Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 895 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 20/01/2021), n.895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10533-2020 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato presso l’avv. ANTONIO FIORE

dal quale è rappres. e difeso, con procura speciale allegata al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, in VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto R.G. 20335/2019 del TRIBUNALE di BOLOGNA,

depositato il 14/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/10/2020 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO

CAIAZZO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con ricorso depositato il 9.12.19, M.M., cittadino del Bangladesh, propose ricorso avverso il provvedimento della Commissione territoriale di diniego dell’istanza di riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria che il Tribunale di Bologna ha rigettato, con decreto del 14.3.2020, osservando che: una precedente istanza di protezione internazionale ed umanitaria proposta dal ricorrente era stata respinta e non impugnata, avendo la Commissione territoriale ritenuto che i fatti narrati dal M. (il quale aveva riferito di essere stato ingiustamente accusato di aver appiccato il fuoco ad alcuni negozi del mercato di (OMISSIS), e di temere ritorsioni da parte dei parenti del giovane arrestato il quale a sua volta aveva dichiarato che lo stesso ricorrente era stato suo complice per vendicarsi del rifiuto di concedergli un prestito) non fossero riconducibili alle fattispecie di protezione internazionale ed umanitaria; non sussisteva, dunque, un grave pericolo per l’incolumità del ricorrente in caso di rimpatrio; il ricorrente non aveva impugnato la pronuncia di rigetto della precedente domanda, proponendone una nuova, con la quale è stata anche chiesta la remissione in termini in ordine al primo diniego, ciò che dimostrerebbe la volontà d’impugnare anche il primo provvedimento di rigetto dell’istanza di protezione internazionale; la richiesta di remissione in termini relativa al primo ricorso per l’asserita omessa traduzione era infondata poichè la presentazione di domanda reiterata costituiva prova della conoscenza del primo provvedimento; dalle fonti esaminate non si desumeva la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato nella regione di provenienza del ricorrente; non era infine riconoscibile la protezione umanitaria, la cui domanda era successiva all’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, per l’insussistenza dei relativi presupposti.

Il M. ricorre in cassazione con unico motivo.

Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

RITENUTO

CHE:

L’unico motivo di ricorso denunzia la violazione ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 35bis, 29 e 8, in ordine ai presupposti della protezione internazionale e umanitaria, in quanto il Tribunale, richiamando la valutazione espressa dalla Commissione territoriale, non ha assunto specifiche ed aggiornate informazioni sul paese d’origine del ricorrente circa il rischio concreto di subire, in caso di rimpatrio, un danno grave causato da soggetti diversi dallo Stato, omettendo pertanto il suo dovere di cooperazione istruttoria.

Al riguardo, il ricorrente si duole del fatto che il Tribunale non abbia tenuto conto, in ordine alla valutazione del rischio gravante sulla sua incolumità nel caso di rimpatrio, delle condizioni dell’ordinamento giuridico del Bangladesh, in cui era diffusa la corruzione, con la conseguente impossibilità di ricevere adeguata tutela dalle Autorità statuali.

Il motivo è inammissibile. Va preliminarmente osservato che, in tema di protezione internazionale, i “nuovi elementi”, alla cui allegazione il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, lett. b), subordina l’ammissibilità della reiterazione della domanda di tutela, possono consistere, oltre che in nuovi fatti di persecuzione (o comunque in nuovi fatti costitutivi del diritto) successivi al rigetto della domanda da parte della competente commissione, anche in nuove prove dei medesimi fatti costitutivi, purchè il richiedente non abbia potuto, senza sua colpa, produrle in precedenza in sede amministrativa o in quella giurisdizionale, mediante l’introduzione del procedimento di cui all’art. 35, D.Lgs. citato (Cass., n. 18440/19).

Nel caso concreto, va anzitutto rilevato, in ordine alla remissione in termini, che il ricorrente non ha allegato la mancanza di colpa sulla mancata produzione di nuove prove nel precedente procedimento, ma si è limitato a formulare una (nuova) ordinaria domanda di protezione internazionale ed umanitaria, senza alcun riferimento a quella precedente respinta dal Tribunale e non impugnata; per cui il Tribunale ha rettamente limitato la decisione alla sussistenza delle condizioni di sicurezza nel caso di rimpatrio.

Premesso ciò, il motivo non censura il profilo della qualificazione del (secondo) ricorso come domanda reiterata che limita il sindacato alla sicurezza nel rimpatrio, investendo pertanto inammissibilmente ipotesi di protezione e accertamenti che si collocano al di fuori della domanda reiterata. Al riguardo, il ricorrente avrebbe potuto formulare critiche sul diniego delle richieste protezioni esclusivamente nell’ambito della domanda reiterata, solo in ordine a fatti nuovi, che il Tribunale non ha esaminato. E’ dunque mancata la doglianza afferente alla qualificazione della domanda quale reiterata e alla ritenuta illegittimità della rimessione in termini, che avrebbe consentito di esprimere critiche sulla sussistenza dei presupposti delle protezioni internazionale ed umanitaria. Nulla per le spese, poichè il Ministero dell’Interno non ha depositato il controricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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