Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8959 del 19/04/2011

Cassazione civile sez. II, 19/04/2011, (ud. 18/02/2011, dep. 19/04/2011), n.8959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.P., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Luzi Osiride, elettivamente

domiciliato in Roma, via Oslavia, n. 30, nello studio dell’Avv. Paolo

Petraroja;

– ricorrente –

contro

P.C.B. e C.E., rappresentati e difesi, in

forza di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv.

Vallasciani Maurizio, elettivamente domiciliati in Roma, via

Crescenzio, n. 42;

– controricorrenti –

per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione, 2^

sezione civile, 11 febbraio 2009, n. 3390;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18 febbraio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso: “nulla

osserva”.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 7 dicembre 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:

“Con ricorso notificato il 29 marzo 2010, S.P. ha chiesto la revocazione della sentenza di questa Corte 11 febbraio 2009, n. 3390, sulla base di due motivi.

Gli intimati hanno resistito con controricorso.

Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 395 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 391-bis cod. proc. civ. – errore di fatto risultante dai documenti della causa (accordo 21 settembre 1996) – errore interno.

Il secondo mezzo è a sua volta rubricato violazione dell’art. 395 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 391-bis cod. proc. civ. – errore di fatto risultante dagli atti di causa (mezzi istruttori, prova testimoniale, consulenza tecnica d’ufficio e accertamento tecnico preventivo).

L’uno e l’altro motivo sono inammissibili.

Secondo la costante giurisprudenza (Cass., Sez. Un., 26 febbraio 2008, n. 5075; Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2008, n. 26022), l’art. 366-bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, è applicabile anche al ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 391- bis c.p.c., avverso le sentenze della Corte di cassazione (pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del detto D.Lgs.), con la conseguenza che la formulazione del motivo deve risolversi nell’indicazione specifica, chiara ed immediatamente intelligibile, del fatto che si assume avere costituito oggetto dell’errore e nell’esposizione delle ragioni per cui l’errore presenta i requisiti previsti dall’art. 395 cod. proc. civ..

Nella specie difetta il quesito di sintesi, prescritto dall’art. 366- bis cod. proc. civ..

Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”.

Letta la memoria del ricorrente.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra;

che i rilievi critici contenuti nella memoria non colgono nel segno, perchè non rileva che il ricorso sia stato notificato quando la L. 18 giugno 2009, n. 69, era già stata pubblicata ed entrata in vigore;

che, invero, alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5 in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (L. 4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 47) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli proposti – come nella specie – contro provvedimenti pubblicati antecedentemente (e dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) tale norma è da ritenere ancora applicabile (Cass., Sez. 1, 26 ottobre 2009, n. 22578; Cass., Sez. 3, 24 marzo 2010, n. 7119);

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna, il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti in solido, che liquida in complessivi Euro 1.400, di cui Euro 1.200 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 18 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2011

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