Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8964 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 31/03/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 31/03/2021), n.8964

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5238/2018 proposto da:

ALTRAD ITALIA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE GIANTURCO,

11, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI LAZZARIN, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO SEVERI;

– ricorrente –

contro

B.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARIA LETIZIA CAPECE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 528/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 20/12/2017 R.G.N. 374/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/12/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Genova, con la sentenza n. 528 del 2017, ha respinto l’appello proposto da Altrad Italia srl, nei confronti della pronuncia del Tribunale di La Spezia del 12.5.2017, con la quale era stata accolta la domanda di B.G., agente monomandatario della società sino al 27.8.2012 per le zone di Genova, La Spezia, Emilia Romagna, basso Piemonte, Massa Carrara, Versilia, Sardegna, sud Lombardia, diretta ad ottenere il pagamento della indennità sostitutiva della clientela, del FIRR e delle provvigioni maturate e non corrisposte, per complessivi Euro 76.230,98 da cui, secondo il primo giudice, andavano detratti Euro 15.992,64 a titolo di risarcimento del danno oggetto della domanda riconvenzionale della mandante.

2. Per quello che interessa in questa sede, la Corte territoriale ha rilevato che, nella fattispecie, anche se si fosse voluto ritenere che il rapporto di agenzia rientrasse nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa compresi nella L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 3, lett. b), comunque nella fattispecie era ravvisabile una situazione diversa da quella disciplinata dalla norma che ha riguardo all’impugnazione del recesso da parte del lavoratore che lo aveva subito, mentre nel caso de quo veniva in rilievo il recesso dell’agente; inoltre, ha ritenuto non fondata la tesi della società, secondo cui la lettera da essa inviata del 9.8.2012, per il fatto di contenere delle modifiche unilaterali alle condizioni contrattuali di rilievo tali da risultare inaccettabili per l’agente, valesse, nella sostanza, come un recesso della preponente a fronte del quale l’agente avrebbe avuto l’onere di reagire nei termini indicati dalla norma citata; ha precisato, infine, che era corretta la valutazione del Tribunale secondo cui vi era stato un recesso in tronco dell’agente, giustificato dalle modifiche alle condizioni contrattuali imposte unilateralmente dalla preponente.

3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione Altrad Italia srl affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso B.G., illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico articolato motivo la società denunzia la violazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 (cd. Collegato lavoro), per non avere i giudici di merito dichiarato decaduto dall’azione il B. il quale non aveva depositato il ricorso giudiziario entro 60 giorni dalla mancata conciliazione innanzi alla Direzione Provinciale del Lavoro di La Spezia avvenuta il 23.3.2013, sottolineando che nel ricorso introduttivo avversario la data era stata erroneamente indicata in quella del 23.3.2012. La ricorrente censura sia l’interpretazione della norma data dalla Corte territoriale in ordine alla possibile applicazione della decadenza nella fattispecie in esame, sia la ricostruzione dei fatti ove, ai sensi dell’art. 3, comma 1 degli AEC del 2009, il rapporto negoziale doveva ritenersi interrotto su iniziativa della casa mandante, a seguito della mancata accettazione, da parte dell’agente, delle disposte variazioni contrattuali. Ne consegue, quindi, secondo la società, l’assoggettazione della vicenda alla procedura del tentativo di conciliazione L. n. 183 del 2010, ex art. 31 (circostanza non messa in dubbio nel caso di specie) e la operatività del regime decadenziale di cui all’art. 32 della stessa Legge (pacificamente non osservato dal B.).

2. Il ricorso non è fondato.

3. Ritiene il Collegio che il primo problema da risolvere – che si pone in termini di pregiudizialità rispetto a quello riguardante se nella fattispecie in esame si verta in ipotesi di recesso azionata da parte del B. o da parte della Altrad Italia srl – sia quello relativo alla questione di accertare se il termine di decadenza previsto dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 3, lett. b), si applichi, o meno, anche ai rapporti di agenzia.

