Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8936 del 31/03/2021
Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 02/02/2021, dep. 31/03/2021), n.8936
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Presidente –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13679-2020 proposto da:
R.S., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE UNIVERSITA’
11, presso lo studio dell’avvocato EMILIANO BENZI, rappresentato e
difeso dall’avvocato ALESSANDRA BALLERINI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE
INTERNAZIONALE DI (OMISSIS), PUBBLICO MINISTERO;
– intimati –
avverso il decreto n. cron. 1921/2020 del TRIBUNALE di TORINO,
depositato il 29/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 02/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO
TERRUSI.
Fatto
RILEVATO
che:
R.S., nigeriano, ricorre per cassazione contro il decreto del tribunale di Torino che gli ha negato la protezione internazionale;
il Ministero dell’Interno ha depositato un semplice atto di costituzione.
Diritto
CONSIDERATO
che:
I. – col primo mezzo il ricorrente deduce l’erronea o carente motivazione della decisione per mancato esercizio dell’istruttoria d’ufficio, in violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14, e del D.Lgs. citato, artt. 10 e 16; a suo dire la situazione di violenza generalizzata avrebbe dovuto considerarsi esistente ai fini della protezione sussidiaria;
il motivo è inammissibile;
il tribunale ha ben ricostruito la situazione interna della Nigeria con specifico riferimento alla zona di provenienza del richiedente, ed è giunto motivatamente alla diversa conclusione di inesistenza di uno stato di violenza generalizzata da conflitto armato;
l’affermazione, corredata da riferimenti a fonti conoscitive attuali, integra un accertamento di fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito e insindacabile in questa sede;
II. – col secondo e col terzo mezzo il ricorrente si duole del diniego di protezione umanitaria;
denunzia rispettivamente: (i) la violazione dell’art. 2 Cost., e del Patto internazionale sui diritti civili e politici, art. 11, in relazione agli artt. 5 e 19 t.u. imm., e al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32, lamentando che il tribunale non abbia rettamente considerato la deduzione di un percorso di integrazione completo, attestato da corsi professionali, servizi di volontariato e documentazione lavorativa; e che non abbia tenuto conto dell’esperienza di vita avuta in Libia, paese di transito, ove egli era stato costretto a vivere in condizioni inumane e degradanti; (ii) la violazione o falsa applicazione dell’art. 3 CEDU, e degli artt. 5 e 19 t.u. imm., visto che non può respingersi lo straniero che si venga a trovare, per ciò stesso, al rischio di sottoposizione a tortura o a pene o trattamenti crudeli e degradanti;
III. – i suddetti motivi, connessi, sono inammissibili; il tribunale di Torino ha esplicitamente affermato che la domanda di protezione umanitaria era stata basata sulla vicenda personale e sul processo di integrazione;
nessun accenno risulta però a dichiarazioni circa l’avvenuta segregazione in Libia, nè alle conseguenze ipoteticamente da ciò derivate;
a tal riguardo il ricorso non soddisfa il fine di autosufficienza, non emergendo in qual modo e quando una simile condizione sia stata dedotta;
IV. – in ordine invece alle ragioni della domanda, il tribunale ha osservato che la vicenda personale non era credibile e che l’integrazione era stata dedotta in modo generico, con prove inadeguate a rendere effettivo il livello raggiunto, ferma la sua insufficienza, da sola, a integrare la condizione di vulnerabilità;
sul primo punto (non credibilità della vicenda personale) il decreto non risulta censurato;
sul secondo, la critica del ricorrente è genericamente attestata sull’esistenza di un percorso di integrazione in atto, asseritamente comprovato da non meglio precisata “documentazione lavorativa”;
V. – per converso deve ribadirsi che la protezione umanitaria richiede una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia isolatamente e astrattamente considerato (Cass. Sez. U n. 29459-19);
ciò sta a significare che il giudice del merito deve infine operare una comparazione che tenga conto della specificità dei fatti allegati e, quanto alle condizioni di integrazione, finanche provati; cosa che il tribunale ha fatto motivatamente esprimendo una valutazione di merito, non contrastante con la giurisprudenza di questa Corte;
VI. – l’atto di costituzione dell’avvocatura dello Stato non costituisce controricorso, per cui non devesi provvedere sulle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021