso dall’avvocato PARIDE CASINI;

– ricorrenti –

contro

M.G., PHONE LIMITED INTERNATIONAL SAS DI M.G.

& C, rappresentati e difesi dall’avv. GIORGIO PAGLIANI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1263/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 14/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 13/12/2018, avverso la sentenza n. 1263 del 10/4/2018, comunicata il 14/5/2018, C.T. propone ricorso per cassazione, illustrato da successiva memoria e affidato a due motivi, di cui il secondo subordinato al mancato accoglimento del primo. Con controricorso, notificato il 18/1/2019, resiste la Phone Limited International s.a.s. di M.G. & C., nonchè il sig. M.G. quale socio accomandatario.

2. Per quanto qui d’interesse, il sig. C.T. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Modena, la Phone Limited International s.a.s. di M.G. & C., nonchè il sig. M.G., per sentirli condannare al pagamento in via tra loro solidale della somma di Euro 84.917,87. L’attore deduceva di essere stato socio accomandatario della Phone Limited International fino al 2/7/1997, data in cui aveva assunto la qualità di socio accomandante fino alla cessione di tutte le quote di sua proprietà avvenuta in data 10/9/1997. Affermava che, nella vigenza del proprio rapporto di socio con la predetta società, aveva personalmente prestato garanzia reale a favore della Banca Commerciale Italiana e della Rolo Banca 1473, costituendo in pegno titoli ed altri valori per la concessione di linee di credito in favore della società. Deduceva che dopo la cessione delle quote sociali, gli istituti di credito avevano provveduto alla realizzazione del pegno e che, invano, egli aveva chiesto la restituzione della somma pagata a seguito della vendita dei beni dati in pegno. Costituitisi, i convenuti chiedevano il rigetto della domanda e la condanna dell’attore ex art. 96 c.p.c. Con sentenza n. 6026/2009, il Tribunale di Modena rigettava sia la domanda attorea che la domanda ex art. 96 c.p.c. spiegata dai convenuti.

3. Avverso la pronuncia, il sig. C. ha proposto gravame, mentre gli appellati hanno interposto appello incidentale reiterando la domanda di condanna ai sensi del già invocato art. 96 c.p.c. Con la sentenza oggi impugnata, la Corte d’Appello di Bologna, integralmente confermando la pronuncia di prime cure, ha rigettato sia l’appello principale che l’appello incidentale, compensando le spese di lite tra le parti nella misura di un quarto e ponendole, per il resto, in capo all’appellante C..

4. In particolare, la Corte adita ha rilevato che, al momento della costituzione del pegno, il sig. C. era socio accomandatario e, pertanto, illimitatamente responsabile per le obbligazioni assunte dalla società nel periodo. A motivo di ciò, ha ritenuto che il Tribunale avesse correttamente escluso la pretesa restitutoria dell’attore in quanto fondata su di un insussistente diritto di regresso del garante datore di pegno nei confronti della società, posto che l’atto il rilascio di una garanzia personale o reale per un debito della società, da parte del socio illimitatamente responsabile, va qualificato quale atto di costituzione di garanzia per una obbligazione propria, non potendo il socio illimitatamente responsabile essere considerato come terzo datore di garanzia rispetto all’obbligazione sociale. Ha ritenuto, inoltre, irrilevante l’argomentazione dell’appellante principale secondo cui l’escussione del pegno era avvenuta nel mese di ottobre-novembre 2003, cioè successivamente alla cessazione del rapporto sociale, ciò in ragione del fatto che le obbligazioni garantite dal pegno erano sorte in data anteriore a quella in cui il C. aveva cessato di essere socio accomandatario, non rilevando che il socio fosse stato liberato per le obbligazioni pregresse, in quanto la perdita della qualità di socio non incide sulla responsabilità illimitata per i debiti contratti allorquando il socio era illimitatamente responsabile.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 2290, 2291, 2313, 2315, 2318, 1203, n. 3, 1936, 1949 e 1950 c.c. per avere l’impugnata sentenza, muovendo dall’assunto che i debiti delle società di persone devono essere qualificati come debiti propri dei soci illimitatamente responsabili, escluso che un socio illimitatamente responsabile, le cui garanzie personali o reali per debiti della società vengano escusse, possa esercitare il diritto di regresso verso quest’ultima”. L’assunto è che la Corte d’Appello abbia erroneamente recepito un risalente e superato orientamento giurisprudenziale per cui il socio-garante, una volta escussa la garanzia e integralmente soddisfatto il terzo creditore, non avrebbe diritto di regresso nei confronti della società (debitrice principale), in quanto le obbligazioni delle società di persona sono da qualificarsi “debito proprio” del socio illimitatamente responsabile (Cass. 12310/99). Deduce che sia la più recente dottrina che la giurisprudenza di legittimità hanno oramai superato tale risalente indirizzo e riconosciuto la piena ed assoluta autonomia patrimoniale alle società di persone rispetto ai propri soci e, di riflesso, la loro autonoma soggettività giuridica, con conseguente separatezza tra le situazioni giuridiche riferibili all’ente o ai singoli soci. Richiama, in particolare una pronuncia in cui la Suprema Corte ha espressamente sancito la validità ed efficacia delle garanzie reali (pegno o ipoteca) accordate dal socio illimitatamente responsabile nell’interesse della società partecipata e a favore di terzi creditori di quest’ultima, talchè non potrebbe revocarsi più in dubbio che il diritto di regresso e di surroga debba accordarsi al socio garante per ripetere quanto pagato in virtù di una garanzia rimasta in vita dopo la cessazione del rapporto sociale (Cass. sez. 1, sentenza, n. 7139 del 22 marzo 2018), e che riguardo al pegno si debba applicare in via analogica quanto disposto dall’art. 2871 c.c. in tema di regresso del terzo ipotecario contro il debitore. Richiama altresì Cass. 3 settembre 2007 n. 18522 ove si è riconosciuto il diritto di regresso al terzo datore di pegno che abbia soddisfatto il creditore, nei confronti del fideiussore, sempre in applicazione analogica dell’art. 2871 c.c., non avente carattere eccezionale.

