Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8955 del 12/04/2013
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8955 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– ricorrente 29,(
contro
Achilli Alessandro,
Achilli Barbara e Fiori
Silvana, elettivamente domiciliati in Roma Corso
Italia 19, presso lo studio dell’avvocato Ruggero
Stendardi, che li rappresenta e difende unitamente
all’Avv.to Claudia Cozzi in forza di procura
speciale a margine del controricorso
– controri correnti avverso la sentenza n. 65/10/2007 della Commissione
Tributaria regionale della Lombardia, depositata il
24/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 24/01/2013 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
uditi l’Avvocato dello Stato, Lorenzo D’Ascia, per
parte ricorrente, e l’Avv.to Ruggero Stendardi, per
parte controricorrente;
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Data pubblicazione: 12/04/2013
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Federico Sorrentino, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 65 del 24/05/2007, depositata in
data 21/06/2007, la Commissione Tributaria
Regionale della Lombardia Sez. 65 respingeva, con
condanna dell’appellante a rimborso delle spese di
dall’Agenzia delle Entrate Ufficio Milano 6,
avverso la decisione n. 318/22/2005 della
Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che
aveva accolto il ricorso di Fiori Silvana e dei
figli Achilli Alessandro ed Achilli Barbara contro
una cartella di pagamento, notificata nel marzo
2005, avente ad oggetto imposte di successione,
ipotecarie e catastali conseguenti ad un atto, non
impugnato, di rettifica, ex art.34 d.lgs. 346/1990,
della dichiarazione di successione del
de cuius
Domenico Achilli, rispettivamente marito della
Fiori e padre dei germani Barbara ed Alessandro
Achilli, deceduto il 28/12/1998, dichiarazione a
suo tempo presentata, avendo i figli ed il coniuge
rinunciato all’eredità nel giugno 1999, dalla madre
del
de cuius,
Giorgi Teresa, la quale tuttavia,
successivamente, decedeva. La C.T.P. accoglieva il
ricorso, ritenendo che i contribuenti (cui l’avviso
di liquidazione e rettifica era stato notificato,
senza essere dagli stessi impugnato), chiamati
all’eredità del de cuius, Achilli Domenico, avendo
rinunciato all’eredità, sin dal 1999, non avevano
acquistato la qualità di eredi.
La Commissione Tributaria Regionale respingeva il
gravame dell’Agenzia delle Entrate, in quanto,
ritenuto preliminarmente il
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“profilo _della
lite, l’appello proposto, in data 21/06/2007,
della richiesta dell’appellante, di
tardività”
dichiarazione di inammissibilità del ricorso
originario dei contribuenti,
“anche se esistente”,
in concreto ininfluente, ai fini del decidere, e
che, pur essendo l’Amministrazione decaduta dal
diritto di procedere alla rettifica per decorso del
termine triennale di legge, non avendo provveduto
alla valida notificazione dell’atto impositivo,
fatto seguito la cartella esattoriale), ai
contribuenti (avendo questi contestato, in ricorso,
che l’avviso, intestato a Giorni Teresa, era stato
notificato loro, pur avendo essi rinunciato anche
alla eredità di quest’ultima, presso le loro
residenze e non presso l’ultimo domicilio della de
cuius,
impersonalmente e collettivamente), nel
merito, la pretesa impositiva non poteva
“essere
legittimamente esercitata verso i rinuncianti volta
che la medesima produce effetti immediati non
consentendo l’assunzione da parte dei medesimi
della qualità di erede”
(aggiungendo che l’eredità
risultava accettata da un nipote del
de cuius,
cosicché la tesi dell’Agenzia, basata sulla
possibilità di revoca della rinuncia, entro il
termine prescrizionale di dieci anni, era del tutto
infondata).
