Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 896 del 17/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 896 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 17586-2010 proposto da:
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, (C.F. 01165400589),
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE
144, presso lo studio degli avvocati TARANTINO
2013
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CRISTOFARO e ROSSI ANDREA, che lo rappresentano e
difendono giusta delega in atti;
– ricorrente contro

ANSALDOBREDA S.P.A. P.I. 07766520634;

Data pubblicazione: 17/01/2014

– intimata –

Nonché da:
ANSALDOBREDA S.P.A. P.I. 07766520634, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 3, presso lo

difesa dall’avvocato CASTIGLIONE FRANCESCO, giusta
delega in atti;
– controicorrente e ricorrente incidentale –

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, (C.F. 01165400589),
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE
144, presso lo studio degli avvocati TARANTINO
CRISTOFARO e ROSSI ANDREA, che lo rappresentano e
difendono giusta delega

intà7E-13;

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– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 2582/2009 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 15/07/2009 R.G.N. 457/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/10/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
AMOROSO;
udito l’Avvocato ROSSI ANDREA;
udito l’Avvocato FERRETTI ANNA MARIA per delega
CASTIGLIONE FRANCESCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

studio dell’avvocato IZZO RAFFAELE, rappresentata e

Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale e assorbito il ricorso

incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I. Con ricorso depositato in data 18.4.2003 l’I.N.AI.L. – premesso di aver
erogato prestazioni per complessivi € 2.867.862,97 per malattie professionali
contratte da ventuno operai della SOFER a seguito di esposizione all’amianto esercitava azione di regresso ai sensi degli artt. 10 e 11 d.P.R. n. 1124/65 nei
confronti di Ansaldobreda S.p.A, successore dell’originaria datrice di lavoro. A
sostegno richiamava la sentenza n. 1326/97 del Tribunale penale di Napoli, che

previsto e punito dagli artt. 81, 589, c. 1 e 2, C.P. a seguito del decesso di alcuni
operai e della mancata predisposizione da parte degli imputati delle doverose misure
preventive di legge, precisando però che in grado di appello era stata, poi, dichiarata
dalla Corte territoriale l’estinzione del reato medesimo per intervenuta prescrizione.
Nella resistenza di parte convenuta – che costituendosi in giudizio eccepiva,
in via preliminare, la nullità del ricorso ex art. 414, n. 4, c.p.c., nonché
l’inammissibilità ed improcedibilità dell’azione di regresso, e, nel merito,
“intervenuta prescrizione e decadenza e, comunque, l’infondatezza della domanda
medesima, di cui chiedeva la reiezione, con rivalsa delle spese – con sentenza del
18.1.2005 l’adito giudice del lavoro del Tribunale di Napoli dichiarava inammissibile
la domanda per nullità del ricorso come eccepito da parte resistente, compensando tra
le parti le spese del giudizio.
2. Avverso la suddetta sentenza l’I.N.AI.L. proponeva appello nei confronti
della Ansaldobreda S.p.A con ricorso depositato il 18.1.2006, evidenziando che la
statuizione adottata in prime cure era ingiusta e, pertanto, andava integralmente
riformata. In particolare, denunciava che il primo giudice era approdato a tale
soluzione, evidentemente per “evitare l’amaro calice della complessa decisione nel
merito”, senza esaminare, “forse perché faticoso”, l’ampia documentazione prodotta
dall’I.N.AI.L a corredo del ricorso e le richieste istruttorie avanzate, né valutare il
comportamento processuale di parte convenuta, che aveva depositato una corposa
memoria con la quale aveva preso precisa posizione sull’intera materia del
contendere. Si doleva, altresì, dell’affermazione del giudice di primo grado circa
l’inapplicabilità al rito del lavoro del meccanismo sanante di cui all’art. 164, comma
5, del codice di rito.
L’Istituto appellante chiedeva, quindi, all’adita Corte d’Appello di Napoli.
Sezione del Lavoro, di voler, in accoglimento del proposto gravame, riformare la
impugnata sentenza.
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aveva riconosciuto colpevoli (e condannato) alcuni dirigenti SOFER per il reato

