Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8965 del 06/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/04/2017, (ud. 08/03/2017, dep.06/04/2017),  n. 8965

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 942/2016 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PASTEUR 5,

presso lo studio dell’avvocato ENRICO GIANNUBILO, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI STRAMENGA;

– ricorrente –

contro

TRENITALIA SPA, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V. DARDANELLI 13,

presso lo studio dell’avvocato LEONARDO ALESII, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 796/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 02/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’08/03/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza del 2.7.2015, la Corte di appello di L’Aquila, in accoglimento del gravame di Trenitalia s.p.a. ed in riforma della decisione del Tribunale di Pescara, accoglieva l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo proposta dalla indicata società e revocava il provvedimento monitorio a carico della stessa quale committente coobbligato solidale D.Lgs. n. 276 del 2002, ex art. 29, comma 2, in favore di B.M., per l’importo di Euro 5933,76 a titolo di differenze retributive, ratei tredicesima e quattordicesima mensilità, indennità sostitutiva ferie, permessi non goduti e trattamento di fine rapporto maturati in relazione all’intercorso rapporto di lavoro, quale addetto ai servizi di pulizia, con la Carma srl, aderente al Consorzio Kalos che aveva stipulato un contratto di appalto con Trenitalia, avente ad oggetto la pulizia del materiale rotabile e delle attrezzature industriali presso la sede di (OMISSIS);

che il giudice del gravame rilevava che, alla luce del quadro normativo vigente, dovevano essere applicati i principi affermati da Cass. 15432/2014, che aveva ritenuto non applicabile il disposto di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, agli appalti pubblici e che, allorchè i lavoratori non avessero utilizzato gli strumenti previsti dalla normativa speciale degli appalti pubblici, potevano solo fare ricorso, in via residuale, alla tutela di cui all’art. 1676 c.c., la quale, tuttavia, nella specie non poteva trovare ingresso, per essere stata l’unica causa petendi della domanda costituta dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 e per non risultare dedotta in punto di fatto la circostanza che la committente Trenitalia spa al momento della domanda avesse debiti in ragione dell’appalto;

che di tale decisione chiede la cassazione B.M., affidando l’impugnazione ad unico motivo, cui oppone difese, con controricorso, Trenitalia s.p.a.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio, in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

che il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 207 del 2010, art. 5, D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 6 e comma 2, comma 4, D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, commi 1 e 2 e D.L. n. 76 del 2013, art. 9, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, osservando che il D.Lgs. n. 163 del 2006, contiene una disciplina derogatoria della disciplina comune con riguardo alla sola procedura ed alle regole di scelta del contraente, affidate alla disciplina pubblicistica secondo la struttura “bifasica” dell’attività contrattuale dei soggetti operanti nell’ambito dei contratti pubblici e che la disciplina comune viene espressamente derogata solo attraverso tali norme del codice degli appalti, mentre li dove tale codice non dispone, non c’è deroga alla disciplina privatistica e rimangono in vigore le norme che disciplinano la materia, tra le quali il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2;

che il ricorrente osserva: – che il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 6, non è applicabile in assenza di rapporto di subappalto e che neanche può ritenersi che il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, sia derogato dalla vigenza del D.P.R. n. 207 del 2010, art. 5, applicabile peraltro alle sole P.A. in senso stretto, operando la disciplina dei regolamenti in relazione ai contratti di ogni altra amministrazione o soggetto equiparato limitatamente agli aspetti di cui all’art. 4, comma 3 e non ai profili delle tutele apprestate in favore dei terzi, nella specie dipendenti dell’appaltatore;

– che l’art. 5 D.P.R. citato era entrato in vigore quando il rapporto di lavoro del ricorrente con l’appaltatore e lo stesso appalto erano cessati;

– che il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 2, comma 4, debba essere interpretato come un chiaro rinvio alla disciplina contrattuale di diritto comune e che ciò vale per le società private partecipate qual è Trenitalia spa;

– che, infine, il legislatore di cui al D.L. n. 76 del 2013, è intervenuto per chiarire l’esatto ambito di esclusione, nel settore pubblicistico, dell’applicazione della norma generale di responsabilità solidale del committente di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, ritagliando, a tal fine, un’area rappresentata dai soggetti di cui al D.Lg. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1, comma 2;

– che, al di fuori del caso di tali amministrazioni, alle quali l’art. 29, comma 2, non si applica per il disposto del D.L. n. 76 del 2013, art. 9, per gli altri soggetti non vi sono ragioni, per non ritenere pienamente applicabile la normativa generale di cui all’art. 29, comma 2, in questione, con la conseguenza che essa trova piena applicazione nei riguardi di Trenitalia spa, società partecipata pubblica;

– che ritiene il Collegio che il ricorso è da accogliere;

