Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8945 del 14/05/2020

Cassazione civile sez. lav., 14/05/2020, (ud. 30/05/2019, dep. 14/05/2020), n.8945

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12582/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. –

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, CARLA

D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO;

– ricorrenti –

contro

T.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AGOSTINO

DEPRETIS, 86, presso lo studio dell’avvocato SERENA FANTINELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato DEBORA RASCHINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 385/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 07/05/2013 R.G.N. 799/2010.

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Bologna, con sentenza depositata in data 7.5.2013, ha respinto il gravame interposto dall’INPS, in proprio e quale procuratore speciale della società di cartolarizzazione dei propri crediti S.C.C.I. S.p.A., nei confronti di T.D., avverso la pronunzia del Tribunale di Piacenza n. 37/2008, con la quale era stata annullata la cartella esattoriale opposta, avente ad oggetto la somma di Euro 2.289,46, da corrispondere all’INPS a titolo di omessi contributi alla gestione commercianti e relative sanzioni, previo accertamento della insussistenza del credito vantato, in quanto l’attività svolta dal T., in via prevalente, era quella di amministratore della Praline S.r.l., avente ad oggetto la gestione di esercizi commerciali (bar, ristoranti, alberghi, pasticcerie), per la quale lo stesso era già iscritto alla gestione separata ai sensi della L. n. 335 del 1995;

che la Corte di merito, per quanto ancora di rilievo in questa sede, ha osservato che, “essendo possibile la coesistenza di una duplice iscrizione in gestioni diverse, tale possibilità impone l’esigenza di verificare la sussistenza in concreto dei presupposti necessari per l’iscrizione alla c.d. Gestione Commercianti e della conseguente debenza dei contributi oggetto della richiesta da parte dell’INPS, con la precisazione che proprio l’Istituto è onerato della relativa prova. Tale accertamento deve essere fatto sulla base del disposto di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, che, per il socio di S.r.l., prevede la necessità della sua partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza”, ed altresì che “l’appello non ha potuto trovare accoglimento, perchè l’appellante non ha fornito prova alcuna della sussistenza nel caso di specie dei requisiti normativamente richiesti per la pretesa iscrizione obbligatoria alla Gestione Commercianti da parte del T.”;

che per la cassazione della sentenza ricorre l’INPS, in proprio e quale procuratore speciale della società di cartolarizzazione dei propri crediti S.C.C.I. S.p.A., articolando un motivo, cui resiste con controricorso T.D.;

che sono state comunicate memorie, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nell’interesse del T.;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso, si censura, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208, così come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. in L. n. 122 del 2010, in relazione all’art. 2697 c.c., ed in particolare, si deduce che la conclusione cui è pervenuta la Corte di merito non può condividersi, in quanto porrebbe in essere una inaccettabile commistione tra le funzioni di amministratore di una S.r.l. e l’attività dello stesso socio lavoratore all’interno della medesima società, senza considerare che, nel caso di specie, il problema è quello di stabilire quando l’attività prestata sia riferibile alla carica di amministratore, per la quale l’obbligo assicurativo sussiste verso la gestione separata, di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 e quando, invece, integri una prestazione d’opera, come tale assoggettabile all’obbligo assicurativo verso la gestione commercianti, a condizione della compresenza dei requisiti previsti della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203;

che il motivo non è fondato; ed invero, la Corte di merito – premesso che le S.U. della Suprema Corte, con la sentenza n. 3240/2010, “intervenute sulla problematica del rapporto tra la regola di concorrenza e non esclusività prevista dalla gestione separata e la regola di unicità e prevalenza stabilita dalla legge sulla gestione commercianti, aderiscono alla tesi dell’unicità, secondo la quale, nel concorso tra attività operativa e posizione di amministratore, al socio amministratore di s.r.l. si applica l’obbligo di iscrizione in un’unica gestione, ovvero quella relativa all’attività prevalente” – sottolinea che il disposto del D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. in L. n. 122 del 2010, non abbia, in realtà, determinato il totale superamento dei principi di cui alla citata sentenza e, soprattutto, non abbia introdotto ipso facto l’obbligatorietà dell’iscrizione anche alla Gestione Commercianti per il soggetto che svolga personalmente sia attività lavorativa in azienda, sia attività di amministratore di quest’ultima;