Si costituiva tempestivamente nel giudizio di gravame la Ansaldobreda S.p.A,
con memoria difensiva depositata il 27.6.2008, eccependo preliminarmente
l’inammissibilità dell’appello per avere l’Istituto già interposto impugnazione avverso
la sentenza n. 24625, così consumando il relativo potere; quanto al merito, deduceva
comunque l’infondatezza dell’appello, spiegando, alfine, appello incidentale avverso
la compensazione delle spese di primo grado.
La Corte d’appello di Napoli con sentenza del 22 aprile – 15 luglio 2000 ha

compensando per intero tra le parti le spese del grado.
3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione l’INAIL con tre motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata che ha proposto ricorso incidentale
condizionato cui resiste l’Istituto ricorrente con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso principale è articolato in tre motivi.
Con il primo motivo l’Istituto ricorrente denuncia la violazione degli artt.
414,100 64,100 16,9 c.p.c., nonché degli artt. 2087 c.c. e 10 e 11 d.p.r. n. 1124 del
1965. In particolare l’Istituto ricorrente contesta l’affermazione della corte d’appello
di Napoli secondo cui l’originario ricorso introduttivo della lite fosse privo di quegli
elementi minimi di fatto e di diritto sufficienti a qualificarlo rituale sotto il profilo di
cui all’art. 414 c.p.c.. Lamenta che la corte d’appello ha omesso l’esame della
documentazione prodotta in primo grado. D’altra parte la difesa della società Ansaldo
si era costituita nel giudizio di primo grado depositando un’ampia memoria con la
quale prendeva posizione specifica su tutta la materia del contendere dimostrando
così che il ricorso introduttivo era tutt’altro che generico. L’Istituto poi invoca la
relazione CONARP nella quale erano descritti analiticamente le malattie
professionali di tutti i lavoratori in riferimento ai quali si chiedeva nel ricorso
introduttivo della lite il rimborso delle prestazioni previdenziali rese con
accertamento del nesso causale tra le mansioni svolte e le malattie professionali
appellante. Quindi dalla lettura del ricorso e soprattutto dalla documentazione
prodotta in primo grado emergevano tutti gli elementi idonei per consentire al
giudice di conoscere la questione è di emettere la decisione di merito.
Con il secondo motivo l’Istituto ricorrente denuncia l’omessa insufficiente
motivazione della sentenza impugnata, la quale non ha tenuto conto della relazione
suddetta né della sentenza penale di condanna di primo grado, così omettendo di

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ud. 3 ottobre 2013

rigettato l’appello principale dichiarando inammissibile quello incidentale e

spiegare perché, nel valutare il ricorso, non abbia tenuto conto della documentazione
prodotta.
Con il terzo motivo ricorrente denuncia la violazione degli artt. 414,164 e 359
c.p.c.. Anche a ritenere la nullità del ricorso introduttivo la corte d’appello avrebbe
dovuto fare applicazione del meccanismo sanante di cui all’art. 164, quinto comma,
c.p.c..
2. Con il ricorso incidentale la società deduce la violazione e falsa

della sollevata eccezione preliminare: l’Istituto appellante aveva richiesto la
remissione degli atti al giudice di primo grado senza riproporre le conclusioni di
merito formulate nel ricorso introduttivo del giudizio.
3. I giudizi promossi con il ricorso principale e con quello incidentale vanno
riuniti avendo ad oggetto la medesima sentenza impugnata.
4.

