Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8954 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 31/03/2021, (ud. 22/09/2020, dep. 31/03/2021), n.8954

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10574/2017 proposto da:

L.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CESARE

FRACASSINI, 25, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO DOMENICO

PARLA, rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO SALVI;

– ricorrente –

contro

ANAS S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO’ 25-B (STUDIO ASSOCIATO

PESSI), presso lo studio dell’avvocato DANIELE MARIANI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 850/2016 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 20/10/2016 r.g.n. 979/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/09/2020 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che con sent. n. 850/2016, pubblicata il 20 ottobre 2016, la Corte di appello di L’Aquila, in accoglimento del gravame di A.N.A.S. S.p.A. e in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale della stessa sede, ha respinto il ricorso di L.S. volto a ottenere il pagamento delle differenze retributive conseguenti all’attribuzione, con decorrenza dal 4 luglio 2011, di un superiore livello professionale e non corrisposte dalla società per la ritenuta applicabilità del “blocco stipendiale” disposto – per gli anni 2011, 2012 e 2013 – dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 9, convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122;

– che, a sostegno della propria decisione, la Corte territoriale ha osservato: (a) che l’A.N.A.S. doveva ritenersi destinataria del “blocco”, stante la previsione di cui alla L. 31 dicembre 2009, n. 196, art. 1, comma 2 (come sostituito dal D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 5, comma 7, convertito con modificazioni dalla L. 26 aprile 2012, n. 44) e il rinvio, operato da tali norme, all’elenco ISTAT ricognitivo degli enti rientranti nel conto economico consolidato della P.A.; (b) che non era condivisibile la tesi, per la quale il “blocco” sarebbe stato applicabile ai soli casi di progressione automatica degli stipendi (senza mutamento di mansioni), poichè l’art. 9, da un lato, faceva riferimento alle “progressioni di carriera comunque denominate” e, dall’altro, disponeva la cristallizzazione del trattamento retributivo spettante al 2010 esclusivamente in ragione della qualità soggettiva del datore di lavoro, senza consentire valutazioni di altro genere;

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore, affidandosi a due motivi, cui ha resistito la società con controricorso;

– che entrambe le parti hanno depositato memoria.

Rilevato:

che con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 9, commi 1 e 21, convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, per avere la Corte di appello erroneamente esteso il “blocco” degli scatti retributivi e degli stipendi, conseguenti a progressioni di carriera comunque denominate, anche al personale di A.N.A.S. S.p.A., nonostante che dell’art. 9, comma 21, a differenza del comma 1 della stessa disposizione, non contenesse alcun richiamo alle “amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione”, come individuate dall’ISTAT ai sensi della L. n. 196 del 2009, art. 1;

– che con il secondo motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 78 del 2010, art. 9, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. n. 122 del 2010, per non avere il giudice di appello considerato che la fattispecie dedotta in giudizio era quella del “conseguimento di funzioni diverse”, essendo state effettivamente assegnate al ricorrente mansioni superiori all’esito di una selezione interna diretta a ricoprire un posto vacante, e cioè una fattispecie espressamente esclusa dal “blocco” del trattamento economico, ai sensi dell’art. 9, comma 1, e non sovrapponibile alle “progressioni di carriera comunque denominate”;

osservato:

che il primo motivo è infondato;

– che questa Corte ha già precisato, in fattispecie analoga alla presente, che “In tema di pubblico impiego contrattualizzato, il congelamento triennale degli aumenti retributivi, delle progressioni di carriera e degli scatti di anzianità, da computarsi al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, introdotto, per il triennio 2011-2013, dal D.L. n. 78 del 2010, art. 9, comma 21, conv. dalla L. n. 122 del 2010, in quanto misura volta al contenimento e alla razionalizzazione della spesa pubblica, è applicabile anche ai dipendenti appartenenti alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi della L. n. 196 del 2009, art. 1, comma 3 (Nella specie, la S.C. ha riformato la decisione di merito che aveva riconosciuto il diritto alla progressione automatica, per il suddetto triennio, a dirigenti dell’ANAS, società partecipata al 100% dallo Stato: Cass. n. 6264/2019);

– che risulta infondato anche il secondo motivo;

– che al riguardo si deve, infatti, osservare come dell’art. 9, comma 1, nell’escludere dal “blocco” del trattamento economico il conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno, faccia salvo “in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate” (e cioè “la sterilizzazione degli effetti economici, ma la conservazione degli effetti giuridici” di esse: cfr. Cass. n. 6264/2019);

– che, d’altra parte, l’espressione “progressioni di carriera comunque denominate”, identicamente ripetuta dell’art. 9, commi 1 e 21, lascia chiaramente intendere di voler includere nel proprio campo di applicabilità qualsivoglia fattispecie di avanzamento nella carriera (e non solo ipotesi connotate da automaticità); con la conseguenza che è da condividersi la lettura che della norma ha offerto la Corte di merito, in quanto conforme sia al criterio interpretativo del significato proprio delle parole in essa adoperate, sia a., quello dell’intenzione del legislatore, il quale si è proposto, attraverso le misure adottate con il D.L. n. 78 del 2010, obiettivi di generale contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica (cfr. ancora, per un’ampia analisi del disegno legislativo, Cass. n. 6264/2019);

ritenuto:

conclusivamente che il ricorso deve essere respinto;

– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese dei presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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