Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8950 del 06/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 06/04/2017, (ud. 15/02/2017, dep.06/04/2017),  n. 8950

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25240-2012 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– ricorrente –

contro

C.G. C.F. (OMISSIS), L.R. C.F. (OMISSIS),

S.D. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZA

COLA DI RIENZO 68, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO CANCILLA

MIDOSSI, che le rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2769/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/05/2012 R.G.N. 6727/2011.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 10.5.2012 la Corte di Appello di Roma, respingendo l’impugnazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) ha accertato l’illegittimità del termine apposto ai contratti a tempo determinato stipulati, in successione, con C.G., L.R., S.D. (lavoratrice della scuola) e, per l’effetto, ha confermato la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno pari, rispettivamente, a quattro e cinque mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita.

che avverso tale sentenza il MIUR ha proposto ricorso affidato a un motivo, al quale hanno opposto difese le lavoratrici con controricorso e con successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che, con il primo motivo, il Ministero ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione di plurime disposizioni di legge nonchè della direttiva 99/70/CE rilevando la specialità e la compatibilità del sistema italiano di reclutamento scolastico con la normativa comunitaria, con conseguente inapplicabilità della disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 368 citato nonchè insussistenza di abusi nella reiterazione di supplenze (sia annuali che temporanee) in considerazione della necessità di assicurare la continuità del servizio scolastico;

che ritiene il Collegio si debba accogliere il ricorso perchè, come affermato da questa Corte (cfr. ex multis Cass. n. 26170/2016), per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, (sentenza n. 187/2016) e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999, è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 4 citato, prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico (c.d. organico di diritto), sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi;

che, inoltre, nessuna delle parti è stata in grado di precisare quale sia la posizione giuridica attuale delle ricorrenti, ossia se le stesse siano state o meno immesse nei ruoli per effetto del meccanismo del c.d. doppio canale ovvero dei piani di assunzione previsti dagli interventi normativi richiamati di cui alla L. n. 107 del 2015;

che si impone, pertanto, l’accertamento di fatto del tipo di supplenza espleta, ai fini della decisione della controversia, perchè la reiterazione deve ritenersi abusiva ove protratta oltre il limite dei trentasei mesi e finalizzata alla copertura di posti vacanti della pianta organica, mentre la stabilizzazione del rapporto, seppure avvenuta in corso di causa, deve ritenersi misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione”;

che, viceversa, in caso di mancata immissione in ruolo, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016 (ud. punto 123 di Cass. 22552/2016).

che i suddetti accertamenti debbono essere, dunque, demandati al giudice di merito, che, all’esito, statuirà sulle domande proposte dalle lavoratrici, attenendosi ai principi di diritto enunciati e pronunciando anche sulle spese del giudizio di legittimità.

che non sussistono la condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 15 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2017

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