Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8950 del 19/04/2011
Cassazione civile sez. II, 19/04/2011, (ud. 02/02/2011, dep. 19/04/2011), n.8950
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
L.L., rappresentato e difeso, in forza di procura
speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Salerno Giuseppe,
elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Patrizia
Staffiere in Roma, circonvallazione Ostiense, n. 114;
– ricorrente –
contro
C.M.;
– intimato –
avverso la sentenza del Tribunale di Foggia, sezione distaccata di
Trinitapoli, n. 11 del 28 gennaio 2009.
Udita, la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
2 febbraio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
sentito l’Avv. Settimio Catalisano, per delega dell’Avv. Giuseppe
Salerno;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso: “nulla osserva”.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
Che il consigliere designato ha depositato, in data 7 dicembre 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.: “Con sentenza in data 15 giugno 2005, il Giudice di pace di Trinitapoli, in accoglimento della domanda promossa da L. L., condannava C.M. a cessare immediatamente dalla immissione di rumori intollerabili prodotti dalle attrezzature (trapano a colonna, mola troncatrice a nastro per ferro, compressore a pistone, pantografo per alluminio, fresa per alluminio o intestatrice, troncatrice per alluminio, flex o smerigliatrice portatile, martello) impiegate per lo svolgimento dell’attività di fabbro e di cessare immediatamente dalle immissioni di esalazioni derivanti da lavori di saldatura o verniciatura e comunque da qualsiasi uso di sostanze chimiche; condannava, altresì, il convenuto al risarcimento del danno, quantificato in Euro 1.000.
Il Tribunale di Foggia, sezione distaccata di Trinitapoli, con sentenza in data 28 gennaio 2009 ha accolto l’appello, dichiarando il difetto di legittimazione passiva del C. e pertanto rigettando la domanda dell’attore.
Il Tribunale ha rilevato che l’interesse dell’attore non è solo quello di inibire le immissioni moleste al C., attuale detentore dell’immobile, bensì di inibire le immissioni moleste derivanti dall’attività artigianale di fabbro a chiunque voglia svolgere tale attività, sia esso il proprietario dell’immobile o un suo avente causa (tanto più che la richiesta tendente ad ottenere da parte delle autorità comunali l’autorizzazione di agibilità della costruzione con destinazione a laboratorio artigianale fu formulata con esito positivo dal proprietario dell’immobile).
Il Tribunale ha quindi ritenuto che l’azione inibitoria, nel caso di specie, ha natura reale, rientrando nello schema dell’actio negatoria servitutis, e deve essere proposta contro il proprietario, mirando ad ottenere un divieto definitivo delle immissioni.
Per la cassazione della sentenza del Tribunale il L. ha proposto ricorso, con atto notificato l’8 marzo 2010, sulla base di quattro motivi.
L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 844 cod. civ.. Il Tribunale – si sostiene nel quesito conclusivo – avrebbe errato nel ritenere che l’azione inibitoria, nel caso di specie, fosse esperibile solo nei confronti del proprietario dell’immobile e non nei confronti del detentore del bene o del locatario, in quanto autore delle immissioni eccedenti la normale tollerabilità, nonostante non fossero state richieste modifiche strutturali dell’immobile ma solo la cessazione della produzione di immissioni sonore e chimiche non tollerabili.
Il motivo è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2^, 12 luglio 2006, n. 15871), nell’ipotesi in cui le immissioni di cui all’art. 844 cod. civ. siano causate dal locatario del fondo contiguo la domanda va proposta nei confronti del proprietario quando contenga una pretesa rivolta all’accertamento negativo del diritto di servitù (servitù di immissione cd. immateriale, come ad es. “fumi immittendi”), oppure comporti una richiesta di modificazione dello stato dei luoghi;
altrimenti, qualora l’azione sia diretta alla mera rimozione di una situazione lesiva o a fare cessare un’attività ed abbia, dunque, natura personale, legittimato passivo è soltanto il locatario quale autore delle immissioni.
Da questo principio il Tribunale si è discostato, non considerando che – come emerge dalla stessa lettura delle conclusioni rassegnate con l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado – l’attore non ha inteso affatto inibire l’attività di fabbro nell’immobile, ma solo le immissioni moleste arrecate dal C., il quale, pertanto, aveva il potere giuridico necessario per far cessare direttamente ed immediatamente il fatto illecito dallo stesso personalmente posto in essere; l’attore, inoltre, non ha chiesto l’imposizione di modifiche strutturali all’immobile, ma solo l’adozione di accorgimenti tecnici limitatamente ai macchinari e alle attrezzature utilizzati dal solo conduttore.
L’accoglimento del primo mezzo assorbe l’esame delle altre censure.
Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”.
Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;
che, pertanto, il ricorso deve essere accolto;
che la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, al Tribunale di Foggia, in persona di diverso magistrato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri;
cassa la sentenza impugnata e rinvia. la causa, anche per le spese, al Tribunale di Foggia, in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2011