Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8939 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 31/03/2021), n.8939

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33467-2019 proposto da:

TECNOEDIL SRL, AUTO SMA SRL, in persona dei legali rappresentanti pro

tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA QUINTO AURELIO

SIMMACO 7 – OSTIA LIDO -, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

NERI, che le rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona del suo Amministratore pro tempore,

elettivamente domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa

dall’Avvocato SECCHI ALBERTO CARLO FILIPPO;

– controricorrente –

e ricorrente incidentale

e contro

P.M.A.;

– intimata –

avverso l’ordinanza n. 21257/2019 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 09/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

GRASSO.

 

Fatto

RITENUTO

che la vicenda, per quel che ancora rileva d’utile in questa sede, può riassumersi nei termini seguenti:

– questa Corte con ordinanza n. 21257/2019 rigettò il ricorso proposto da Tecnoedil s.r.l. e Autosema s.r.l. contro la sentenza d’appello, che aveva dichiarato inammissibile l’appello, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., proposto dai ricorrenti avverso la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato l’inefficacia nei confronti degli attori (Condominio (OMISSIS) e P.M.A.), ex art. 2901 c.c., di una vendita immobiliare effettuata dalla prima società in favore della seconda;

– con il ricorso qui al vaglio, ulteriormente illustrato da memoria, la Tecnoedil e l’Autosema chiedono la revocazione della sentenza di questa Corte, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., e art. 395 c.p.c., n. 4, in sintesi, sulla base di quanto segue:

– espongono che la proposta formulata dal relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., era affetta da vizio revocatorio, giacchè non sussisteva l’ipotizzato difetto di specificità del ricorso, poichè “con l’appello erano stati dedotti due errori di diritto, la cui sussistenza non aveva motivo di una specifica motivazione”; nè era dato invocare, siccome aveva fatto, errando, il relatore, la infondatezza nel merito, in quanto la pretesa inammissibilità avrebbe dovuto ostare al vaglio di merito;

– la decisione di questa Corte, avendo riportato pedissequamente la proposta del relatore, era incorsa nello stesso vizio revocatorio, dimostrando, inoltre, di non avere letto la memoria, depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è palesemente inammissibile per radicale mancanza dei presupposti dell’invocata revocazione, valendo quanto segue:

a) in primo luogo deve cogliersi l’occasione per precisare in diritto che: “l’art. 380 bis c.p.c., assegna struttura di mero atto interno alla proposta del relatore, diretta esclusivamente al presidente, perchè venga fissata l’adunanza camerale, nel caso in cui appaia possibile definire il giudizio “ai sensi dell’art. 375, comma 1, nn. 1) e 5)” (il caso della cd. evidenza decisoria), nel mentre la comunicazione di una tale proposta alle parti costituisce una mera prassi curiale di cortesia; ciò a differena del testo precedente (all’ultima riforma, operata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. c.), il quale, oltre a imporre compiuta struttura alla relazione (concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto e in diritto, sulla base dei quali si reputa decidibile la causa in camera di consiglio), assegnava alla proposta rilevanza esterna, sia pure, sia chiaro, sempre interinale e non decisoria”;

b) da quanto sopra consegue la radicale inammissibilità dello strumento della revocazione diretto nei confronti della proposta di cui all’art. 380 bis c.p.c.;

c) deve, di poi, formularsi il seguente principio di diritto: “giammai può porsi a base dell’istituto di cui al combinato disposto dell’art. 391 bis c.p.c., e art. 395 c.p.c., n. 4, l’asserito omesso esame della memoria, depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., in quanto, in disparte dall’ingiustificatamente apodittica asserzione, è di tutta evidenza che, nel solo caso in cui la memoria, piuttosto che costituire, come di regola, mero strumento d’approfondimento delle questioni di diritto poste col ricorso o con il controricorso, senza poter introdurre nuove e tardive allega ioni, veicoli mutamenti normativi, sentenze della Corte Cost. dei quali la Corte deve tener conto, senza che valgano le preclusioni, risulta necessaria espressa disamina”;

d) come risulta dalla sintesi di cui sopra, il preteso errore di fatto nel quale sarebbe incorso il Giudice di legittimità, a prescindere da ogni valutazione in ordine alla correttezza della ricostruzione giuridica propugnata dalle ricorrenti, risulta ontologicamente non assimilabile all’errore di fatto di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, richiamato tassativamente dall’art. 391 bis c.p.c.;

e) l’errore di fatto revocatorio ricorre, come risulta dalla piana descrizione normativa, “quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita” e certamente tale non può considerarsi una argomentazione giuridica, sia pure, se del caso erronea, perchè sorretta dal richiamo a un principio di diritto impropriamente evocato;

f) da ciò deriva che l’errore contemplato dalla disposizione deve annidarsi in una oggettiva disposizione da parte del Giudice di legittimità della ricostruzione fattuale siccome operata dalla sentenza d’appello o rappresentata dai documenti esaminabili (allorquando la Cassazione è eccezionalmente giudice del fatto);

g) le ricorrenti, in definitiva, piuttosto platealmente, si dolgono dello scrutinio dei motivi di ricorso, di talchè evidente risulta l’inammissibilità del mezzo, il quale non costituisce strumento d’impugnazione o revisione delle valutazioni giuridiche della Corte di cassazione, avendo questa Corte reiteratamente avuto modo di chiarire che il combinato disposto dell’art. 391 bis c.p.c., e dell’art. 395 c.p.c., n. 4, non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione; nè, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicchè non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione, considerato anche che, quanto all’effettività della tutela giurisdizionale, la giurisprudenza Europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonchè l’ordinata amministrazione della giustizia (Sez. U, n. 8984, 11/04/2018, Rv. 648127; cfr., anche, Sez. U., n. 30994, 27/12/2017; Sez. 6, n. 14937, 15/6/2017);

considerato che le ricorrenti vanno condannate a rimborsare le spese in favore del controricorrente, tenuto conto del valore, della qualità della causa e delle attività svolte, siccome in dispositivo;

che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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