Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8970 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. III, 31/03/2021, (ud. 21/09/2020, dep. 31/03/2021), n.8970

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19850/2018 proposto da:

V.M., V.F.M., V.E.,

V.F., V.G., D.N.V., in proprio e quali eredi

legittimi di G.C., rappresentati e difesi dall’avvocato

MAURIZIO SCICCHITANO, ed elettivamente domiciliati presso lo studio

del medesimo in ROMA, VIALE DEI PAROLI 180;

– ricorrenti –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore,rappresentato e difeso dall’avvocato FILIPPO MARIA CORBO’, e

FEDERICO MARIA CORBO’, ed elettivamente domiciliato in ROMA, presso

lo studio dei medesimi in VIA A. BERTOLONI, 55, pec:

federicomariacorbo.ordineavvocatiroma.org; e

filippo.corbo.milano.pecavvocati.it;

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE ROMA (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA FALLERINI,

ed elettivamente domiciliato in ROMA, V. FILIPPO MEDA 35, pec:

mariafallerini.ordineavvocatiroma.org;

C.A., rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO

BATTISTA, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo

in ROMA, V. TRIONFALE 5637, pec:

domenicobattista.ordineavvocatiroma.org;

D.G.M., rappresentato e difeso dagli avvocati ANDREA

PARLATORE, MASSIMO FILIPPO MARZI, ed elettivamente domiciliato

presso lo studio del primo in ROMA, VIALE G. MAZZINI 13, pec:

andrea.parlatore.avvocato.pec.it;

massimofilippo.marzi.avvocato.pec.it;

e contro

GENERALI ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante,

rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe CILIBERTI, e con il

medesimo elettivamente domiciliato in Roma, in via Monte Zebio 28,

pec: giuseppeciliberti.ordineavvocatiroma.org;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2594/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/09/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.N.V., V.M., V.F., V.F.M., V.E. e V.G., in proprio ed in qualità di eredi di G.C., propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 2594/2018 che, rigettando integralmente il loro appello, ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma e per l’effetto l’esclusione di ogni profilo di responsabilità professionale dell’Azienda Sanitaria Locale Roma (OMISSIS), dei Dottori C.A., Vo.Ma. e D.G.M. e quindi delle compagnie Unipolsai Assicurazioni SpA e GBS Generali Business Solutions nel decesso di Va.Fr., ricoverato in data (OMISSIS) presso la Divisione di Chirurgia dell’Ospedale (OMISSIS) e deceduto in data (OMISSIS). La domanda per l’accertamento della responsabilità professionale è stata autonomamente introdotta in sede civile, pur essendosi gli attori già costituiti parte civile nel processo penale a carico dei sanitari per omicidio colposo. Detto giudizio penale si concluse in primo grado con sentenza di prescrizione ed in appello, a seguito di impugnazione dei sanitari, con sentenza di non luogo a procedere perchè il fatto non costituisce reato, passata in giudicato sia pur con i limiti di una pronuncia puramente processuale ex art. 455 c.p.p..

I fatti dedotti sono i seguenti: Va.Fr. in data (OMISSIS) si recò presso il pronto soccorso dell’ospedale (OMISSIS) accusando forti dolori addominali, fu visitato e ricoverato presso il Reparto di Chirurgia Generale II; il giorno seguente, (OMISSIS), le sue condizioni peggiorarono, fu eseguita una TAC che evidenziò un grosso shock; trasferito nel centro di rianimazione dell’Ospedale alle ore 2 del (OMISSIS), morì alle ore 10, secondo quanto riportato dalla cartella clinica, per “shock settico, coma, arresto cardiaco, calcolosi renale”. In sede di esame autoptico fu indicata la causa della morte in “infarto del miocardio, edema polmonare”. Come riferito, la domanda fu rigettata in primo grado, all’esito dell’espletamento di una CTU.

2.1 soccombenti proposero appello chiedendo di riformare la sentenza di primo grado per 3 motivi: 1) il giudice ha erroneamente escluso la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e dei medici. Contraddittorietà ed illogicità della sentenza; 2) statuizione “ultrapetita” in relazione all’asserita ed indimostrata speciale difficoltà del caso ex art. 2236 c.c.; 3) necessario rinnovo della CTU non avvenuta in forma collegiale, omissiva, reticente, contraddittoria, illogica, affidata ad uno specialista di chirurgia generale e non supportata da specialista in cardiologia nonostante l’esame autoptico indicasse, quale causa del decesso, l’infarto del miocardio.

3. Occorre riferire, perchè rilevante nel giudizio di cassazione, che nel giudizio di appello il procuratore di parte appellante depositò una querela di falso avente ad oggetto il contenuto della cartella clinica redatta dai sanitari del (OMISSIS) e la Corte d’Appello, con ordinanza collegiale, la dichiarò inammissibile non avendo ad oggetto aspetti della cartella clinica dotati della fede privilegiata di cui all’art. 2700 c.c. e, successivamente ritenne, sostanzialmente, che il documento cui si riferiva non fosse rilevante ai fini del decidere.

