Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8967 del 05/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 8967 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

ORDINANZA
sul ricorso 14641-2013 proposto da:
DI SILVIO CARMINE DSCCMN76L15I158F, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA ROVERETO 7, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO DI LUZIO, rappresentato e difeso
dall’avvocato ANTONIO MAGHERNINO giusta mandato a margine
del ricorso;
– ricorrente contro
MILANO ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DELLE FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato FABIO
ALBERICI, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO
METTA giusta procura speciae in calce al controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 05/05/2015

nonchè contro
D’ADDARIO PIETRO;
– intimato avverso la sentenza n. 56/2012 del TRIBUNALE di FOGGI/

depositata il 20/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’11/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

Ric. 2013 n. 14641 sez. M3 – ud. 11-03-2015
-2-

SEZIONE DISTACCATA di SAN SEVERO del 10/07/2011,

R.g.n. 14641-13 (c.c. 11.3.2015)

Ritenuto quanto segue:
§1. Carmine Di Silvio ha proposto ricorso per cassazione contro Pietro
D’Addario e la Milano Assicurazioni s.p.a. avverso la sentenza del 20 aprile
2012, con la quale il Tribunale di Foggia, Sezione Distaccata di San Severo,
ha rigettato l’appello da lui proposto contro la sentenza del Giudice di Pace di
San Severo emessa nel 2006, con cui quel giudice onorario aveva rigettato la
domanda da lui proposta nel settembre del 2000 contro gli intimati, per

.

ottenere il risarcimento del danno a suo dire sofferto a causa della morte di un
proprio cavallo, in conseguenza di un sinistro occorso nel febbraio del 2000,
allorquando il trattore di proprietà del D’Addario ed assicurato per la r.c.a.
presso la Milano, aveva urtato la gamba anteriore sinistra del cavallo, mentre
esso tirava un calesse condotto da esso attore.
§2. Al ricorso ha resistito con controricorso la Milano assicurazioni
s.p.a., mentre non ha resistito D’Addario Pietro.
§3. Prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui
all’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta rela -zione ai sensi di tale norma e ne è
stata fatta notificazione agli avvocati delle parti, unitamente al decreto di
fissazione dell’adunanza della Corte.
§4. Parte resistente ha depositato memoria.
Considerato quanto segue:
§1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., sono state svolte le
seguenti considerazioni:
«[…}§3. Il ricorso può essere deciso con il procedimento di cui all’art.
380-bis c.p.c., in quanto appare manifestamente inammissibile.
§4. 11 primo motivo di ricorso deduce “insufficiente e/o contraddittoria
motivazione su punti decisivi della controversia ai sensi dell’art. 360, comma
1, n. 5 c.p.c.: carenza di legittimazione attiva, differenza tra bene mobile e
bene mobile registrato. Falsa applicazione di norma di legge ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 3 c.p.c.: art. 812 c.c. in relazione all’art. 1153 c.c.”
3
Est. Con4. Rmtfaele Frasca

R.g.n. 14641-13 (c.c. 11.3.2015)

§4.1. Nell’articolazione del motivo il ricorrente denuncia che il
Tribunale, per confermare il rigetto della domanda per mancata dimostrazione
della proprietà del cavallo in capo al ricorrente, avrebbe fatto riferimento
all’applicazione alla fattispecie dei principi della giurisprudenza della Corte di
cassazione in punto di legittimazione sostanziale alla pretesa risarcitoria in
àmbito di controversie sulla circolazione stradale, così assoggettando un bene

mobile non registrato (qual è il cavallo) al regime giuridico di un bene mobile
registrato, quello degli autoveicoli.
La censura si appunta sul rilievo che il Tribunale, nel richiamare quei
principi ed in particolare la possibilità di riconoscere la legittimazione anche a
chi non sia proprietario ma goda di fatto di un bene, a condizione, però, che
egli dimostri che chi risulti formalmente proprietario non possa pretendere di
essere risarcito non avrebbe considerato, sul riflesso che la vendita di un
cavallo potrebbe avvenire anche oralmente, che proprietario potrebbe essere
anche chi tale non risulti presso l’anagrafe equina valendo per il trasferimento
la regola possesso vale titolo.
Inoltre, sottolinea il ricorrente, egli aveva prodotto una scrittura privata
documentate l’acquisto del cavallo.
§4.2. Il secondo motivo di ricorso deduce “omessa, insufficiente e/o
contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.: mancata prova dei fatti a fondamento della
domanda. Violazione e Falsa applicazione di norma di legge ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 3 c.p.c.: art. 116 c.p.c.; art. 111, 6° comma Cost; art. 132
c.p.c.
Con tale motivo ci si duole che il Tribunale abbia ritenuto che
correttamente il primo giudice avesse considerato generiche le dichiarazioni
rese dal teste Antonio Centuori circa la verificazione del fatto dannoso.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia “omessa
motivazione su un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360,
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Est. Cori. Ttae1e Frasca