Il ricorso principale — i cui motivi possono essere esaminati

congiuntamente in quanto connessi — è infondato.
5. Sia la Corte d’appello che il giudice di primo grado hanno ritenuto che il
ricorso introduttivo del giudizio non fosse rispettoso del precetto dell’art. 414 c.p.c.
che disciplina il contenuto della domanda richiedendo in particolare che il ricorso
iniziale contenga la determinazione dell’oggetto della domanda, l’esposizione dei fatti
e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni,
l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e in
particolare dei documenti che si offrono in comunicazione.
La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che la mancanza di
tali elementi nel ricorso comporta la nullità dello stesso. Cfr. ex plurimis Cass.,
sez. lav., 5 febbraio 2008, n. 2732, che ha affermato che nel rito del lavoro la verifica
degli elementi essenziali del ricorso introduttivo costituisce indagine pregiudiziale
rispetto alla decisione sul merito, cui inerisce anche la valutazione delle prove; ne
consegue che, ove il ricorso sia privo dell’esatta determinazione dell’oggetto della
domanda o dell’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto, il ricorso stesso è
affetto da nullità insanabile che il giudice è tenuto a dichiarare preliminarmente
senza possibilità di scendere all’esame del merito, neppure per respingere la domanda
perché non provata.
6. La Corte territoriale ha dettagliatamente motivato la sua valutazione in
ordine alla radicale carenza del ricorso introduttivo del giudizio.

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ud. 3 ottobre 2013

applicazione degli artt. 112, 146, 414 e 434 c.p.c.. Lamenta il mancato accoglimento

Il ricorso conteneva più domande di regresso ex art. 11 d.P.R. n. 1124/65.
proposte cumulativamente per quante erano le prestazioni erogate a ventuno
lavoratori e di cui l’INAIL chiedeva il rimborso, con richiesta di condanna della
società convenuta al pagamento di una cifra riferita al complesso delle prestazioni,
senza specificare: quali fossero state le malattie professionali accertate a carico di
ciascuno dei ventuno lavoratori; l’epoca di insorgenza delle malattie medesime; la
percentuale di invalidità; la data di riconoscimento delle singole prestazioni e gli

ciascuno rivestite e l’evento dannoso; quali fossero, in riferimento a ciascuna
posizione lavorativa, le specifiche norme di sicurezza violate dal datore di lavoro e
quale fosse, dunque, il reato commesso dall’imprenditore (SOFER) in danno di
ciascuno dei ventuno dipendenti, al cui accertamento in via incidentale era chiamato
il primo giudice. Circostanza quest’ultima che necessariamente avrebbe dovuto
essere specificata atteso che la società convenuta in giudizio – la Ansaldobreda – non
era il reale datore di lavoro dei soggetti indennizzati ed era rimasta estranea al
procedimento penale (di cui in narrativa), ma era semplicemente subentrata, per
successione, alla SOFER, assumendone le obbligazioni.
Né queste radicali carenze potevano essere colmate dal riferimento alla
sentenza penale richiamata in ricorso e all’emessa condanna (solo in primo grado) per
il reato di cui all’art. 589 c.p. atteso che essa si riferiva, tranne che per uno, ad altri
lavoratori deceduti, diversi da quelli in relazione ai quali erano state erogate le
prestazioni di cui l’INAIL chiedeva il rimborso. Né elementi chiarificatori potevano
trarsi dall’analisi della citata relazione CONTARP che peraltro si riferiva a numerosi
casi di lavoratori ammalati, circa quaranta, non tutti sfociati nel riconoscimento della
rendita.
In definitiva, le lacune dell’atto introduttivo sono state – secondo la Corte
d’appello – tante e tali da inficiarlo radicalmente e da renderlo, così, inidoneo in
radice al raggiungimento dello scopo.
7. L’Istituto ha contestato tale valutazione dei giudici di merito, soprattutto
con il primo motivo di ricorso, lamentando che essi sono pervenuti a tale
convincimento «senza esaminare, se non in minima parte, la copiosa documentazione
prodotta dall’INAIL unitamente al ricorso».
La censura però è inidonea ad inficiare la sentenza impugnata.
E’ vero che recentemente Cass., sez. un., 22-05-2012, n. 8077. ha affermato,
componendo un latente contrasto di giurisprudenza sul punto, che quando col ricorso
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ud. 3 ottobre 2013