4. La suddetta norma prevede che: “Le disposizioni di cui alla L. 15 luglio 1966, art. 6, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano inoltre: a)……; b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione continuata e continuativa, anche nelle modalità a progetto, di cui all’art. 409 c.p.c., n. 3); c)…….”.

5. L’art. 409 c.p.c., n. 3), testualmente recita: “Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a: 1)…; 2)…; 3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale anche se non a carattere subordinato; 4)…; 5)… “.

6. E’ opportuno precisare alcune considerazioni di carattere generale prima di affrontare nello specifico, attraverso i canoni esegetici della norma di legge, l’ambito applicativo della disposizione di cui all’art. 32 citato.

7. La ratio della L. n. 183 del 2010, art. 32, è stata quella di estendere ad una serie di ipotesi ulteriori la previsione della L. n. 604 del 1966, art. 6 (previamente modificato) sull’impugnativa stragiudiziale, originariamente limitata al licenziamento (Cass. n. 13648 del 2019).

8. La finalità è quella di contrastare pratiche di rallentamento dei tempi del contenzioso giudiziario che finirebbero per provocare una moltiplicazione degli effetti economici in caso di eventuale sentenza favorevole e di stabilizzare le posizioni giuridiche delle parti in situazioni in cui si ha l’esigenza di conoscere, con precisione ed entro termini ragionevoli, se e quanti lavoratori possono far parte dell’organico aziendale.

9. Tuttavia, trattandosi di una limitazione temporale per l’esercizio dell’azione giudiziaria di non poco conto, tanto da dovere ritenere che la norma oggetto di esame abbia carattere di eccezionalità, si impone una interpretazione particolarmente rigorosa, soprattutto con riguardo alla fattispecie di chiusura prevista dall’art. 32, comma 4, lett. d) Legge citata (Cass. n. 13179 del 2017).

10. Tale rigorosità deve confrontarsi necessariamente con i limiti previsti dalla nostra Costituzione (artt. 2,111 e 117), dal diritto Eurounitario (art. 47 della Carta di Nizza, in considerazione della natura della controversia che riguarda il tema del rapporto di agenzia disciplinato dalla direttiva comunitaria n. 653 del 1986) e dal diritto convenzionale (art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo), nel senso che occorre pur sempre tenere conto dei possibili profili di illegittimità con riguardo ad un ambito applicativo di tipo estensivo o analogico della norma in questione.

11. Sempre sotto il profilo esegetico della legge, va ribadito che l’interpretazione letterale è il primo criterio interpretativo e, solo quando questo non sia chiaro ed univoco, il significato e la connessa portata precettiva possono essere integrati con l’esame complessivo del testo e della “mens legis” (Cass. n. 5128 del 2001; Cass. n. 12081 del 2003; Cass. n. 24165 del 2018).

12. Ciò premesso, ritiene questa Corte che, avendo riguardo sia al dato letterale che a quello logico-sistematico, il legislatore abbia voluto escludere il rapporto di agenzia dall’ambito operativo della decadenza della L. n. 183 del 2010, ex art. 32, comma 3, lett. b).

13. Sotto il profilo letterale, cui sopra si è fatto riferimento, vanno evidenziati i seguenti argomenti a sostegno di tale assunto.

14. In primo luogo, deve sottolinearsi che la dottrina e la giurisprudenza, relativamente all’art. 409 c.p.c., n. 3, hanno definito le fattispecie ivi previste come rapporti parasubordinati, così facendo intendere che, nella categoria generale della parasubordinazione, rientrino le varie tipologie contrattuali ivi menzionate: i rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale e gli altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.

15. Tali fattispecie si pongono, quindi, rispetto alla categoria della parasubordinazione, in un rapporto di species a genus e ciò esclude, quindi, una possibilità di assimilarle terminologicamente.