La Corte d’Appello, pur ritenendo del tutto condivisibile l’accertamento tecnico disposto in primo grado, provvide a disporre una seconda CTU anche perchè gli attori-appellanti avevano modificato l’originaria domanda passando dal richiedere l’omessa diagnosi di una ostruzione litisiatica delle vie biliari al contestare l’omessa diagnosi di un infarto del miocardio.

4. All’esito di tale seconda CTU la Corte d’Appello, con sentenza n. 2594 del 20/4/2018, ha rigettato il gravame ritenendo di confermare la sentenza di primo grado per le seguenti ragioni: 1) il CTU del primo grado aveva ritenuto non sussistere elementi di interpretazione univoca sì da poter attribuire ai sanitari la responsabilità della sepsi per assenza di elementi certi e per la rapidità dello shock a base cardiogena sicchè, in assenza di prova del nesso causale, la decisione di rigetto della domanda era corretta; 2) Anche la seconda CTU, disposta ed espletata in appello, ha confermato la stessa multifattorialità delle ragioni del decesso, avvenuto per shock settico complicato da coma, arresto cardiaco, calcolosi renale e diagnosi definitiva di “infarto del miocardio”, escludendo la chiarezza del quadro clinico e, comunque, ribadendo l’esclusione di ogni responsabilità del personale sanitario sia in ragione delle cure praticate al paziente, sia a causa del rapido ed improvviso peggioramento del medesimo; 3) la censura dell’appellante relativa al preteso mancato intervento di un cardiologo nel team della CTU era da rigettare, sia per le qualità professionali del consulente (cattedratico ordinario di chirurgia e specialista in tema vascolare) sia perchè non imposto dalla giurisprudenza di questa Corte quale criterio atto ad invalidare una consulenza tecnica d’ufficio.

5. Avverso la sentenza i soccombenti propongono ricorso affidato a sette motivi esposti in 78 pagine assemblate. Resistono, con distinti controricorsi 1) l’Azienda Unità Sanitaria Locale Roma (OMISSIS); 2) il Dottor C.A.; 3) il Dott. D.G.; 4) la società Generali Italia SpA, compagnia assicuratrice di C.; 5) la società Unipolsai Assicurazioni SpA, compagnia assicuratrice del Dott. Vo..

6. La trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 330-bis.1 c.p.c., ed in vista dell’adunanza i ricorrenti hanno depositato memoria, mentre il Procuratore Generale presso questa Corte non ha depositato conclusioni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Premessa. Preliminarmente vanno accolte le eccezioni di inammissibilità formulate dalle parti resistenti sia in ordine alla violazione dell’art. 360 bis c.p.c., sia in ordine alla violazione dell’art. 348 ter c.p.c., comma 4, con riguardo a tutte le censure formulate ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La Corte d’Appello ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte (nesso di causalità, ripartizione dell’onere della prova tra creditore e debitore) e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa. Le censure motivazionali sono tutte inammissibili perchè relative a fatti accertati con una doppia conforme e sono, in ogni caso, tutte afferenti a profili di fatto così concretizzandosi nella richiesta di un inammissibile riesame del merito delle questioni.

Ancora, sempre in via preliminare, occorre osservare che ciascun motivo contiene un’accozzaglia indefinita di disposizioni che si assumono violate, sicchè essi sono tutti privi di specificità.

Brevemente su ciascun motivo.

1) “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4; violazione dell’art. 2909 c.c., art. 654 c.p.p. e art. 324 c.p.c., sussistenza del giudicato esterno in ordine al fatto oggetto di accertamento”. Sussisterebbe un contrasto tra i fatti accertati con efficacia di giudicato dal giudice penale e la sentenza d’appello. Il motivo è inammissibile. Premesso che esso è sostanzialmente poco comprensibile, in ogni caso essendo la sentenza penale una pronuncia di non luogo a procedere perchè il fatto non costituisce reato, essa è stata emessa non all’esito di un dibattimento e sulla base della valutazione di prove formatesi nel contraddittorio tra le parti ma in ragione dell’insussistenza di fonti di prova per il rinvio al giudizio. Dunque essa può produrre efficacia di giudicato limitatamente ai presupposti processuali per l’applicazione dell’art. 455 c.p.p., ma non anche ad altro.

2) “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: omesso esame di un fatto decisivo accertato dal giudice penale ed omesso dal giudice civile”. In sostanza i ricorrenti affermano che, siccome la sentenza penale ha accertato con efficacia di giudicato che la morte è stata dovuta ad un infarto del miocardio, il giudice civile ha omesso il giudicato su tale accertamento concludendo in modo perplesso sull’eziologia multifattoriale delle cause del decesso.

