Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8974 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. III, 31/03/2021, (ud. 06/10/2020, dep. 31/03/2021), n.8974

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 33954/19 proposto da:

-) Z.M., elettivamente domiciliato a Caserta, v.le Lincoln

n. 77, difeso dall’avvocato Roberto Ricciardi in virtù di procura

speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna 27.6.2019 n.

2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6

ottobre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Z.M., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4.

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese in quanto, avendo assistito all’omicidio dello zio, avvenuto in occasione di uno scontro fra gli appartenenti a due opposte fazioni politiche, era ricercato dai responsabili dell’omicidio, in quanto considerato un pericoloso testimone oculare.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento Z.M. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 ricorso dinanzi al Tribunale di Bologna, che la rigettò con ordinanza 18.5.2017.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Bologna con sentenza 27.6.2019.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da Z.M. con ricorso fondato su un motivo. Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia dal vizio di violazione di legge, di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3; sia da quello di omesso esame d’un fatto decisivo, di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Nella illustrazione del motivo sono contenute varie e frammiste censure, così riassumibili:

-) ha errato la Corte d’appello nel ritenere inattendibile il racconto del richiedente asilo;

-) ha errato la Corte d’appello nella ritenere inutilizzabili i documenti prodotti in copia dalla richiedente, senza attivare i propri poteri istruttori officiosi al fine di valutarne l’attendibilità;

-) la motivazione adottata dalla Corte d’appello a fondamento della propria pronuncia di rigetto è stata soltanto apparente;

-) la Corte d’appello ha violato il dovere di accertare le condizioni del paese di provenienza del richiedente asilo in base a fonti aggiornate ed attendibili, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8;

-) la Corte d’appello ha trascurato di compiere un approfondito esame, anche d’ufficio, circa la sussistenza delle condizioni legittimanti la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

1.1. Nella parte in cui censura il giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni rese dall’odierno ricorrente, il motivo è inammissibile.

La Corte d’appello, infatti, ha dedicato ampia parte della motivazione (pagine 5-6) ad illustrare le ragioni per le quali il racconto del richiedente asilo doveva ritenersi inattendibile.

Tali motivazioni non solo sono rispettose dei parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5; ma soprattutto sono impugnate in modo generico, dal momento che il ricorrente non indica affatto in modo analitico quale dei parametri dettati dal citato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 sarebbe stato violato dalla Corte d’appello.

1.2. Nella parte in cui prospetta la nullità della sentenza per difetto di motivazione il motivo è manifestamente infondato, dal momento che un provvedimento giurisdizionale può dirsi nullo per mancanza della motivazione solo quando questa sia carente addirittura come segno grafico, oppure sia manifestamente contraddittoria o insanabilmente ambigua.

Nessuna di tali ipotesi ricorre nel caso di specie.

1.3. Nella parte in cui prospetta la violazione, da parte del giudice di merito, del dovere di cooperazione attorea di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 il motivo è fondato solo con riferimento alla pronuncia di rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari; è, invece, infondato rispetto al rigetto della domanda di protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

1.3.1. Con riferimento a quest’ultima ipotesi, il motivo è infondato in quanto la Corte d’appello ha basato il giudizio di insussistenza in (OMISSIS) di una situazione di violenza indiscriminata derivante da armato su un rapporto diffuso dall’ECOI nel 2019, una autorevole organizzazione internazionale fondata dalla Croce Rossa austriaca e alla quale partecipa la Commissione Europea: una fonte, dunque, attendibile ed aggiornata.

1.3.2. Con riferimento, invece, al capo di sentenza che ha rigettato la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari il motivo è fondato.

La Corte d’appello ha rigettato la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari essenzialmente in base a due considerazioni, così riassumibili:

-) perchè il richiedente era inattendibile;

-) perchè nel Paese di provenienza del ricorrente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata.

Ambedue queste affermazioni non sono conformi a diritto.

Come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte, il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (secondo la disciplina applicabile ratione temporis), può fondarsi tanto su circostanze soggettive (condizioni di salute, età, insuperati traumi psichici), quanto su circostanze oggettive dipendenti dal luogo di provenienza del richiedente.

Le circostanze oggettive che giustificano il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in particolare, consistono nel concreto rischio che, in caso di rimpatrio, il richiedente possa subire gravi violazioni dei propri diritti fondamentali della persona (ad esempio vita, salute, libertà personale). Ed il rischio di violazione dei diritti umani impedisce il rimpatrio di qualunque persona: sincera o mendace, attendibile od inattendibile.

Da ciò consegue che la ritenuta inattendibilità del richiedente non esonera il giudicante dall’onere di accertare comunque – e farlo d’ufficio – se nel Paese e nella regione di sua provenienza sussistano sistematiche violazioni dei diritti fondamentali della persona, tali da esporre quella particolare persona al rischio di una grave violazione dei suddetti diritti.

Ha errato, pertanto, la Corte d’appello, nel ritenere che “anche in considerazione della non credibilità delle dichiarazioni (del richiedente) non sono emersi ulteriori profili di rischio nè di vulnerabilità che giustificano il rilascio del permesso di soggiorno per ragioni di carattere umanitario”.

Infatti, per quanto detto, le suddette ragioni non necessariamente sarebbero dovute emergere dal vissuto personale del richiedente, ma sarebbero potute discendere altresì dal contesto sociale, politico ed economico del Paese di sua provenienza.

Pertanto la Corte d’appello, una volta esclusa la sussistenza di ragioni soggettive giustificatrici del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, non avrebbe potuto arrestare la propria indagine, ma avrebbe dovuto accertare d’ufficio, avvalendosi di fonti attendibili ed aggiornate, se il contesto di provenienza del richiedente fosse o meno tale da esporlo ad una grave violazione dei diritti fondamentali della persona in caso di rimpatrio. Resta solo da aggiungere che, ovviamente, a tal fine non era sufficiente accertare l’insussistenza di un conflitto armato, circostanza ostativa soltanto alla concessione della protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Ed infatti anche un Paese che non sia in guerra potrebbe teoricamente essere funestato da carestie, epidemie o regimi di governo che violino sistematicamente i diritti fondamentali della persona.

Pertanto l’accertata insussistenza nel paese di provenienza del richiedente di una situazione di conflitto non esaurisce il dovere di cooperazione istruttoria da parte dell’organo giudicante.

La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, affinchè proceda al suddetto accertamento officioso, con limitato riferimento all’esame della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

5. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidati dal giudice di rinvio.

PQM

la Corte di cassazione:

(-) accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

 

 

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