Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8970 del 12/04/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 8970 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 5670-2009 proposto da:
TRAFILERIE EMILIANE SUD SPA in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA A. FARNESE 7, presso lo studio
dell’avvocato BERLIRI CLAUDIO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato DANZA ANNA RITA giusta
delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 12/04/2013

• STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

resistente

avverso la sentenza n. 166/2007 della COMM.TRIB.REG.
di L’AQUILA, depositata il 14/01/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

GIOVANNA C. SAMBITO;
udito per il ricorrente l’Avvocato BERLIRI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

udienza del 28/02/2013 dal Consigliere Dott. MARIA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Teramo, ha rettificato
la dichiarazione dei redditi presentata dalla S.p.A. Trafilerie

ancora interessa, la legittimità della perdita fiscale perché
derivante dal computo del reddito esente in base
all’agevolazione territoriale, di cui all’art 14 della L. n 64 del
1986. Il ricorso della contribuente è stato respinto dalla CTP di
Teramo, con decisione confermata in appello dalla CTR
dell’Aquila che, con sentenza n. 166/10/07, depositata il
14.1.2008, ha ritenuto l’atto di recupero compiutamente motivato
e nel merito corretto, in quanto l’esenzione del reddito dovuta
all’agevolazione ex lege n. 64 del 1986, non poteva generare una
perdita fiscale.
Per la cassazione della sentenza, ricorre la contribuente
con tre motivi. L’Agenzia delle Entrate ha depositato atto di
costituzione per partecipare all’udienza di discussione.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione
dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 132 cpc, in relazione
all’art 360, 1° co, n. 4 cpc, per non avere la CTR analizzato in
modo compiuto e specifico il contenuto dei motivi d’appello e
non aver dato conto delle ragioni sulle quali aveva fondato la sua
decisione. 2. Il motivo è infondato. Secondo la condivisibile
giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 22845 del 2010), la

Emiliane Sud- TES, per l’anno 1997, contestando, per quanto

concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi
in fatto della decisione, richiesta dall’art. 132, co 2, n. 4, cpc, non
costituisce un requisito di natura meramente formale, ma va

decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo
fondamento. Da tanto consegue che, per il principio della
strumentalità della forma, la relativa mancanza comporta la
nullità della sentenza, solo quando non sia possibile individuare
gli elementi di fatto considerati o i presupposti nella decisione. 3.
Tale caso non ricorre nella specie. Come già esposto in narrativa,
la CTR ha rigettato l’appello della contribuente, ritenendo l’atto
impositivo pienamente motivato e l’agevolazione di cui alla 1. n.
64 del 1986 idonea solo ad azzerare il reddito fiscale: i
presupposti della decisione risultano, all’evidenza, esattamente
individuati.
4. Col secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione
e falsa applicazione degli artt. 7 della 1. n. 212 del 2000 e 42 del
dPR n. 600 del 1973, in relazione all’art 360, 1° co, n. 3 cpc,
affermando che il criterio di determinazione della perdita fiscale
non era stato in precedenza contestato né durante la verifica della
Guardia di Finanza, né nella fase prodromica all’emissione
dell’atto d’accertamento e neppure in relazione alle annualità
antecedenti. In conclusione, la ricorrente formula il seguente
quesito di diritto: “giudichi la Suprema Corte se sia
adeguatamente motivato -in relazione al disposto di cui agli artt.

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apprezzato, esclusivamente, in funzione dell’intelligibilità della

42, DPR 600/1973 e 7, L 212/2000- l’avviso d’accertamento
emesso dall’Ufficio nel quale quest’ultimo non giustifichi
minimamente le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento

riferimento all’anno d’imposta 1997, ancorchè la contribuente
sin dall’anno 1998 avesse adottato lo stesso modus operandi mai
censurato dallo stesso Ufficio”. 5. A tale quesito va data risposta
negativa. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n.
15842 del 2006; n. 23009 del 2009), l’art. 42 del dPR n. 600 del
1973, dettato in materia imposte sui redditi, richiede che l’avviso
di accertamento indichi i “presupposti di fatto” e le “ragioni
giuridiche” che lo hanno determinato. La disposizione, com’è
nozione ricevuta, persegue il fine di porre il contribuente in
condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da
consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire
l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare
efficacemente l’an ed il quantum. Detti elementi conoscitivi
devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente (e
cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma
anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che
permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di
difesa. 6. Assolti tali requisiti -che la ricorrente non contesta
ricorrere- l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo resta
soddisfatto, non essendo, in particolare, dovuta alcuna
giustificazione relativa al mancato rilievo degli stessi fatti in

