Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8962 del 05/05/2015
Civile Ord. Sez. 6 Num. 8962 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA
ORDINANZA
sul ricorso 12412-2013 proposto da:
CANTINA SOCIALE APULIA SCRL 01335590715, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA CARDINAL DE LUCA 22, presso lo studio
dell’avvocato VINCENZO D’ISIDORO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MASSIMO DE FEUDIS giusta procura
speciale in calce al ricorso;
-.ricorrente contro
TROTTO SEBASTIANO, RUSSO VINCENZO, BRUNI
BENEDETTO, nella qualità di erede di Bruni Matteo, RIZZI
ANTONIO, SACCO CIRILLO, elettivamente domiciliati in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentati e difesi
Data pubblicazione: 05/05/2015
dall’avvcoato FELICE OCCHIELLO giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrenti nonc.hè contro
– intimati avverso la sentenza n. 143/2013 della CORTE D’APPELT.0 di BARI
dellS/01/2013, depositata il 07/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’11/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA
LUCIANA BARRECA.
Premesso in fatto.
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
<< 1.- Con la decisione ora impugnata la Corte d'Appello di Bari ha dichiarato
inammissibile l'appello proposto dall'odierna ricorrente avverso la sentenza del
Tribunale di Foggia pubblicata il 6 maggio 2008, poiché, essendo stata
pronunciata in un giudizio di opposizione all'esecuzione, trattasi di sentenza
non impugnabile ai sensi dell'art. 616, ultimo inciso, c.p.e., nel testo risultante
dopo la modifica apportata dalla legge n. 52 del 2006 e prima dell'abrogazione
ad opera della legge n. 69 del 2009.
Il ricorso per cassazione è svolto con un motivo. I resistenti si difendono con
controricorso.
2.- Con l'unico motivo è dedotta violazione dell'art. 360 n. 3 cod. proc, civ., in
relazione all'art. 616 cod. proc. civ..
La ricorrente sostiene che la Corte d'Appello avrebbe errato nell'applicare al
caso di specie l'art. 616 cod. proc. civ. nel testo modificato dalla legge n. 52 del
2006, perché, essendo stato il giudizio introdotto in data 19 dicembre 2003,
avrebbe dovuto essere regolato dalla norma come vigente prima della modifica
apportata a far data dal 10 marzo 2006.
3.- Il ricorso è inammissibile ai sensi dell'art. 360 bis n. 1 cod. proc. civ. perché
la Corte d'Appello ha deciso la questione sul regime di impugnazione della
sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 616 cod. proc. civ. in modo conforme alla
giurisprudenza di questa Corte e l'esame del ricorso non offre elementi per
mutare questo orientamento.
Allo scopo è sufficiente richiamare i precedenti che hanno reiteratamente
affermato che le sentenze conclusive in primo grado dei giudizi di opposizione
all'esecuzione pubblicate tra il 10 marzo 2006 ed il 4 luglio 2009 non sono
impugnabili in ragione di quanto disposto dall'art. 616, ult. inc., c.p.c., nel testo
Ric. 2013 n. 12412 sez. M3 - ud. 11-03-2015
-2- CALVI° CARMINE, D'ALESSANDRO LORENZO; del regime di impugnabilità di una sentenza, occorre avere riguardo
alla legge processuale in vigore alla data della sua pubblicazione.
Pertanto, le sentenze che abbiano deciso opposizioni all'esecuzione
pubblicate prima del primo marzo 2006, restano esclusivamente
appellabili; per quelle, invece, pubblicate successivamente a tale data e
fino al 4 luglio 2009, non è più ammissibile l'appello, in forza
dell'ultimo periodo dell'art. 616 cod. proc. civ., introdotto dalla legge
24 febbraio 2006, n. 52, con la conseguenza dell'esclusiva ricorribilità
per cassazione ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost.; le sentenze,
infine, in cui il giudizio di primo grado sia ancora pendente al 4 luglio
2009, e siano quindi pubblicate successivamente a tale data, tornano ad
essere appellabili, essendo stato soppresso l'ultimo periodo dell'art. 616
cod. proc. civ., ai sensi dell'art. 49, secondo comma, della legge 18
giugno 2009, n. 69. (Principio affermato ai sensi dell'art. 360 bis, n. 1,
cod. proc. civ.)>>.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis n.
I cod. proc. civ..>>.
La relazione è stata comunicata e notificata come per legge.
Ritenuto in diritto.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio,
il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella
relazione.
Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso, a nonna del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Ric. 2013 n. 12412 sez. M3 – ud. 11-03-2015
-3-
introdotto dall’art.14 della legge n. 52 del 2006 (abrogato con l’art. 49, comma
2°, della legge n. 69 del 2009), quindi sono soltanto ricorribili per Cassazione
ex art. 111 Cost. (Cass. n. 20392109, n. 2043/10, ord. n. 20324/10, nonché, a
contrario, Cass. n. 20414/06 ed, ancora, successivamente, Cass. n. 3688/11 ed
altre). Il principio è stato ribadito, anche ai sensi dell’art. 360 bis n. 1 cod. proc.
civ. da Cass. ord. n. 17321111, per la quale « Ai fini dell’individuazione
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di cassazione, che liquida, in favore della resistente,
nell’importo di € 3.100,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre rimborso
spese generali, IVA e CPA come per legge.
atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso
articolo 13.
Così deciso in Roma, il giorno 11 marzo 2015, nella camera di
consiglio della sesta sezione civile — 3 della Corte suprema di
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà