Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8956 del 05/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 8956 Anno 2015
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA
sul ricorso 8995-2014 proposto da:
PIZZO ANTONINO, SAVARINO IGNAZIO, elettivamente
domiciliati in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI 51, presso lo studio
dell’avvocato MARCELLO CARDI, rappresentati e difesi
dall’avvocato SERGIO AGRIFOGLIO giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587)
– intimato –

:715

Data pubblicazione: 05/05/2015

~IP .E.

~111•11•111~1M

avverso il decreto n. 2319/2013 della CORTE D’APPELLO di
CALTANISSETTA del 26/09/2013, depositato il 10/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONINO SCALISI;
udito l’Avvocato Scarazzati Enrico (delega avvocato Agrifoglio Sergio)

difensore dei ricorrenti che insiste per raccoglimento del ricorso.

Ric. 2014 n. 08995 sez. M2 – ud. 05-03-2015
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adelprocesso
I sigg Pizzo_Antoninio e Savarinn T sna7in chiedevano alla (“Arte dappell

Caltanissetta, con due distinti ricorsi depositati

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dell’equa riparazione, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89 er

lmerese, invocando, a favore di ognuno, la condanna del Ministero della

Giustizia al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente nella misura
di Euro 6.000,00, oltre interessi legali e spese giudiziali.
Nella costituzione del resistente Ministero della Giustizia e dopo aver
disposto la riunione dei due ricorsi (iscritti rispettivamente al n. 650 del 2010
e al n. 651 del 2010), la Corte di appello adita, con Decreto n. 412 del 2011,
depositato il 7 novembre 2011, accoglieva – per quanto di ragione – la
domanda proposta nell’interesse del solo Pizzo Antonino e, per l’effetto,
condannava il predetto Ministero al pagamento in favore dello stesso, per il
titolo dedotto in giudizio, della somma di Euro 3.416,66, oltre interessi legali
dalla domanda al saldo, compensando tra le parti le spese del procedimento
nella misura dei due terzi e condannando il suddetto Ministero a rifondere al
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predetto ricorrente il residuo terzo.

l’irragionevole durata di un giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale di Termini

_

Avverso il menzionato decreto (non notificato) hanno proposto ricorso per
cassazione sia il Pizzo Antonino che il Savarino Ignazio, con atto notificato il
15 giugno 2012, sulla base di due motivi, illustrati da memoria ex art. 378
c.p.c..
11 Ministero della Giustizia è rimasto intimato.
La Corte di cassazione con sentenza n. 9217 del 2013 accoglieva il primo
motivo del ricorso laddove si lamentava la mancata pronuncia sulla domanda
1

_per_equa_riparazione_formulata_da_Saverio Ignazio, dichiarava_assorbito il
secondo: ladclove si lamentava

Connessa

eompens.azion

motiva7iane in cintine all’effetti

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„spese del procedimento, cassava,_nei_

sensi di cui in motivazione,. il decreto impugnato in ordine al motivo accolto e

Caltanissetta, in diversa composizione.
I ricorrenti hanno riassunto il procedimento davanti alla Corte di appello di
Caltanissetta.
Il Ministero della Giustizia è rimasto intimato.
La Corte di appello di Caltanissetta con decreto n. 2319/2013 del 26 settembre
2013 pronunciando in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione condannava il
Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente Saverino
Ignazio della somma di E. 3.416,66, oltre interessi legali dalla domanda al
soddisfo. Confermava la statuizione di condanna del Ministero della Giustizia
al pagamento in favore di Pizzo Antonio della somma di E. 3.426,66 oltre
interessi dalla domanda al soddisfo già disposta con il decreto emesso dalla
stessa Corte in data 17 ottobre 2011 n. 412/11, condannava il Ministero alla
rifusione a Saverino Ignazio e Pizzo Antonino, creditori solidali, delle spese
dei procedimenti riuniti n. 650/2010 e 651/2010 r.c. che liquidava
complessivamente in E. 500,00 oltre gli acessori di legge, compensava tra le
parti le spese del giudizio di Cassazione e del presente procedimento.
La cassazione di questo decreto è stata chiesta da Pizzo Antonino e Savarino
Ignazio con ricorso affidato a due motivi. Il Ministero della Giustizia è
rimasto intimato.
Motivi della decisione.

rinviava, anche per le spese della fase di legittimità, alla Corte di appello di

n Pizzo__Antonino__e__Savanlo Igna7io

lamentano la violazione e falsa applicazione_ dell’art. 360 n 3 opo.,_eon

_riferimento agli_artt 24 e 111 della Costituzione Violazione e falsa
applicazione dell’art. 360 n. 3 cpc, con riferimento agli artt. 91 e 92 cpc., in

giudizio di equa riparazione. Avrebbe errato la corte di Caltanissetta nell’aver

disposto la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione e
di quello di rinvio nonostante gli odierni ricorrenti fossero stati vittoriosi in
toto in entrambi i giudizi. Né la Corte nissena avrebbe indicato le eccezionali
ragioni che avrebbero giustificato la disposta compensazione , considerato che
la stessa si è limitata ad affermare che appariva di giustizia compensare tra le
parti le spese del ricorso avanti alla SC. E del presente giudizio di
riassunzione, in quanto il vizio per cui questi ulteriori giudizi si sono resi
necessari non è dipeso dall’attività difensiva di controparte.
1.l. Il motivo è fondato.
Nel caso di specie la motivazione in base alla quale le spese sono state
compensate non appare logicamente, ne’ giuridicamente accettabile. In
particolare, la Corte distrettuale nel disporre la compensazione totale delle
spese del giudizio di legittimità e del giudizio di rinvio ha violato i principi,
affermati da questa Corte e, correttamente, richiamati dal ricorrente: a) Intanto
va qui evidenziato che il regolamento delle spese processuali è rimesso al
potere discrezionale del giudice di merito, ma trova un limite nella violazione
del principio della soccombenza sancito dall’art. 91 cpc, secondo cui il
relativo onere non può mai essere posto a carico della parte rimasta totalmente
vittoriosa. b) la mancata costituzione in giudizio della parte convenuta non

relazione alla compensazione delle spese del ricorso in cassazione e del

-implica, di p

e_deltattore_e,se_puo_in_cancre

rendere meno dispendioso l’esercizio processuale del diritto di costui, non per

o giustifica che i costi di tale_esercizio_slebhano-teABLe_a_ suo carico. Nè
varrebbe, in un simile caso, invocare l’applicazione, in luogo del mero

chi al processo ha dato causa. È pur sempre da una colpa organizzativa
dell’amministrazione della giustizia che dipende la necessità per il privato di
ricorrere al giudice, al fine di conseguire l’indennizzo spettategli per
l’eccessiva durata del processo, indipendentemente dal fatto che
l’amministrazione convenuta scelga poi di costituirsi o meno nel giudizio di
equa riparazione che ne consegue” (sent. 30.9.2009 cit.). Le medesime
considerazioni sono applicabili all’ipotesi di mancata contestazione della
pretesa da parte dell’Amministrazione costituita che non offra, tuttavia,
“direttamente soddisfazione a chi abbia sofferto un danno a cagione
dell’eccessiva durata di un giudizio in cui sia stato coinvolto” (sent. 30.9.2009

cit.).
2.= Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa
applicazione dell’art. 360 n. 3 cpc., con riferimento agli artt. 4 e 9 del DM
140 del 2012. Secondo i ricorrenti la Corte nissena nel rideterminare le spese
da liquidare ad ambedue gli attuali ricorrenti nel primo giudizio non avrebbe
rispettato i minimi previsti dall’allora vigente DM 140/212. Ricorrenti
affidano a questa Corte il compito di valutare se annullare la sentenza qui
impugnata tenendo conto del valore della causa, delle prescrizioni dell’art. 9
sulla riduzione dei compensi nell’ipotesi di causa aventi ad oggetto
l’indennizzo per l’irragionevole durata del processo ed, infine, applicando il
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principio di soccombenza, del criterio d’imputazione delle spese processuali a

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in cui i ricorrenti siano più parti

2.1 Il motivo inammissibile per genericit_
Occorre al riguardo osservare che nella giurisprudenza di questa Corte è

cassazione la liquidazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato
ha l’onere della analitica specificazione delle voci della tariffa professionale
che si assumono violate e degli importi considerati, al fine di consentirne il
controllo in sede di legittimità senza bisogno di svolgere ulteriori indagini in
fatto e di procedere alla diretta consultazione degli atti, giacché la (eventuale)
violazione delle tariffe professionali integra un’ipotesi di “error in iudicando”
e non “in procedendo” (tra le tante, sentenze 11/2/2004 n. 2626; 10/10(2003 n.
15172; 9/4/2003 n. 5581). Nel caso in esame il detto onere non è stata
adempiuto dai ricorrenti i quali nel ricorso hanno esposto solo il risultato
finale della liquidazione delle dette spese. Ciò impedisce a questa Corte di
accertare la sussistenza o meno della denunciata violazione della legge
relativa alla inderogabilità dei minimi previsti dalla tariffa professionale degli
avvocati per onorari e diritti di cui al DM 140/212.
In definitiva va accolto il primo motivo del ricorso e rigettato il secondo
motivo. Il decreto impugnato va cassato, in relazione al motivo accolto, e la
causa va rinviata alla Corte di Appello di Caltanissetta in altra composizione
anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.
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La Corte accoglie il primo motivo e rigettq, il secondo motivo del ricorso.
Cassa il decreto impugnato, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa
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pacifico il principio secondo cui la parte che intende impugnare per

Corte di_Appello_di_Caltanissetta_ in altra_coraposizione,_anche_per_il
regolamento delle spese del presente giltdi7in di cassa7ione
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della Corte Suprema di Cassazione, Sottosezione Seconda, il 5 marzo 2015.

Il Consigliere relatore

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