importi corrisposti; quale fosse il nesso di causalità esistente tra le mansioni da

per cassazione è denunciato un vizio comportante la nullità della sentenza impugnata
o del procedimento e, in particolare, si lamenta l’indeterminatezza dell’oggetto della
domanda proposta in primo grado, il giudice di legittimità non deve limitarsi a
vagliare la sufficienza e la logicità della motivazione con cui quello di merito ha
statuito sul punto, ma ha il potere di esaminare e valutare direttamente gli atti e i
documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata ritualmente
formulata. Ma questa stessa pronuncia ha anche precisato che il riconoscere al

nei termini sopra chiariti, non comporta certo il venir meno della necessità di
rispettare le regole poste dal codice di rito per la proposizione e lo svolgimento di
qualsiasi ricorso per cassazione, ivi compreso quello con cui si denuncino errores in
procedendo. In particolare non viene meno l’onere per la parte di rispettare il
principio di autosufficienza del ricorso, da intendere come un corollario del
requisito della specificità dei motivi d’impugnazione: sicchè l’esame diretto degli
atti che la corte è chiamata a compiere è pur sempre circoscritto a quegli atti ed a
quei documenti che la parte abbia specificamente indicato ed allegato.
Nella specie le censure dell’Istituto non consistono in una specifica
contrapposizione, punto per punto, delle affermazioni della sentenza impugnata e
delle ritenute carenze dell’atto introduttivo del giudizio; il cui rituale contenuto ex
art. 414 c.p.c. non può risultare indirettamente dall’esame della documentazione
prodotta, esame che l’INAIL assume essere mancato. Quindi le censure dell’INAIL
non hanno la necessaria specificità richiesta dal principio di autosufficienza del
ricorso e quindi non aprono le porte all’esame diretto da parte di questa Corte
dell’atto introduttivo del giudizio per una revisione, nel merito, della riconducibilità
del suo contenuto a quello prescritto dall’art. 414 c.p.c..

8. La difesa dell’INAIL ha poi richiamato il disposto del quinto comma
dell’art. 164 c.p.c., ritenuto applicabile anche al rito del lavoro. Tale disposizione
prevede che il giudice, rilevata la nullità della citazione per essere omesso o
assolutamente incerto il requisito stabilito nel n. 3) dell’art. 163 ovvero perché manca
l’esposizione dei fatti di cui al n. 4) dello stesso art., fissa all’attore un termine
perentorio per rinnovare la citazione o, se il convenuto si è costituito, per integrare la
domanda, ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla
rinnovazione o alla integrazione.
L’applicabilità di tale disposizione al rito del lavoro è controversa. Cass., sez.
lav., 25 febbraio 2009, n. 4557, ha ritenuto che nel rito del lavoro la nullità del
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ud. 3 ottobre 2013

giudice di legittimità il potere di cognizione piena e diretta del fatto processuale,

ricorso introduttivo, per mancata determinazione dell’oggetto della domanda ed
insufficiente esposizione dei fatti e degli elementi di diritto addotti a sostegno della
stessa (art. 414 n. 3 e 4 c.p.c.), è sanabile ex art. 164, 5° comma, c.p.c., norma
estensibile anche all’anzidetto rito (conf. Cass., sez. un., 17 giugno 2004, n. 11353).
Invece Cass., sez. lav., 27 maggio 2008, n. 13825, ha ritenuto che, ove il ricorso sia
privo dell’esatta determinazione dell’oggetto della domanda o dell’esposizione dei
fatti e degli elementi di diritto, il ricorso stesso è affetto da nullità insanabile che il