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per
cassazione l’Agenzia delle Entrate,
quattro
motivi,
violazione
per
deducendo
e/o
falsa
applicazione di norme di diritto, ai sensi
dell’art.360 n. 3 c.p.c. (Motivo l, in relazione
all’art.57 d.lgs. 546/1992, avendo la CTR ritenuto
tardiva la richiesta dell’Agenzia di declaratoria
dell’inammissibilità del ricorso dei contribuenti,
laddove l’Ufficio già in sede di costituzione nel
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l’avviso di rettifica e di liquidazione (cui aveva
giudizio di primo grado,
riproposte
definitività
in
appello,
dell’avviso
con argomentazioni
aveva
eccepito
la
di
rettifica
e
liquidazione, regolarmente notificato ai
contribuenti e non dagli stessi impugnato, con
conseguente impossibilità di var valere vizi
diversi da quelli propri della cartella
DPR 600/1973 e 27, 2 ° comma, d.lgs. 346/1990,
dovendo ritenersi pienamente valida la notifica ai
contribuenti dell’avviso di liquidazione e
rettifica), e per difetto di motivazione, ex
art.360 n. 5 c.p.c. (Motivo 3, non avendo i giudici
tributari esaminato l’eccezione, sollevata
dall’Agenzia, circa la piena efficacia della
notifica dell’avviso di rettifica, effettuata ai
contribuenti, quali eredi sia di Achilli Domenico
sia di Giorgi Teresa, nel loro effettivo domicilio
fiscale, costituendo la notifica presso l’ultimo
domicilio del de culus una mera facoltà; Motivo 4,
non avendo la Commissione esaminato l’altra
eccezione, sollevata dall’Amministrazione
finanziaria, correlata al fatto i contribuenti,
chiamati all’eredità, erano nel possesso dei beni
ereditari, essendo residenti nell’immobile, già di
proprietà del de cuius Achilli Domenico).
Hanno resistito i contribuenti con controricorso.
Motivi della decisione
I primi due motivi, assorbenti rispetto agli altri,
sono fondati.
Questa Suprema Corte ha già avuto modo, più volte,
di rilevare (Cass. n. 12210-1995 ; n. 3865-2001; n.
11447-2002; Cass.13504 e 10659/2003) che, nel
sistema di cui all’art. 65, D.P.R. n. 600-1973, è
previsto (comma 2), a carico degli eredi del
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esattoriale; Motivo 2, in relazione agli artt.65
contribuente, un obbligo di comunicazione (del
decesso del contribuente e del nominativo degli
eredi) che è diretto (non a rendere tout court
efficace la notifica a mani di uno degli eredi di
un avviso di accertamento, il cui destinatario sia
deceduto, bensì) a consentire agli uffici
finanziari di azionare direttamente nei confronti
degli eredi stessi le obbligazioni tributarie il
alla morte del dante causa.
Alla luce di tale disposizione due sono le
possibili alternative che l’Amministrazione
finanziaria si trova di fronte qualora debba
notificare un avviso di accertamento ad un
contribuente che sia deceduto: se è stata eseguita
la comunicazione di cui all’art. 65, comma 2,
D.P.R. n. 600-1973, gli atti impositivi devono
essere notificati personalmente e nominativamente
agli eredi nel domicilio fiscale da costoro
comunicato; se, invece, tale comunicazione non sia
stata eseguita, gli atti intestati al dante causa
possono essere notificati nell’ultimo domicilio
dello stesso, ma devono essere diretti agli eredi
collettivamente e impersonalmente e tale notifica
sarà efficace nei confronti degli eredi che, almeno
trenta giorni prima, non abbiano effettuato la
comunicazione di cui sopra (art. 65, comma 4,
D.P.R. n. 600-1973). Qualora, pur in mancanza di
siffatta comunicazione, l’ufficio fosse comunque a
conoscenza del decesso, l’avviso di accertamento
intestato al contribuente deceduto è validamente
notificato collettivamente ed impersonalmente agli
eredi nell’ultimo domicilio fiscale del defunto,
risultando altrimenti l’adozione di siffatta
modalità
di
notificazione
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invero
nemmeno
cui presupposto si sia verificato anteriormente
configurabile (v. Cass., 7/4/2006, n. 8272; Cass.,
8/8/2005, n. 16699; Cass., 15/9/2003, n. 13504;
Cass., 24/8/1994, n. 7494).
