Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8957 del 19/04/2011

Cassazione civile sez. II, 19/04/2011, (ud. 18/02/2011, dep. 19/04/2011), n.8957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.F., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Gobbi Vittorio,

elettivamente domiciliato nella Cancelleria della Corte di

cassazione, piazza Cavour, Roma;

– ricorrente –

contro

PREFETTO DI TORINO, rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato presso gli Uffici

di questa in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza del Giudice di pace di Torino n. 52

depositata il 5 gennaio 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18 febbraio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso: “nulla

osserva”.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che il consigliere designato ha depositato, in data 7 dicembre 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.: “Con sentenza in data 5 gennaio 2009, il Giudice di pace di Torino, decidendo in contraddittorio con le parti, ha dichiarato inammissibile il ricorso di C.F. in opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione prot. n. 57763/R/ notificata in data 30 novembre 2007, stante la mancanza di sottoscrizione del ricorrente.

Per la cassazione della sentenza del Giudice di pace il C. ha proposto ricorso, con atto notificato il 22 febbraio 2010, sulla base di un motivo.

Il Prefetto ha resistito con controricorso.

Il ricorso è inammissibile per una pluralità di motivi.

Innanzitutto perchè esso è stato proposto contro una sentenza – resa all’esito del giudizio di opposizione a sanzione amministrativa L. 24 novembre 1981, n. 689, ex art. 23 e pubblicata in data successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40;

– appellabile e non ricorribile direttamente per cassazione. In tal senso è infatti la modifica apportata dal citato D.Lgs. n. 40 del 2006, che ha definito una diversa disciplina del regime delle impugnazioni per tali sentenze.

In secondo luogo, perchè il motivo di ricorso (con cui si deduce violazione di legge e vizio di motivazione) non si conclude con la formulazione di idoneo quesito di diritto e di quesito di sintesi, l’uno e l’altro prescritti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile.

Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”.

Letta la memoria depositata dal ricorrente in prossimità dell’udienza.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra;

che le critiche ad essa mosse con la memoria non colgono nel segno;

che questa Corte ha già rilevato che, in tema di opposizione ad ordinanza-ingiunzione riguardante sanzioni amministrative, qualora l’inammissibilità venga pronunciata, come nella specie, con sentenza all’esito di un giudizio instaurato, nelle forme ordinarie, previa convocazione delle parti, tale provvedimento – dopo la modifica del regime di impugnazione introdotto con il D.Lgs. n. 40 del 2006, in vigore dal 3 marzo 2006 – è impugnabile mediante appello e non immediatamente ricorribile per cassazione (Cass., Sez. 2^, 22 aprile 2010, n. 9967);

che la previsione di un doppio grado di merito contro la pronuncia di inammissibilità non lede i parametri costituzionali (artt. 3, 24, 25 e 113 Cost.) invocati dal ricorrente in sede di memoria, onde è manifestamente infondata la sollevata questione di legittimità costituzionale;

che in ordine alla ratio aggiuntiva, riguardante la mancata osservanza delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., non rileva – contrariamente a quanto prospetta il ricorrente nella memoria illustrativa – che il ricorso sia stato notificato quando la L. 18 giugno 2009, n. 69, era già stata pubblicata ed entrata in vigore;

che, invero, alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5, in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 47) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli proposti – come nella specie – contro provvedimenti pubblicati antecedentemente (e dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) tale norma è da ritenere ancora applicabile (Cass., Sez. 1^, 26 ottobre 2009, n. 22578; Cass., Sez. 3^, 24 marzo 2010, n. 7119);

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dall’Amministrazione controricorrente, che liquida in Euro 400, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2011

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