Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8958 del 19/04/2011

Cassazione civile sez. II, 19/04/2011, (ud. 18/02/2011, dep. 19/04/2011), n.8958

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.G.R. e C.C., rappresentati e difesi,

in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Picci

Giuseppe, elettivamente domiciliati in Roma, nello studio del dott.

Giuseppe Morreale, via Leone IV, n. 38;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI VITTORIA, in persona del Sindaco pro tempore;

– intimato –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Ragusa, sezione

distaccata di Vittoria, n. 2 in data 9 gennaio 2009;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18 febbraio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso: “nulla

osserva”.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 7 dicembre 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:

“Con sentenza in data 9 gennaio 2009, il Tribunale di Ragusa, sezione distaccata di Vittoria, in accoglimento dell’appello proposto dal Comune di Vittoria, ha riformato totalmente la sentenza di primo grado e rigettato il ricorso proposto da D.G.R. e da C.C. contro il verbale di accertamento n. (OMISSIS) dell’11 novembre 2005 della Polizia municipale di Vittoria, recante la contestazione della violazione dell’art. 146 C.d.S., accertata mediante Photored.

Per quanto qui ancora rileva, il Tribunale ha ritenuto: che non vi sono dubbi che l’autovettura raffigurata nel secondo fotogramma sia la stessa del primo fotogramma; che, contrariamente a quanto asserito dai ricorrenti, la violazione rappresentata dal superamento della linea d’arresto non deve emergere esclusivamente dal primo fotogramma, bensì dall’insieme delle due fotografie che rappresentano due situazioni a distanza di qualche secondo e dal cui raffronto si può trarre la ragionevole conclusione che l’autovettura abbia attraversato l’incrocio con il semaforo acceso sul rosso; che la necessità di omologazione dell’apparecchiatura di rilevazione automatica, ai fini della validità del relativo accertamento, va riferita al modello e non al singolo esemplare.

Per la cassazione della sentenza del Tribunale il D.G. e la C. hanno proposto ricorso, con atto notificato il 24 febbraio 2010, sulla base di tre motivi. L’intimato Comune non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il primo motivo deduce violazione del D.M. 1 marzo 2004, n. 1130, art. 3 e si conclude con il quesito se detta disposizione sia stata violata nella parte in cui dispone che le amministrazioni che utilizzano documentatori fotografici di infrazioni al semaforo rosso in maniera automatica sono tenute a far eseguire verifiche ed eventuali tarature dell’apparecchiatura, con cadenza almeno annuale a supporto della corretta funzionalità dei dispositivi stessi.

Il secondo mezzo prospetta violazione del D.M. 1 marzo 2004, n. 1130, art. 2 e si conclude con il quesito se detta disposizione sia stata violata nella parte in cui prevede che l’apparecchiatura deve essere installata in modo non facilmente oscurabile e che per ogni infrazione occorrono almeno due fotogrammi di cui uno all’atto del superamento della linea di arresto e l’altro quando il veicolo in infrazione si trovi al centro.

Entrambi i motivi sono inammissibili per inidoneità dei quesiti che li corredano.

Questa Corte ha in più occasioni chiarito che i quesiti di diritto imposti dall’art. 366-bis cod. proc. civ. – introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione; i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimità (tra le tante, Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass., Sez. Un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., Sez. Un., 29 ottobre 2007, n. 22640).

Per questo – la funzione nomofilattica demandata al giudice di legittimità travalicando la risoluzione della singola controversia – il legislatore ha inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di colla-borare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale, diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità: donde la comminata inammissibilità del motivo di ricorso che non si concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai criteri informatori della norma.

Nella specie, la rilevata inidoneità deriva dal fatto che nessuno dei motivi si conclude con un quesito che individui tanto il principio di diritto che è alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, il principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata.

I quesiti formulati dai ricorrenti si limitano a devolvere alla Corte l’interrogativo, generico, se vi è stata violazione di legge, mediante la indicazione del testo della disposizione normativa che sarebbe stato male applicato.

Con il terzo mezzo si prospetta violazione dell’art. 201 C.d.S. in combinato disposto con l’art. 384 reg. esec. C.d.S.. Il quesito che lo conclude è se non sia stata violata la norma che prevede la necessità della presenza di un vigile ai fini delle possibili situazioni che possono verificarsi nell’intersezione semaforica, come ad esempio nel caso di coda di veicoli che non consenta al mezzo che abbia legittimamente impegnato l’incrocio di attraversarlo tempestivamente.

Il motivo è inammissibile perchè con esso viene dedotta, per la prima volta in cassazione, una nuova ragione di illegittimità del verbale.

Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, non avendo l’intimato Comune svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 18 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2011

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