Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8974 del 19/04/2011

Cassazione civile sez. III, 19/04/2011, (ud. 24/02/2011, dep. 19/04/2011), n.8974

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5537-2009 proposto da:

B.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GIOVANNI SEVERANO 35, presso lo studio dell’avvocato

AGRESTI SILVIO, rappresentata e difesa dall’avvocato AUTILIO ANTONIO

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FONDIARIA ASSICURAZIONE SPA (OMISSIS), (società costituita a

seguito della fusione per incorporazione della S.p.A. La Fondiaria

Assicurazioni nella S.p.A. SAI Assicurazioni), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA L. BISSOLATI 76, presso lo studio

dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che lo rappresenta e difende

giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

GENERALI ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS), B.F., D.

P.I.;

– intimati –

nonchè da:

GENERALI ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS), quale impresa designata

alla gestione dei danni del Fondo di Garanzia per le Vittime della

Strada, in persona dei suoi legali rappresentanti pro tempore, Dott.

C.T. e Dott. S.R., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA S. MARIA MEDIATRICE 1, presso lo studio dell’avvocato

BUCCI FEDERICO, rappresentata e difesa dall’avvocato PALAMONE

BENIAMINO giusta mandato a margine del controricorso e contestuale

ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

FONDIARIA ASSICURAZIONE SPA (OMISSIS), (società costituita a

seguito della fusione per incorporazione della S.p.A. La Fondiaria

Assicurazioni nella S.p.A. SAI Assicurazioni, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA L. BISSOLATI 76, presso lo studio

dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che la rappresenta e

difende, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

B.F., D.P.I., B.G.

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 16/2008 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

Sezione Civile, emessa il 28/12/2007, depositata il 17/01/2008;

R.G.N. 70/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/02/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI CARLEO;

udito l’Avvocato AUTILIO ANTONIO;

udito l’Avvocato VIZZONE DOMENICO (per delega Avvocato SPINELLI

GIORDANO TOMMASO);

udito l’Avvocato PALAMONE BENIAMINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro che ha concluso per l’accoglimento 1 motivo ricorso

principale, assorbimento del resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 13 dicembre 1988 e 17 gennaio 1989 B.G., premesso che in data 24 ottobre 1987 si trovava a bordo di un’autovettura, condotta da D.P.I. e di proprietà di B.F., finita fuori strada perchè tamponata da un veicolo rimasto sconosciuto, riportando lesioni gravissime, conveniva in giudizio il B., la D.P. nonchè la Fondiaria Assicurazioni S.p.a. per ottenere il risarcimento dei danni subiti. In esito al giudizio in cui si costituiva la sola Fondiaria la quale otteneva di chiamare in causa altresì la Generali Assicurazioni S.p.a., quale impresa designata dal F.G.V.S., il Tribunale di Potenza accoglieva la domanda attrice, condannava la Fondiaria Assicurazioni al pagamento di L. 461.569.000 oltre interessi e rigettava la domanda avanzata dalla Fondiaria nei confronti dell’impresa designata. Avverso tale decisione proponeva appello la Fondiaria Assicurazioni ed in esito al giudizio, in cui si costituivano sia B.G. sia Generali Assicurazioni Spa chiedendo il rigetto dell’impugnazione, la Corte di Appello di Potenza con sentenza depositata in data 17 gennaio 2008, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda proposta dalla B. compensando le spese di entrambi i gradi di giudizio tra le parti.

Avverso la detta sentenza la B. ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Resistono con controricorso la Fondiaria-Sai Spa e le Generali Spa. Quest’ultima ha altresì proposto ricorso incidentale. La ricorrente ha infine depositato memoria difensiva a norma dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare, vanno riuniti il ricorso principale e quello incidentale, in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

Procedendo all’esame della prima doglianza per violazione e falsa applicazione della L. n. 990 del 1969, art. 19, comma 1, lett. a) e degli artt. 230, 231 e 232 c.p.c. e artt. 2054 e 2733 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, deve premettersi che la censura si articola attraverso tre diversi profili: il primo, riguardante le presunzioni di cui all’art. 2054 c.c., il secondo, riguardante la valenza probatoria delle asserzioni contenute nell’atto di citazione della B., il terzo riguardante l’interrogatorio formale reso dalla D.P..

Ed invero, così scrive la ricorrente riguardo al primo profilo di doglianza, la sentenza impugnata non solo non ha considerato che il conducente danneggiante aveva omesso di denunciare all’autorità l’eventuale presenza della seconda vettura, che avrebbe provocato il sinistro previo tamponamento, ma non ha neppure considerato l’assenza di prova sul nesso eziologico tra urto ed il conseguente sinistro.