del merito, neppure per respingere la domanda perché non provata (conf. Cass., sez.
lav., 5 febbraio 2008, n. 2732; Cass., sez. III, 31 maggio 2006, n. 13005).
Ma ancora più recentemente Cass.,

sez. III, 12 ottobre 2012, n. 17408, ha

affermato che se il giudice omette di ordinare l’integrazione o la rinnovazione d’una
citazione nulla per mancata indicazione del fatto costitutivo della pretesa (art. 163, n.
4, cod. proc. civ.), nonostante l’eccezione in tal senso sollevata dal convenuto,
diventa onere dell’attore stesso invocare dal giudice la fissazione del termine per
sanare la nullità. Ove ciò non faccia, e la nullità venga dedotta come motivo
d’appello, il giudice del gravame non dovrà fissare alcun termine per la rinnovazione
dell’atto nullo, ma dovrà definire il processo con una pronuncia in rito che accerti il
vizio della citazione introduttiva.
Nella specie l’INAIL, pur a fronte dell’eccezione della società convenuta di
nullità del ricorso introduttivo del giudizio per violazione dell’art. 414 c.p.c., non ha
chiesto la fissazione di un termine per integrare la domanda, stante la costituzione
della convenuta, e sanare il vizio allegando l’applicabilità, anche nel rito del lavoro,
della sanatoria di cui al quinto comma dell’art. 164 c.p.c.. Solo in grado d’appello,
oltre a dedurre la ritenuta conformità del ricorso introduttivo del giudizio ai canoni
dell’art. 414 c.p.c., ha anche invocato la sanatoria dell’art. 164, quinto comma, c.p.c..
Ma da una parte non era ipotizzabile la rimessione al primo giudice, perché non
rientrante tra i casi previsti dall’art. 353 c.p.c.; né era ipotizzabile una integrazione
della domanda in grado d’appello, parimenti non prevista.
Quindi può darsi continuità anche nel rito del lavoro al principio affermato da
Cass., sez. III, 12 ottobre 2012, n. 17408, cit., ribadendo che se il giudice di primo
grado omette di fissare un termine per l’integrazione della domanda, stante la
costituzione del convenuto, ai sensi del quinto comma dell’art. 164 cod. proc. civ. in
ragione della nullità dell’atto introduttivo del giudizio per mancata o insufficiente
determinazione dell’oggetto della domanda o l’esposizione dei fatti e degli elementi
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giudice è tenuto a dichiarare preliminarmente senza possibilità di scendere all’esame

di diritto sui quali si fonda la domanda (art. 414, n. 3 e 4, cod. proc. civ.), nonostante
l’eccezione in tal senso sollevata dal convenuto, diventa onere del ricorrente stesso
invocare dal giudice la fissazione del termine per sanare la nullità. Ove ciò non
faccia, e la nullità venga dedotta come motivo d’appello, il giudice del gravame non
dovrà fissare alcun termine per la integrazione della domanda, ma dovrà definire il
processo con una pronuncia in rito che accerti il vizio del ricorso introduttivo del
giudizio.

integrare la domanda, comunque la Corte d’appello, sul presupposto della confermata
valutazione di inosservanza dell’art. 414 c.p.c. da parte dell’Istituto ricorrente, non
poteva che considerare come insanabile la rilevata nullità dell’atto introduttivo del
giudizio.
9. Il ricorso principale va quindi rigettato, con conseguente assorbimento del
ricorso incidentale, logicamente condizionato.
Alla soccombenza consegue la condanna dell’Istituto ricorrente al pagamento
delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in
dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito quello
incidentale; condanna l’Istituto ricorrente al pagamento delle spese di questo
giudizio di cassazione liquidate in euro 100,00 (cento) oltre euro 4.000,00
(quattromila) per compensi d’avvocato ed oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013
Il Consigliere

Il Presidente

Pertanto, essendo mancata da parte dell’INAIL, la tempestiva richiesta di

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