Anche qui, come sopra, non c’è alcun giudicato penale ed in ogni caso l’intera impostazione del motivo demanderebbe al giudice di legittimità una inammissibile rivalutazione del merito.

3) “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, violazione dell’art. 40 e 41 c.p.c., artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 194 e 195 c.p.c., per aver, in sintesi il giudice omesso di ordinare al CTU di rispondere alle note autorizzate alla CTU della parte appellante con ciò violando anche il diritto di difesa e del contraddittorio, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo costituito dalle stesse note autorizzate, da non meglio precisate dichiarazioni rese dal Dott. D. ed ancora dal giudicato penale”.

La sentenza sarebbe affetta da nullità per avere il giudice aderito “in modo acritico” alle risultanze della CTU.

3.1 Il motivo è radicalmente inammissibile sotto tutti i profili denunciati. In sostanza lamenta il mancato esame di un documento che non avrebbe inciso sulla ratio decidendi discostandosi dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., 6-5, n. 19150 del 28/9/2016, conf. Cass., 3 n. 16812 del 26/6/2018: “Il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione scio nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa”).

4. “Violazione degli artt. 40 e 41 c.p., artt. 112,115 e 116 c.p.c., artt. 1176,1218,1223,1228,2056,2059,22362697 c.c., error in iudicando, omessa valutazione delle risultanze probatorie, violazione di legge sulla ricostruzione del nesso causale e dell’onere della prova.” Deducono l’erronea applicazione dei principi della responsabilità contrattuale assumendo che l’onere della prova sul fatto che l’inadempimento dei sanitari fosse dipeso da causa a sè non imputabile doveva gravare sui sanitari stessi.

4.1 Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.. La sentenza è conforme alla giurisprudenza più che consolidata di questa Corte sui principi del riparto dell’onere probatorio in tema di responsabilità contrattuale (inadempimento e nesso a carico del creditore, causa non imputabile dell’inadempimento a carico del debitore). La questione della imperfezione o omissione della cartella è nuova e comunque non autosufficiente in quanto i ricorrenti non indicano dove abbiano sollevato la questione nei gradi di merito.

5. Con il quinto motivo “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione dell’art. 40 e 41 c.p.c., artt. 112,115,116 c.p.c., artt. 1176, 1218, 1223 1228 2056, 2059, 2697, nullità della sentenza per error in procedendo per mancata valutazione delle prove documentali legali e della relazione di consulenza tecnica medico-legale in ordine alla CTU del Dott. Gr. su incarico della Corte d’Appello di Roma in altro procedimento su incarico della Procura della Repubblica di Roma allegata dagli appellanti alla comparsa conclusionale, omessa pronuncia in ordine alla censura relativa all’irregolare tenuta della cartella”. I ricorrenti si dolgono, sostanzialmente, dell’omessa valutazione di documenti irritualmente prodotti in giudizio e relativi a tutt’altro processo penale.

5.1 Il motivo è inammissibile. I ricorrenti hanno depositato irritualmente nella comparsa conclusionale in appello dei documenti afferenti ad altro procedimento penale in violazione dei termini processuali, con evidente lesione del diritto di difesa e del contraddittorio. Ritorna la questione della censura relativa all’omessa tenuta della cartella clinica. Non si dice dove sia stata formulata tale censura, non ponendo questa Corte in condizioni di comprendere se fosse una censura tempestivamente introdotta nel giudizio di merito.

6. Con il sesto motivo “violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4, per violazione degli artt. 40 e 41 c.p., art. 112 c.p.c., art. 355 c.p.c.: nullità della sentenza per error in procedendo per mancata valutazione della querela di falso tempestivamente proposta all’udienza del 7/3/2017″.

I ricorrenti lamentano la mancata pronuncia in ordine alla rilevanza dei documenti oggetto di impugnazione ai fini della decisione della causa ed i mancati provvedimenti sulla querela di falso che, nella loro prospettiva, avrebbero dovuto portare alla sospensione del giudizio e alla riassunzione della causa davanti al Tribunale.

6.1 Il motivo è inammissibile perchè non correlato alla ratio decidendi. La Corte ha ritenuto il documento irrilevante per la decisione della causa e dunque ha correttamente applicato l’art. 355 c.p.c..

7. ” Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, in relazione agli artt. 112 e 116 c.p.c., avendo la Corte d’Appello omesso di esaminare la querela di falso depositata per via telematica supponendo l’esistenza di un’ordinanza che avrebbe dichiarato inammissibile la querela per il mancato deposito in via telematica”.

7.1 La censura è incomprensibile, priva di rilevanza e comunque non correlata alla ratio decidendi di cui si è riferito nel motivo precedente.

8. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile ed i ricorrenti condannati alle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del cd. “raddoppio” del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti alle spese del giudizio di cassazione, liquidate, in favore di ciascuna parte resistente, in Euro 5.200 (oltre Euro 200 per esborsi), più spese generali al 15% e accessori di legge. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 21 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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