Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8960 del 19/04/2011

Cassazione civile sez. II, 19/04/2011, (ud. 18/02/2011, dep. 19/04/2011), n.8960

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.R. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa,

in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.

Scaramuzzino Pasqualino ed elettivamente domiciliata nello studio

dell’Avv. Nicola Maione in Roma, via Garigliano, n. 11;

– ricorrente –

contro

UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO di Roma, in persona de Prefetto pro

tempore;

– intimato –

e

COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco pro tempore;

– intimato –

per la cassazione dell’ordinanza di inammissibilità del Giudice di

pace di Roma in data 18 maggio 2009 e comunicata il 1 marzo 2010;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18 febbraio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso: “nulla

osserva”.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 7 dicembre 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:

“Con ricorso notificato il 30 aprile 2010 e depositato il 20 maggio successivo, la sig.ra P.R. proponeva impugnazione per cassazione avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Roma adottata in data 18 maggio 2009 e comunicata il 1 marzo 2010, con la quale detto giudice dichiarava inammissibile il ricorso dalla stessa istante formulato avverso l’ordinanza-ingiunzione emessa nei suoi confronti (in relazione alla violazione di cui all’art. 157 C.d.S., comma 5) dal Prefetto della Provincia di Roma il 17 aprile 2008, sul presupposto che l’opposizione si dovesse ritenere tardiva in quanto non risultava documentalmente dimostrata la data di notificazione del provvedimento impugnato.

Con il menzionato ricorso in sede di legittimità la P. censurava l’ordinanza impugnata per violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1, per aver il Giudice di pace adottato la suddetta ordinanza inaudita altera parte, ovvero senza nemmeno stabilire il contraddittorio tra le parti e, quindi, verificare in giudizio se il termine per l’opposizione contro l’ordinanza-ingiunzione fosse stato rispettato o meno.

Sembrano sussistere i presupposti per ritenere manifestamente fondato il ricorso, potendosi pervenire, quindi, all’accoglimento dello stesso nelle forme del procedimento camerale.

Come è prescritto dalla L. n. 689 del 1981, art. 22, comma 3, al ricorso – che, una volta depositato (o, comunque, iscritto a ruolo anche se pervenuto a mezzo posta), costituisce l’atto di impulso per l’instaurazione del contraddittorio – deve essere allegata, a pena di inammissibilità, l’ordinanza-ingiunzione impugnata.

Occorre, tuttavia, considerare che, con specifico riferimento al momento della incidenza e della rilevabilità dell’indicata causa di inammissibilità, la giurisprudenza più recente – risolvendo il contrasto precedentemente determinatosi (cfr, per tutte, Cass., SS.UU., 28 gennaio 2002, n. 1006, confermata, tra le altre, anche da Cass. 22 gennaio 2007, n. 1279) – ha puntualizzato che, proprio in tema di opposizione ad ordinanza-ingiunzione di pagamento di sanzioni amministrative, la mancata allegazione della relata di notifica del provvedimento opposto non costituisce, di per sè, prova della non tempestività dell’opposizione, tale da giustificare, per l’effetto, una dichiarazione di inammissibilità del ricorso con ordinanza pronunciata in limine litis, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1, perchè tale provvedimento postula, pur sempre, l’esistenza di una prova certa ed inconfutabile della intempestività della detta opposizione, e non una mera difficoltà di accertamento della tempestività; ne consegue che, soltanto ove in prosieguo di giudizio, a causa della mancata acquisizione della copia dell’ordinanza notificata, permanga e diventi definitiva l’impossibilità di controllo (anche d’ufficio) della tempestività dell’opposizione, il ricorso andrà dichiarato, con sentenza, inammissibile. In altri termini, in tema di opposizione all’ordinanza ingiunzione di pagamento di sanzioni amministrative, la L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1, limita la pronuncia di inammissibilità con ordinanza (rimanendo, perciò, esclusa la possibilità dell’emanazione di decreto) al solo caso in cui si accerti positivamente in modo inconfutabile, in limine litis, che il ricorso sia stato proposto oltre il termine stabilito, non essendo sufficiente la mera difficoltà di accertamento, dovendosi, in ogni caso, garantire l’instaurazione del contraddittorio e non potendosi, quindi, provvedere inaudita altera parte, come è accaduto nel caso di specie, con l’effetto che il provvedimento impugnato deve intendersi adottato illegittimamente, siccome emesso in violazione della suddetta norma speciale (come denunciato dalla ricorrente).

In definitiva, si riconferma che emergono le condizioni per procedere nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c. (ratione temporis applicabile), ravvisandosi la manifesta fondatezza del ricorso in questione”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;

che, pertanto, il ricorso deve essere accolto;

che, cassata la sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata al Giudice di pace di Roma, che la deciderà in persona di altro magistrato;

che il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese dei presente procedimento.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Giudice di pace di Roma, in persona di altro magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 18 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2011

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