Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8970 del 05/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 8970 Anno 2015
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 14910-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRA LE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso FAVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti, contro
ABATE DAGA TARCISIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIUSEPPE ZAMPINI, giusta procura speciale a
margine del controricorso;

Data pubblicazione: 05/05/2015

-

MEI

U.O.ONION CP

MEI Mill

– controricorrente avverso la sentenza n. 26/12/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di TORINO dell’8/03/2012,
depositata il 23/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

CONTI;
udito l’Avvocato Marco La Greca difensore della ricorrente che si
riporta agli scritti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle entrate ricorre contro Abate Daga Tarcisio, per la cassazione
della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte
aveva respinto l’appello proposto dall’Ufficio nei confronti della sentenza di
primo grado che aveva accolto la domanda di rimborso IRPEF avanzata dal
contribuente con riferimento alle ritenute effettuate dal suo datore di lavoro
sulle somme corrisposte quale incentivo all’esodo. Tale domanda era basata
sul contrasto – accertato con la sentenza della Corte di Giustizia Europea del
21.7.05, in causa C-207/04 – tra la Direttiva comunitaria 76/207 CE e la
disposizione dettata dall’articolo 19, comma 4 bis, TUlR.
Secondo la Commissione Tributaria Regionale l’Ufficio per un verso aveva
espresso la propria volontà di rinunciare alla prosecuzione del giudizio ed
aveva adottato l’atto di annullamento in autotutela del provvedimento di
diniego dell’istanza di rimborso del 5.3.2009, pur essendo risultata non
soddisfatta l’istanza di rimborso della parte contribuente.
Riteneva che non ricorressero, quindi, i presupposti per dichiarare cessata la
materia del contendere.
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la nullità della sentenza
impugnata nella parte in cui non aveva dichiarato cessata la materia del
contendere. Osserva che in relazione alla produzione dell’atto di annullamento

in autotutela del provvedimento di diniego dell’istanza di rimborso il giudice
di appello avrebbe dovuto provvedere favorevolmente sulla richiesta di
Ric. 2013 n. 14910 sez. MT – ud. 15-042015
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15/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

cessazione della materia del contendere, una volta che l’annullamento in
autotutela era stato adottato in relazione a quanto stabilito dalla circolare
n.62/E in ordine al diritto al trattamento previsto in favore delle donne anche
per gli uomini, senza che tale atto potesse comunque valere come
riconoscimento della pretesa di parte contribuente. Infatti, l’Ufficio aveva
disposto con ulteriore atto il rigetto dell’istanza di rimborso per essere stata
Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per omesso esame
dell’eccezione di tardività dell’istanza di rimborso. Benché l’Ufficio avesse
eccepito fin dal primo grado di giudizio la tardività dell’istanza, presentata
oltre il termine di decadenza di cui all’art.38 dPR n.602/73, la CTR aveva
omesso di esaminare tale eccezione.
Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art.38 dPR n.602/73. Il giudice
di appello avrebbe implicitamente ed erroneamente ritenuto inapplicabile tale
ultima disposizione, tralasciando pertanto di considerare che a fronte della dati
in cui era stata operata la ritenuta- 31.12.2003- l’istanza di rimborso del
16.12.2008 era da considerare comunque tardiva.
La causa è stata discussa all’udienza pubblica del 15.4.2015

monvI DELLA DECISIONE
La prima censura è infondata.
Risulta dalla sentenza impugnata che l’oggetto del contendere, rappresentato
dalla richiesta di rimborso delle somme che la parte ricorrente assumeva
essergli state indebitamente trattenute non era in alcun modo venuto meno per
effetto del provvedimento di annullamento in autotutela del diniego
dell’istanza di rimborso adottato dall’Amministrazione. Ciò perché l’istanza di
rimborso della somma di euro 9.095,19 non era stata soddisfatta.
Ed allora, poiché anche nel rito tributario la cessazione della materia del
contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto
dell’intervenuto mutamento della situazione dedotta in controversia e
sottopongano al giudice conclusioni conformi, occorrendo che la parte che ha
agito in giudizio per la tutela dei propri interessi ne abbia conseguito l’integrale
soddisfacimento direttamente ad opera della controparte-Cass.n.27598/2013-,
nel caso di specie non ricorreva certamente una simile ipotesi.
Ric. 2013 n. 14910 sez. MT- ud. 15-04-2015
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presentata tardivamente.

11 secondo e il terzo motivo di ricorso sono fondati e vanno esaminati
congiuntamente.
Ed invero, la questione di diritto proposta dalla presente causa dall’Agenzia
ricorrente con il terzo motivo è stata risolta dalle Sezioni Unite di questa Corte
con la sentenza n. 13676/14. Si è in tale occasione affermato il principio che,
comunitario da una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, il
termine di decadenza previsto dalla normativa tributaria (per le imposte sui
redditi, articolo 38 d.P.R. n. 602 del 1973) per l’esercizio del diritto al
rimborso, attraverso la presentazione di apposita istanza, decorre dalla data del
versamento dell’imposta e non da quella, successiva, in cui è intervenuta la
pronuncia che ha sancito la contrarietà della stessa all’ordinamento UE.
Si è pure aggiunto che allorché un’imposta sia stata pagata sulla base di una
norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione
europea, i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di
“overruling” non sono invocabili per giustificare la decorrenza del termine
decadenziale del diritto al rimborso dalla data della pronuncia della Corte di
giustizia, piuttosto che da quella in cui venne effettuato il versamento o venne
operata la ritenuta, termine fissato per le imposte sui redditi dall’art. 38 del
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dovendosi ritenere prevalente una esigenza
di certezza delle situazioni giuridiche, tanto più cogente nella materia delle
entrate tributarie, che resterebbe vulnerata attesa la sostanziale protrazione a
tempo indeterminato dei relativi rapporti.
Nessun impedimento esisteva per il contribuente di esercitare il diritto al
rimborso a far data dall’epoca dell’erogazione delle somme in suo favore. Sul
punto, infatti, le ricordate S.U. hanno ribadito la correttezza dell’orientamento
espresso in passato da questa Corte circa la «decorrenza del termine
comunque dal giorno successivo al versamento poi rivelatosi indebito» ed
hanno richiamato i principi affermati con le proprie pronunce sul tema della
decorrenza del termine decadenziale nel caso di ritardata trasposizione di una
direttiva comunitaria self executing, principi successivamente confermatiCass. 4670 e n. 13087 del 2012- con riguardo anche all’ipotesi in cui
l’incompatibilità del diritto interno con quello dell’Unione sia stata dichiarata
Ric. 2013 n. 14910 sez. MT – ud. 15-04-2015
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nel caso in cui un tributo venga dichiarato incompatibile con il diritto

z

con sentenza della Corte di giustizia. Ora, proprio la giurisprudenza richiamata
dalle Sezioni Unite aveva avuto modo di precisare che la disposizione dell’art.
2935 cod. civ., a cui tenore «La prescrizione comincia a decorrere dal giorno
in cui il diritto può essere fatto valere» deve intendersi con riferimento alla
[sola] possibilità, legale, non influendo sul decorso della prescrizione, salve le
trovarsi il titolare della pretesa D’altra parte, tra gli impedimenti “di fatto”, va
annoverata anche la presenza di una norma nazionale incompatibile con il
diritto comunitario, posto che il contrasto tra la norma di diritto interno e
quella comunitaria può essere rilevato direttamente dal giudice che, sulla base
di tale premessa, è tenuto a non darle applicazione, anche quando sia stata
emanata in epoca successiva a quella comunitaria».
Alla stregua dei principi espressi dalle Sezioni Unite e sopra sunteggiati -che
il Collegio condivide agli stessi rimettendosi integralmente- non può che
rilevarsi l’erroneità delle decisione impugnata che ha tralasciato di esaminare
l’eccezione di tardività.
La sentenza impugnata, in accoglimento del secondo e del terzo motivo di
ricorso, disatteso il primo, va quindi cassata.
Al vizio di omessa pronunzia può ovviare questa Corte non ricorrendo l’esame
di ulteriori elementi fattuali.
E poichè risulta che che a fronte del versamento delle somme al contribuente
effettuato nell’anno 2003 in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro
-v.pag.2 sentenza- l’istanza di rimborso venne presentata il 16.12.2008 —
v.pag.2 sentenza cit. -e dunque ben oltre il termine di decadenza previsto dal
ricordato ar138, sulla base di tali considerazioni il ricorso introduttivo della
parte contribuente va rigettato.
Ricorrono giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio, in
relazione alla recente pronunzia delle Sezioni Unite
PQM
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, disatteso il primo.
Cassa la sentenza gravata e decidendo nel merito rigetta il ricorso della parte
contribuente.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Ric. 2013 n. 14910 sez. MT – ud. 15-04-2015
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eccezioni stabilite dalla legge, l’impossibilità di fatto di agire in cui venga a

si deciso in Roma il 15.4.2015.

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