16. Il legislatore del 2010, con l’art. 32, comma 3, lett. b) Legge citata, ha fatto riferimento esclusivo ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e non anche a quelli di agenzia e di rappresentanza commerciale. Anzi, lì dove ha voluto ampliare l’ambito applicativo dell’istituto della decadenza, lo ha fatto esplicitamente prevedendo l’inciso “anche nelle modalità a progetto”, in modo da ricomprendere pure tale tipologia di contratti non espressamente menzionati nell’art. 409 c.p.c., n. 3.

17. Il richiamo all’art. 409 c.p.c., n. 3, da parte dell’art. 32 citato, è, pertanto, da riferire unicamente ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e non a tutte le fattispecie contrattuali ivi previste, come appunto il dato letterale conferma.

18. In secondo luogo, sempre sotto il profilo letterale, deve rilevarsi che il riferimento al termine “committente” esula tecnicamente sia dal rapporto di agenzia sia dal rapporto di rappresentanza di commercio, dove invece si ha la figura del “preponente”: anche relativamente a tale profilo va escluso un uso generico dei termini adottati che riguardano soggetti giuridici connotati da poteri e facoltà specifiche e differenti e che fanno riferimento a diverse tipologie contrattuali.

19. Sotto l’aspetto logico-sistematico, deve, invece, darsi atto che il rapporto di agenzia, pur essendo compreso nel genus della parasubordinazione e assoggettato al rito previsto per le controversie in materia di lavoro, tuttavia è disciplinato da una serie di fonti normative (codice civile, accordi economici, legge professionale) che lo caratterizzano in modo singolare rispetto ai rapporti di collaborazione, coordinata e continuativa.

20. Significativa è la circostanza, per esempio, che il preponente possa utilizzare una pluralità di agenti tra loro organizzati gerarchicamente, o che questi si avvalgano di dipendenti, o addirittura che siano costituiti in forma societaria: tali peculiarità si dimostrano senza dubbio incompatibili con i rapporti di collaborazione, coordinata e continuativa, di cui all’art. 409 c.p.c., n. 3, richiamati dall’art. 32 citato, che devono essere, per espresso richiamo, di natura prevalentemente personale.

21. Nè può ipotizzarsi una operatività dell’istituto della decadenza soltanto per particolari tipologie esecutive del rapporto di agenzia, e non per altre, ostandovi un criterio di uniformità e di certezza del diritto che deve essere sotteso ad ogni limitazione del diritto di agire nell’ambito dello stesso istituto giuridico.

22. Inoltre, va considerato che l’art. 1751 c.c., già prevede una peculiare ipotesi di decadenza, che regolamenta la domanda, da parte dell’agente, dell’indennità di cessazione del rapporto (un anno, salva la previsione migliorativa dell’AEC applicabile).

23. E’ vero che si tratta di una decadenza di tipo sostanziale rispetto a quella di natura processuale prevista dalla L. n. 183 del 2010 citata, art. 32, ma la loro eventuale coesistenza creerebbe una interferenza tra le due norme che potrebbe incidere sulla esigenza del simultaneus processus e sulla necessità di un accertamento giudiziale unitario in ordine alla verifica sia della arbitrarietà del recesso che della debenza delle indennità negoziali commesse alla cessazione del rapporto (per es. preavviso, suppletiva di clientela e meritocratica) le quali potrebbero essere non dovute in caso di interruzione per giusta causa del rapporto.

24. In conclusione, quindi, ritiene questo Collegio, per le ragioni che precedono, che ai rapporti di agenzia non si applichi il termine di decadenza di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 3, lett. b).

25. Ne consegue che resta assorbita la trattazione delle ulteriori questioni del presente ricorso riguardanti se, nel caso de quo, si tratti di recesso azionato dal committente o dall’agente, mancando le tematiche di decisività in virtù del fatto che il rapporto di agenzia si è ritenuto comunque escluso dall’ambito operativo dell’istituto in esame.

26. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.

27. Al riguardo segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione in favore del difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario.

28. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7.290,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie in misura del 15 per cento, gli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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