Inoltre – il rilievo riguarda il secondo profilo – la Corte territoriale ha sbagliato nel ritenere che la ricostruzione del sinistro contenuta nell’atto di citazione assurgesse a valore di confessione, così come ha sbagliato la considerazione attiene all’ultimo profilo – nel fondare la sua decisione altresì sulle dichiarazioni della D.P., litisconsorte contumace garantita dalla Fondiaria, ritenendo che tali dichiarazioni potessero costituire una prova a favore della tesi dei convenuti, secondo cui il sinistro si era verificato per esclusiva colpa del terzo che avrebbe tamponato la vettura della D.P. e trascurando che le dichiarazioni rese nel corso di un interrogatorio, favorevoli alla parte, non possono essere assunte come prove ai fini della decisione.

Il primo profilo della doglianza è inammissibile. Ed invero, nel lamentare che la Corte territoriale non aveva considerato che il conducente danneggiante aveva omesso di denunciare all’autorità l’eventuale presenza della seconda vettura e non aveva preso in considerazione l’assenza di prova sul nesso eziologico tra urto ed il conseguente sinistro, la ricorrente, lungi dal prospettare a questa Corte un vizio della sentenza rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., muove all’impugnata sentenza censure di fatto, del tutto inaccoglibili, perchè la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre e nel privilegiare una ricostruzione dell’evento a scapito di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva. In definitiva, il submotivo di censura in esame va dichiarato inammissibile perchè, pur deducendo formalmente un preteso vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, si volge piuttosto a richiedere una diversa lettura delle risultanze processuali così come accertate e ricostruite dalla corte territoriale, attività che non è consentita a questa Corte.

Quanto agli altri due profili di doglianza, torna opportuno chiarire che, contrariamente all’assunto della ricorrente, i giudici di seconde cure non hanno affatto affermato che la ricostruzione del sinistro contenuta nell’atto di citazione assurgesse a valore di confessione nè, d’altra parte, hanno riconosciuto alcuna valenza probatoria a carico del terzo alle dichiarazioni rese dalla D. P. nel corso dell’interrogatorio formale. Al contrario, i giudici di seconde cure hanno fondato la loro decisione su una considerazione di diritto assolutamente diversa, vale a dire, sulla considerazione che, essendo stata la stessa B., nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, ad esporre che il sinistro si era verificato a causa di un tamponamento ai danni dell’auto su cui era trasportata, tale fatto doveva ritenersi pacifico alla luce della successiva conferma che ne diede la sua controparte, la D. P. in sede di interrogatorio. In effetti, la Corte di secondo grado ha fatto applicazione, condividibile o meno che sia la sua decisione a riguardo, del ed. principio di non contestazione.

Ciò in considerazione del mancato assolvimento dell’onere di specifica contestazione, introdotto, per i giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della L. n. 353 del 1990, dall’art. 167 c.p.c., comma 1, il quale, imponendo al convenuto di prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, comporta che i suddetti fatti, qualora non siano contestati dal convenuto stesso, debbono essere considerati incontroversi, tali da non richiedere una specifica dimostrazione.

Infatti, premesso che la contestazione deve, fondamentalmente “riguardare i fatti da accertare nel processo” e non la determinazione della loro dimensione giuridica, la mancata contestazione del fatto addotto dall’attore rende comunque inutile provarlo appunto perchè lo rende non controverso. E ciò, alla luce del sistema di preclusioni, previsto dal nostro processo civile, che comporta per le parti l’onere di collaborare al fine di circoscrivere la materia controversa, e soprattutto del generale principio di economia che deve informare il processo, avuto riguardo al novellato art. 111 Cost.. Con la conseguenza che la mancata contestazione della controparte assolve la parte deducente dal relativo onere probatorio, senza che rilevi la natura del fatto in sè.

Le ragioni della pronuncia si fondavano pertanto sulla pacificità delle modalità del sinistro per cui era causa. Ed invero “venendo in rilievo un fatto pacifico – così scrivono i giudici di merito in sentenza – “non c’è spazio per le presunzioni di cui all’art. 2054 c.c. e segnatamente non è ipotizzatile alcuna responsabilità in capo al conducente dell’auto ove B.G. era trasportata poichè l’incidente si verificò a causa di un tamponamento”.

Ora, le ragioni di gravame, per risultare idonee a contrastare la motivazione della sentenza, devono correlarsi con la stessa, in modo che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata risultino contrapposte quelle dell’impugnante e volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, mentre nel caso di specie la ricorrente si è limitata ad ipotizzare, da parte della Corte territoriale, l’applicazione di regole giuridiche assolutamente estranee alle ragioni della decisione.

Ma se le ragioni di gravame non si contrappongono in maniera specifica alle considerazioni svolte nella sentenza impugnata e non sono quindi idonee ad incrinarne il fondamento logico-giuridico, la censura deve essere ritenuta inammissibile per difetto della necessaria specificità, attesa la non riferibilità della censura alla sentenza d’appello impugnata. Ne deriva che anche tali censure devono essere pertanto dichiarate inammissibili per mancanza di correlazione con le ragioni poste dalla Corte di merito a base della decisione impugnata.