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della rettifica della perdita operata per la prima volta con

relazione ad annualità d’imposta precedenti, e potendo, inoltre,
l’Ufficio finanziario procedere a diretta contestazione dei criteri
utilizzati dal contribuente nella determinazione della perdita

specie.
7. Col terzo motivo, deducendo violazione e falsa
applicazione degli artt. 26 del dPR n. 601 del 1973, 105 del dPR
n. 218 del 1978, 5 del DL n. 23 del 1979 e 14 della 1 n. 64 del
1986, in relazione all’art. 360, 1° co n. 3 cpc, la ricorrente, dopo
aver premesso di aver svolto due distinte attività soggette a
diverso trattamento fiscale: l’una, di produzione, esente da Irpeg
e da cui aveva ritratto un utile e l’altra, di commercio, soggetta
ad Irpeg, che aveva generato una perdita, sottopone il seguente
quesito di diritto: “giudichi la Suprema Corte se sia legittimo con
riferimento al combinato disposto dell’art 26, DPR n. 601/1973,
105, DPR n. 218/1978, dell’art 5, DL n. 23/1979 nonché dell’art
14 L n. 64/1986, un avviso d’accertamento in forza del quale
l’Ufficio -in presenza di una società per azioni la quale eserciti
un’attività fruente dell’esenzione totale dall’Irpeg ed un’altra
attività non soggetta ad esenzione- rettifichi la dichiarazione dei
redditi da questa presentata disconoscendo la variazione in
diminuzione apportata al complessivo risultato economico della
Società corrispondente all’utile scaturente dall’attività esente ed
in tal modo disconoscendo la perdita realizzata dal medesimo
soggetto giuridico nell’esercizio dell’attività non soggetta ad

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fiscale, come la Società ricorrente riferisce esser avvenuto nella

esenzione”.
8. Il motivo è infondato, anche se va integrata la
motivazione in diritto, ex art. 384 cpc. 9. L’art 105 del dPR n.

del 1986, ha introdotto, com’è noto, l’esenzione totale del
reddito dall’Irpeg in favore delle imprese che si costituiscono in
forma societaria ed impiantano nuove iniziative produttive nei
territori del Mezzogiorno. Il reddito prodotto da tali nuove
iniziative concorre tuttavia -come, del resto, riconosce la stessa
ricorrente- a formare l’utile civilistico di un dato anno d’imposta,
comportando, ove il risultato finale è positivo per l’impresa
societaria, che il relativo imponibile risulti, per effetto
dell’esenzione ed ai fini dell’irpeg, pari a zero. Se, invece, il
periodo chiude in perdita, deve escludersi la possibilità di
computare tale perdita in diminuzione del reddito complessivo
dei periodi di imposta successivi, in quanto l’art 102 del TUIR,
nel testo introdotto col DL n. 557 del 1993 convertito in 1. n. 133
del 1994, vigente ratione temporis, dispone che il riporto delle
perdite deve esser diminuito dei proventi esenti da imposta per la
parte del relativo ammontare che eccede i componenti negativi
non dedotti ai sensi dei precedenti artt. 63 e 75, co 5 e 5 bis,
onde, appunto, evitare che un reddito esente possa generare una
perdita negli anni futuri e possa, così, estendere, oltre il previsto
ambito, la portata della norma agevolativa. 10. A tale disciplina,
nulla aggiunge l’art 5, co 2 e 3 della L n. 91 del 1979, di

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218 del 1978, come modificato dall’art. 14, co 5, della L. n. 64

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conversione del DL n. 23 del 1979, secondo cui l’agevolazione
“si intende applicabile anche alle società che, avendo realizzato
nei territori ivi indicati nuove iniziative produttive, esercitino

“in tal caso l’agevolazione si applica limitatamente alla parte di
reddito derivante dalle iniziative produttive del Mezzogiorno”.
11. Tale norma, espressamente qualificata di interpretazione
autentica (comma 4), ribadisce, infatti, per l’ipotesi di società
che svolga attività in luoghi diversi o più attività, che l’esenzione
è riconosciuta in funzione del luogo -meridione d’Italia- e della
fonte -investimenti produttivi- del reddito prodotto (ed a tal fine
è necessaria una contabilità diversificata, a mente dall’art 26, 2°
co del dPR n. 601 del 1973, che è ripresa dall’art. 5 del DL 23
del 1979, in esame) ma non altera il meccanismo agevolativo,
quale sopra enunciato.
12. Il ricorso va, quindi, rigettato, non dovendo
provvedersi sulle spese, in assenza di attività difensiva da parte
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dell’intimata.
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La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2013.

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anche fuori dei territori medesimi altre attività”, precisando che

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