che, come condivisibilmente osservato dai giudici di merito, per effetto di tale norma, non è più necessario stabilire se, in applicazione della L. n. 662 del 1996, comma 208, sia prevalente l’attività professionale prestata quale amministratore o l’attività di lavoro aziendale prestata come socio, perchè, alla stregua dello ius superveniens, il principio di prevalenza previsto dal comma 208 è formulabile soltanto con riferimento all’esercizio in forma di impresa di più attività autonome e, al di fuori di tale ipotesi, vige il principio generale in base al quale colui che esercita più attività assoggettate a contribuzione deve iscriversi a tutte le gestioni e versare ad ognuna i relativi contributi; e, pertanto, “essendo possibile la coesistenza di una duplice iscrizione in gestioni diverse, tale possibilità impone l’esigenza di verificare la sussistenza in concreto dei presupposti necessari per l’iscrizione alla c.d. Gestione Commercianti e della conseguente debenza dei contributi oggetto della richiesta da parte dell’INPS, con la precisazione che proprio l’Istituto è onerato della relativa prova. Tale accertamento deve essere fatto sulla base del disposto di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, che, per il socio di S.r.l., prevede la necessità della sua partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza”;

che non si configurano le censure sollevate dall’Istituto ricorrente, in quanto i giudici di seconda istanza hanno precisato che, anche se la citata sentenza n. 3240/2010 ha fornito una interpretazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, successivamente disattesa dalla menzionata norma di interpretazione autentica, non può, comunque, escludersi la persistenza della validità di quanto ulteriormente affermato in tale pronunzia relativamente agli elementi che valgono a distinguere per il socio l’attività di amministratore da quella di partecipazione personale e prevalente (rispetto agli altri fattori produttivi) al lavoro aziendale, “visto che l’obbligo di iscrizione alla c.d. Gestione Commercianti, anche sulla base della norma di interpretazione autentica, sorge solo se si accerta in concreto la partecipazione personale di tale socio al lavoro aziendale con carattere di abitualità ed in misura preponderante rispetto agli altri fattori produttivi” (cfr., ex plurimis, e di recente, Cass. nn. 18281/2019; 10426/2018);

che, pertanto, la Corte territoriale è pervenuta alla decisione oggetto del presente giudizio uniformandosi agli ormai consolidati arresti giurisprudenziali della Suprema Corte nella materia, del tutto condivisi da questo Collegio, che non ravvisa ragioni per discostarsene – ed ai quali, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., fa espresso richiamo (cfr., in particolare e tra le molte, Cass. nn. 5210/2017; 3835/2016) -, secondo cui “il presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla Gestione Commercianti è lo svolgimento di un’attività commerciale”, conformemente a quanto previsto dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, che ha sostituito il testo della L. n. 160 del 1975, art. 29, in materia di requisiti previsti per ritenere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali; per cui, con riferimento alle società, non è sufficiente la qualità di amministratore a far sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo, appunto, necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza;

che è compito del giudice di merito accertare la sussistenza dei requisiti di legge per tale coesistenza ed altresì l’assolvimento dell’onere probatorio a carico dell’Istituto previdenziale, “ai cui finì assumono rilevanza la complessità dell’attività, la presenza di dipendenti o collaboratori, la loro qualifica e le mansioni svolte” (cfr., per tutte, Cass. n. 8613/2017);

che, esaminate le risultanze probatorie, la Corte territoriale ha concluso che “l’appello non ha potuto trovare accoglimento, perchè l’appellante non ha fornito prova alcuna della sussistenza nel caso di specie dei requisiti normativamente richiesti per la pretesa iscrizione obbligatoria alla Gestione Commercianti da parte del T.”;

che, per tutto quanto innanzi esposto, il ricorso va respinto;

che le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2020

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