– che esso pone la questione della compatibilità tra le due normative di disciplina della materia dell’occupazione e del mercato del lavoro e, quindi, della tutela delle condizioni dei lavoratori (D.Lgs. n. 276 del 2003) e dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163 del 2006) e dei relativi regimi di responsabilità: solidale del committente con l’appaltatore per i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali da questo dovuti ai suoi lavoratori dipendenti (D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2); diretta dell’appaltatore nei confronti dei propri dipendenti e solidale con i subappaltatori per l’osservanza integrale del trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionali e territoriali in vigore per il settore e la zona di esecuzione delle prestazioni (D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 6) e sostitutiva del committente (stazione appaltante) in caso di inadempienza contributiva e retributiva dell’esecutore e dell’appaltatore (D.P.R. n. 207 del 2010, artt. 4 e 5, recante regolamento di esecuzione ed attuazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, codice dei contratti pubblici);

che va premesso che la questione è stata risolta negativamente – nel senso dell’inapplicabilità della responsabilità prevista dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2 – da un recente arresto di questa Corte (Cass. 7 luglio 2014, n. 15432) con riferimento alle pubbliche amministrazioni (nel caso di specie, Ministero della Giustizia), in esito ad un articolato procedimento argomentativo, di individuazione delle disposizioni regolanti i rapporti tra i soggetti coinvolti nell’appalto pubblico e dei rispettivi obblighi retributivi e contributivi, da cui è tratta la constatazione della più rigorosa disciplina del codice degli appalti (anche) a tutela della natura pubblica della committenza e tenuto conto della tutela stabilita in via sussidiaria dall’art. 1676 c.c.;

che ciò si spiega per l’espresso divieto di applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, alle pubbliche amministrazioni, a norma del suo art. 1, comma 2 ulteriormente ribadito da quello più specifico introdotto dal D.L. n. 76 del 2013, art. 9, comma 1 conv. con mod. in L. n. 99 del 2013 (inapplicabile ratione temporis, ma utilizzabile in via interpretativa, come anche ritenuto da Cass. 7 luglio 2014, n. 15432);

che, con successiva pronuncia di questa Corte (Cass. 24 maggio 2016 n. 10731) è stato rilevato che un analogo divieto di applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, non esiste nei confronti dei soggetti privati, quale Trenitalia s.p.a., cui pure si applica il codice dei contratti pubblici, nella sua qualità di “ente aggiudicatore”, secondo la definizione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 3, comma 29 (nel campo dei servizi ferroviari in base all’allegato 6^ D ed ai fini dell’applicazione della parte 3^, artt. 206 segg., secondo la previsione dell’art. 3, comma 30 D.Lgs. cit. e quindi anche l’art. 118, comma 6, neppure essendo la norma in esame stata abrogata dall’art. 256 D.Lgs. cit.;

che è stato sottolineato come il codice dei contratti pubblici non contenga una disciplina di legge autosufficiente, in sè esaustiva nè aliunde integrabile e che esso, al contrario, è compatibile con disposizioni ad esso esterne, come chiaramente denunciato dal rinvio, per quanto in esso non espressamente previsto in riferimento all’attività contrattuale, alle disposizioni stabilite dal codice civile (D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 2, comma 4) e che, proprio in virtù di un tale rimando, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, cui è preclusa per espresso divieto di legge l’integrazione con il D.Lgs. n. 276 del 2003, si è ritenuto applicabile il regime di garanzia dei lavoratori (più in generale degli ausiliari) dell’appaltatore previsto dall’art. 1676 c.c. (ancora da Cass. 7 luglio 2014, n. 15432);

che quindi è stato ritenuto a ragione applicabile il regime di responsabilità solidale stabilito dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, a quei soggetti privati, quale Trenitalia s.p.a., anche qualora committenti in appalti pubblici, alla cui disciplina pure siano soggetti, essendo stata esclusa ogni incompatibilità tra le due discipline;

che, invero, il D.Lgs. n. 276 del 2003, regola la materia dell’occupazione e del mercato del lavoro, sul piano della tutela delle condizioni dei lavoratori, con riserva di una più forte protezione ad essi, titolari di un’azione diretta nei confronti (in via solidale con il proprio datore di lavoro) del committente per ottenere i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti in dipendenza dell’appalto e non soltanto, come a norma del D.P.R. n. 207 del 2010, art. 5, comma 1, le retribuzioni arretrate (peraltro nei limiti delle somme dovute all’esecutore del contratto ovvero al subappaltatore inadempiente nel caso in cui sia previsto il pagamento diretto, con detrazione da queste del loro importo): e ciò non per riconoscimento di un proprio diritto, ma per esercizio di una facoltà (“possono pagare anche in corso d’opera”) attribuita ai soggetti indicati dall’art. 3, comma 1, lett. b) D.P.R. cit. (“amministrazioni aggiudicatrici, organismi di diritto pubblico, enti aggiudicatori, altri soggetti aggiudicatori, soggetti aggiudicatori e stazioni appaltanti: i soggetti indicati rispettivamente dall’art. 3, commi 25, 26, 29, 31, 32 e 33, del codice”);