Come questa Suprema Corte ha già evidenziato,
“non
si tratta di un dato puramente formale, perché esso
va ad incidere in realtà sul momento strutturale
del rapporto tributario che non è evidentemente
configurabile nei confronti di un soggetto non più
(Cass. n. 12210-1995): sicché, dal
mancato rispetto del procedimento notificatorio
predisposto dalla norma, deriva la
“nullità
assoluta ed insanabile della notifica e dell’avviso
di accertamento”
(Cass. n. 11447-2002).
Nella fattispecie, comunque è pacifico che l’avviso
di liquidazione dell’imposta è stato notificato
alla Fiori ed ai figli, a seguito del decesso della
Giorni (erede di Achilli Domenico), presso le
rispettive residenze, quali eredi della prima, e
deve ritenersi dunque valida tale notifica, operata
dall’Ufficio nel luogo (la residenza dei
destinatari) ove maggiormente era garantita la
piena conoscibilità dell’atto.
Ora,
i contribuenti,
impugnando soltanto la
cartella esattoriale loro notificata
successivamente, nel 2005, hanno eccepito anzitutto
la carenza di legittimazione passiva in ordine alla
pretesa impositiva, per avere gli stessi rinunciato
alla eredità del de
cuius
(sia dell’Achilli
Domenico sia della Giorni Teresa). L’Agenzia ha
replicato (Vedi Ricorso, pag.2), eccependo
l’inammissibilità del ricorso, in quanto, non
avendo gli stessi impugnato, tempestivamente,
l’avviso di liquidazione e di rettifica, notificato
al loro domicilio, costituente il fondamento della
pretesa impositiva, la successiva cartella di
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esistente”
pagamento poteva essere impugnata soltanto per vizi
propri, ed ha reiterato la contestazione in sede di
appello (vedi Ricorso pag.5).
In generale, questa Corte ha ripetutamente chiarito
che la cartella esattoriale di pagamento impugnata, nella specie, dalla Fiori, in proprio e
nella qualità, – soltanto quando faccia seguito ad
divenuto definitivo, si esaurisce in un’intimazione
di pagamento della somma dovuta dal contribuente,
in base all’atto di accertamento a monte, e non
integra un nuovo ed autonomo atto impositivo, con
la conseguenza che, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del
1992, art. 19, detta cartella esattoriale resta
sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non
anche per questioni attinenti all’atto di
accertamento dal quale è sorto il debito, che
restano precluse dalla definitività dell’atto
impositivo medesimo e non possono essere fatte
valere nuovamente con l’impugnazione della cartella
esattoriale di pagamento (v. Cass. 6029/02,
17937/04, 16641/11; Cass. 3274/2012; vedasi anche
Cass. 17726/2009).
Ne consegue che, essendo valida la notifica ai
contribuenti dell’avviso di liquidazione, atto non
impugnato, ed essendo stata anche ritualmente
proposta l’eccezione da parte dell’Agenzia delle
Entrate (non costituendo la stessa eccezione
nuova), il ricorso originario dei contribuenti era
inammissibile, non avendo ad oggetto vizi propri
della cartella esattoriale ma la carenza dei
presupposti della pretesa impositiva, ormai non più
contestabili.
La Corte accoglie il ricorso quanto ai primi due
motivi, cassa la sentenza impugnata, e, decidendo
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un avviso di accertamento o altro atto impositivo
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AI SEN`J.-;
N.131
nel merito, rigetta il ricorso dei con t r ibuent1/4?\TEI'”:tIRILI
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Ricorrono giusti motivi, per la compensazione
integrale tra le parti delle spese dell’intero
giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza
impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il
ricorso introduttivo dei contribuenti; dichiara
dell’intero giudizio.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Quinta sezione civile, il 24/01/2013.
l Presidente
Il Consig ere est.
interamente compensate tra le parti le spese