Passando all’esame della seconda doglianza per violazione e falsa applicazione dell’art. 343 e 346 c.p.c. e vizio di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, si deve rilevare che, ad avviso della ricorrente, la Corte di merito avrebbe sbagliato nel non prendere in esame la domanda risarcitoria, proposta da essa B. nei confronti di Generali Assicurazioni, ritenendo erroneamente che tale domanda avrebbe dovuto essere formulata in un atto di appello incidentale, che invece non era stato proposto. Ed invero – questa è la conclusione della ricorrente- “l’attrice non aveva alcun onere di proporre appello incidentale poichè il giudice di appello doveva limitarsi ad accogliere la domanda di regresso della Fondiaria e, quindi, condannare la Generali alla rifusione dei danni”.

Inoltre, l’appello incidentale – così continua la ricorrente – non deve avere una particolare forma per evidenziare la volontà di ottenere la riforma della decisione del primo giudice. Comunque, la parte totalmente vittoriosa non deve proporre appello incidentale per provocare la condanna del terzo chiamato in causa, essendo sufficiente che la domanda sia contenuta nella comparsa di costituzione in appello.

La censura è infondata. Al riguardo, vale la pena di sottolineare che nel giudizio di primo grado, in sede di precisazione delle conclusioni, la B. richiese la condanna dei convenuti “unitamente al chiamato in giudizio nei cui confronti era estesa la responsabilità risarcitoria”.

La premessa torna utile nella misura in cui evidenzia con assoluta certezza che l’originaria attrice estese espressamente la sua domanda di risarcimento danni nei confronti di Generali S.p.a., domanda che però non fu accolta in quanto il giudice di prime cure si limitò ad accogliere la sola domanda proposta dalla B. nei confronti dei convenuti e rigettò la domanda di condanna proposta dalla Fondiaria nei confronti della società Generali, fatta propria e condivisa dall’originaria attrice, rigettando in tal modo, sia pure implicitamente ma inequivocabilmente, anche la domanda di condanna del terzo chiamato formulata dalla B.. Quest’ultima, pertanto, sia pure con riferimento alla domanda risarcitoria estesa nei ccnfronti dell’impresa designata, non fu affatto vittoriosa.

Con la conseguenza che, essendo stata invece soccombente sul punto, non era esonerata dall’onere di proporre impugnazione incidentale al fine di determinare la devoluzione al giudice di secondo grado della suddetta domanda, non essendo sufficiente, nel suo caso, che si limitasse a riproporla a norma dell’art. 346 citato. E ciò, a causa dell’intrinseca contraddittorietà tra gli obiettivi perseguiti tra i due istituti in questione, essendo l’appello incidentale e la riproposizione delle domande ed eccezioni non accolte diretti a risultati opposti, vale a dire il primo alla riforma della decisione, la seconda alla confermai della sentenza anche se per ragioni diverse da quelle poste dal giudice di primo grado a base della sentenza impugnata. Ne deriva che, pena il formarsi del giudicato interno, la parte rimasta parzialmente soccombente ha l’onere di proporre un’impugnazione incidentale che investa le domande o la domanda non accolte nella sentenza di primo grado, chiedendone l’accoglimento in riforma della decisione impugnata.

Alla stregua di tutte le superiori considerazioni, il ricorso principale deve essere pertanto rigettato.

Quanto all’impugnazione incidentale proposta da Generali Spa, va rilevato che la ricorrente deduce di voler spiegare “ricorso finalizzato alla cassazione della sentenza di appello nella parte in cui dichiara sussistente la responsabilità dell’auto sconosciuta”.

Il ricorso è inammissibile. A riguardo, torna opportuno premettere che la Corte territoriale, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda attrice nei confronti della Fondiaria. Ed è appena il caso di sottolineare come tale pronuncia abbia comportato l’assorbimento della domanda proposta dalla Fondiaria nei confronti della Generali Assicurazioni con l’atto di chiamata in causa. Ciò premesso, deve sottolinearsi che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la parte, totalmente vittoriosa, quale va ritenuta nella specie la ricorrente incidentale, che abbia eventualmente subito una soccombenza soltanto teorica – ravvisabile quando la parte, pur vittoriosa, abbia però visto respingere taluna delle sue tesi od eccezioni, ovvero taluni dei suoi sistemi difensivi, od anche abbia visto accolte le sue conclusioni per ragioni diverse da quelle prospettate – non ha interesse ad appellare e non è legittimata ad alcuna impugnazione, nè principale, nè incidentale, mirando in effetti alla conferma della sentenza sia pure con motivazione o per ragioni diverse da quelle poste a fondamento della decisione. Ne deriva l’inammissibilità dell’impugnazione incidentale proposta.

Atteso il tenore dell’adottata decisione, che vede il rigetto del ricorso principale e la declaratoria di inammissibilità di quello incidentale, considerato altresì l’alternarsi delle decisioni di merito, sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale. Compensa le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2011

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