1.2. Con il secondo motivo denuncia “in via graduata, violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 2263, 2269, 2289, 2290, 2291, 2313, 2315, 2318, 1203, n. 3, 1936, 1949 e 1950 c.c. per avere l’impugnata sentenza affermato che i debiti delle società di persone devono essere qualificati come debiti propri dei soci illimitatamente responsabili – con la conseguente applicazione della regola di diritto relativamente alle garanzie dagli stessi prestate, alla quale rimanda la censura sollevata con il precedente motivo di impugnazione – anche quando l’escussione della garanzia avviene dopo che il socio ha cessato sia di essere socio della società stessa sia, ancor prima, di essere socio illimitatamente responsabile e questo, in entrambi i casi, per atti inter vivos, posti in essere con il consenso dell’intera compagine sociale e senza riserva alcuna”. Sotto questo profilo, il ricorrente deduce l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto rilevanti le argomentazioni inerenti all’avvenuta cessione delle quote a seguito della quale il sig. C. dapprima avrebbe perso la qualità di socio accomandatario (2/7/1997) e, poi, la qualità di socio accomandante (10/9/1997), prima dell’escussione del pegno, assumendo invece che “la perdita della qualità di socio non incide sulla responsabilità illimitata per debiti contratti dalla società allorquando l’appellante era socio accomandatario”. Di contro, il ricorrente adduce che lo scioglimento del rapporto societario era avvenuto mediante cessione della quota “accettata da tutti i soci senza alcuna riserva e con l’assenso dell’intera compagine sociale”, talchè l’attuale ricorrente così come non avrebbe a più titolo per partecipare alla distribuzione degli utili o alla divisione del patrimonio, analogamente non potrebbe essere chiamato dalla società o dai cessionari a rispondere dei debiti sociali, ma solo dai creditori sociali ex art. 2269 e 2290 c.c.. Ne conseguirebbe che, non avendo egli garantito gli acquirenti delle quote subentrati nella sua posizione di socio accomandatario prima, e accomandante poi, dell’inesistenza dei debiti sociali, non potrebbe essere ritenuto obbligato a tenere indenni nè la società nè i suoi soci, compresi i cessionari della quota, per le obbligazioni sociali, anche se sorte prima della cessione o della cessazione del suo status di socio illimitatamente responsabile, in ciò richiamando il generale principio di cui all’art. 2290 c.c. riferito alla società in nome collettivo (Cass. civ. sez III, 13.12.2010, n. 25123; cass. sez. III, 12.1.2011, n. 525). Per tale ulteriore ragione, avrebbe dovuto essergli riconosciuto il diritto di regresso verso la società, una volta escussa la garanzia prestata dal creditore sociale.

2. Tutto quanto sopra considerato, il Collegio ritiene che la questione abbia rilievo nomofilattico e che, pertanto, meriti la trattazione in pubblica udienza.

PQM

Rilevato che la questione sottoposta all’esame della Corte meriti la discussione in pubblica udienza, rinvia la causa a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sezione terza civile, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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