R.g.n. 14641-13 (c.c. 11.3.2015)

comma 1, n. 5, c.p.c.: (mancato espletamento di un mezzo di prova ammesso:
interrogatorio formale).
§4.3. Il ricorso appare inammissibile.
Il terzo motivo è inammissibile perché esso non ha osservato l’art. 366 n.
6 c.p.c., norma costituente il precipitato normativo del c.d. principio d
autosufficienza dell’esposizione del motivo di ricorso per cassazione.

Non lo ha osservato sotto due profili.
Il primo è che l’illustrazione non riproduce né direttamente né
indirettamente il contenuto dell’interrogatorio formale deferito al D’Addario e
da lui non reso e della cui mancata considerazione da parte del primo giudice
si sostiene che ci si era lamentati nell’atto di appello. Ne segue che non è dato
sapere che incidenza l’articolazione dell’interrogatorio avrebbe potuto avere
sulle questioni esaminate dal giudice d’appello e comunque sulla decisione da
esso adottato.
In aggiunta alla violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c. difetta per tale ragione
anche la decisività della doglianza.
Inoltre, l’onere della indicazione specifica rimasto inadempiuto concerne
anche l’omissione, o mediante riproduzione diretta o mediante riproduzione
indiretta e precisazione della corrispondenza nell’atto, della sede dell’atto di
appello in cui la doglianza era stata prospettata.
Essa era necessaria come elemento fondante del motivo sempre agli
effetti dell’art. 366 n. 6 c.p.c. per dimostrare che il giudice d’appello fosse
stato investito della rilevanza dell’incombente.
Il primo ed il secondo motivo non meritano esame, in quanto la loro
prospettazione, se anche fosse fondata non potrebbe condurre alla cassazione
della sentenza: essa, infatti, ha rigettato l’appello anche perché il primo
giudice aveva «correttamente ritenuto che le dichiarazioni rese dal teste
[cioè dal teste Centuori] fossero generiche e tali da non poter ricondurre i fatti
descritti alla avvenuta macellazione del cavallo». In tal modo, con l’ultima
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Est. Cons./Raffaele Frasca

R.g.n. 14641-13 (c.c. 113.2015)

precisazione la sentenza impugnata ha ritenuto che il primo giudice avesse
correttamente escluso quella idoneità sotto il profilo della mancata
dimostrazione fra l’evento dannoso ed il fatto dannoso.
Ora, nella illustrazione del secondo motivo l’esame della prova
testimoniale viene condotto soltanto evocando il problema della prova del
fatto, cioè relativamente alla dinamica del sinistro, mentre nulla si dice a

proposito della sua idoneità a dimostrare che da esso fosse derivata la morte
del cavallo, cioè la sua successiva macellazione.
La motivazione circa la mancata prova del nesso causale fra il sinistro e
la macellazione, pur esposta dal Tribunale lapidariamente, non è criticata sulla
base della testimonianza e nemmeno di altre risultanze istruttorie. D’altro
canto, il primo motivo si occupa del problema della prova della proprietà del
cavallo.
In tale situazione nessuno dei motivi critica la decisione del Tribunale
nella parte in cui ha affermato un difetto di prova fra il sinistro e la morte del
cavallo.
Poiché tanto basta a giustificare l’esito dell’appello nel senso della
conferma del rigetto della domanda, l’esame del primo e secondo motivo è
inutile e il ricorso risulta inammissibile, in quanto non ha criticato una ratio
decidendi autonomamente sufficiente a sorreggere la sentenza di appello.».
§2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della
relazione, alle quali nulla è necessario aggiungere.
Il ricorso è dichiarato, in conseguenza, inammissibile.
§3. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si
liquidano in dispositivo ai sensi del d.m. n. 55 del 2014.
§4. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà
atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13. Il ricorrente,
6
Est. Cons. Raffaele Frasca

R.g.n. 14641-13 (c.c. 11.3.2015)

infatti, risulta ammesso al patrocinio a spese dello Stato, per come allegato in
ricorso.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla
rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in
euro duemiladuecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed
accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n.
115 del 2002, si dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione
Civile-3, 1’11 marzo 2015.

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