Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8964 del 19/04/2011
Cassazione civile sez. lav., 19/04/2011, (ud. 23/02/2011, dep. 19/04/2011), n.8964
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 6394-2010 proposto da;
E.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, via del FANTE 2, presso lo studio dell’avvocato ACCIAI
COSTANZA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati
BARTALENA PAOLO, CERRAI UMBERTO, giusta mandato a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
INPS ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA
CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dall’avvocato LANZETTA
ELISABETTA, giusta mandato speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 460/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del
24.3.09, depositata il 30/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;
udito per il controricorrente l’avvocato Antonino Sgroi (per delega
avv. Elisabetta Lanzetta) che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARLO DESTRO
che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
Fatto
MOTIVI
La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis.
La Corte d’appello di Firenze, in riforma della sentenza di primo grado e revocando il decreto ingiuntivo opposto dall’Inps, rigettava la domanda proposta da E.D., ex dipendente dell’INPS, di computo ai fini della misura dell’indennità di buonuscita o di quiescenza di voci retributive accessorie denominate assegno di garanzia e indennità di funzione.
Detto lavoratore propone ricorso per cassazione a cui resiste l’Inps con controricorso.
Il ricorso denuncia violazione dell’art. 5 del regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza degli impiegati dell’Inps, della L. n. 144 del 1999, art. 64 e della L. n. 70 del 1975, art. 13 nonchè insufficiente motivazione in merito al principio di assoggettabilità o meno dei compensi fissi e continuativi nel computo del trattamento di fine rapporto, in relazione all’epoca di collocazione a riposto.
Il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato in relazione all’orientamento affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte relativamente alla questioni prospettate e in particolare a quanto ritenuto da Cass. S.U. n. 7154/2010, che ha enunciato il seguente principio: “In tema di base di calcolo del trattamento di quiescenza o di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici del cd. parastato, la L. 20 marzo 1975, n. 70, art. 13 di riordinamento di tali enti e del rapporto di lavoro del relativo personale, detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine rapporto (rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 cod. civ.), non derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un’indennità di anzianità pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato, lasciando all’autonomia regolamentare dei singoli enti solo l’eventuale disciplina della facoltà per il dipendente di riscattare, a totale suo carico, periodi diversi da quelli di effettivo servizio. Il riferimento quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico-giuridica, sicchè deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari (nella specie, l’indennità di funzione della L. n. 88 del 1989, ex art. 15, comma 2, il salario di professionalità o assegno di garanzia retribuzione e l’indennità particolari compiti di vigilanza per i dipendenti dell’INPS) e devono ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti come quello dell’Inps, prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo”.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
Si ritiene di compensare le spese del giudizio poichè il contrasto di giurisprudenza in materia è stato composto successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2011