che il D.Lgs. n. 163 del 2006, opera, invece, sul diverso piano della disciplina degli appalti pubblici, anche apprestando una tutela ai lavoratori, nei limiti detti, in corso d’opera, ma con più intensa concentrazione sull’esecuzione dell’appalto in conformità a tutti gli obblighi previsti dalla legge: e ciò mediante un costante monitoraggio dell’osservanza del loro regolare adempimento a cura dell’appaltatore e dei suoi subappaltatori, per effetto di una disciplina sintomatica di una più preoccupata attenzione legislativa alla corretta esecuzione dell’appalto pubblico, siccome non riguardante soltanto diritti dei lavoratori, ma anche l’appaltatore inadempiente nel suo rapporto con il committente pubblico (come osservato anche da Cass. 7 luglio 2014, n. 15432);

che, alla stregua di tali argomentazioni, è stata ritenuta coerente la possibilità di un concorso, nei confronti di un imprenditore soggetto di diritto privato come Trenitalia s.p.a., delle due discipline, in assenza di un espresso divieto di legge e tra loro, per le ragioni dette, ben compatibili (cfr., nei precisi termini riportati Cass. 10731/2016 cit.);

che il contenuto della memoria della controricorrente è inidoneo ad incidere sulla soluzione della controversia nel senso dell’accoglimento del ricorso, dovendo osservarsi che la differente regolamentazione tra aggiudicatori privati e aggiudicatori pubblici stabilita in via interpretativa non è sospettabile di illegittimità costituzionale con riguardo agli assunti relativi alle disparità di trattamento fra Enti Pubblici e privati imprenditori ed alla limitazione di iniziativa economica di tali ultimi enti, per l’aggravio connesso alla ulteriore previsione di responsabilità ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29;

che, invero, quanto al primo profilo, sono state già bene evidenziate le peculiarità proprie delle due situazioni a confronto, che giustificano senz’altro la diversità delle discipline, dettate al fine di contemperare, in ciascun ambito, i diversi interessi che vengono in rilievo (v. da ultimo Cass. 10.10.2016 n. 20327), osservandosi che nell’appalto privato il committente non incontra alcun limite nella scelta del contraente, laddove nelle procedure di evidenza pubblica la tutela dei lavoratori è assicurata sin dal momento della scelta del contraente, poichè nella valutazione delle offerte “gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro ed al costo relativo alla sicurezza…” (D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 86) e ad effettuare controlli preventivi volti ad accertare non solo la solidità del concorrente, ma anche il rispetto da parte dello stesso della normativa in materia di sicurezza, degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, degli adempimenti previdenziali ed assistenziali (D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 38);

che, in particolare, come già evidenziato da questa Corte nella sentenza n. 15432/2014, alla cui motivazione si fa rinvio per la trattazione analitica di detti aspetti, la stazione appaltante è tenuta a verificare l’esattezza dell’adempimento degli obblighi assunti dall’appaltatore nei confronti dei prestatori ed a predeterminare la spesa dell’affidamento di un’opera in appalto, non potendo sottoscrivere contratti che li espongano ad esborsi non previamente preventivati e deliberati;

che la diversità delle situazioni a confronto e degli interessi che in ciascuna vengono in rilievo giustifica la posizione più “onerosa” prevista per tali imprenditori rispetto a quella di altri operatori economici o privati o PP.AA., in relazione alla peculiarità della loro qualificazione giuridica, che li rende soggetti ad entrambe le discipline per la duplice connotazione, e rende manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, prospettata dalla difesa della ricorrente principale in relazione all’art. 3 Cost.;

che anche in relazione all’ulteriore profilo di incostituzionalità deve osservarsi come non sia precluso al legislatore modulare le tutele dei lavoratori in rapporto alla diversa natura dei committenti, ciò che, nel caso di soggetti aggiudicatori privatistici, rende compatibile, a livello di sistema, la possibilità di invocare, da parte dei lavoratori, anche un intervento in regime di solidarietà degli stessi a fronte di inadempienze dell’appaltatore;

che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, deve accogliersi il ricorso del lavoratore per manifesta fondatezza, con cassazione della decisione impugnata e rinvio alla Corte di appello di Roma, che provvederà a nuovo esame alla luce dei principi enunciati, nonchè alla determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso, cassa l’impugnata decisione e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2017

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