Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8934 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. II, 31/03/2021, (ud. 07/01/2021, dep. 31/03/2021), n.8934

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24700/2019 proposto da:

B.F., elettivamente domiciliato in Petilia Policastro (KR)

via Arringa n. 60, presso lo studio dell’avv.to GIOVANBATTISTA

SCORDAMAGLIA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

PROCURA DELLA REPUBBLICA CATANZARO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1140/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 30/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/01/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza pubblicata il 30 maggio 2019, respingeva il ricorso proposto da B.F., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Catanzaro aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. La Corte d’Appello preliminarmente riteneva non necessario procedere all’audizione del richiedente la protezione internazionale, non essendo state prospettate esigenze specifiche che potessero eventualmente comportare la necessità di una nuova audizione.

Il richiedente dinanzi la commissione territoriale aveva dichiarato che il padre era un soldato e che lavorava con l’esercito pakistano e che per tale ragione con la sua famiglia si erano trasferiti a (OMISSIS). Il (OMISSIS) durante un blitz contro dei terroristi il padre era stato ucciso. Il governo, a quel punto, aveva tolto la casa alla famiglia e il (OMISSIS) la scuola in cui egli studiava era stata attaccata da terroristi che avevano sparato prima ad alcuni insegnanti e poi anche ai bambini. Il richiedente per paura si era nascosto in bagno e aveva sentito due esplosioni e degli spari e i soldati pakistani lo avevano trovato nel bagno e lo avevano portato a casa dove il richiedente aveva raccontato l’accaduto alla madre la quale per il timore del pericolo aveva deciso di farlo espatriare tramite un conoscente.

Secondo la Corte d’Appello le dichiarazioni non erano credibili in quanto del tutto generiche, sicchè doveva escludersi la sussistenza di concreto di elementi sulla cui base poter riconoscere all’appellante lo status di rifugiato politico o la protezione sussidiaria con riferimento alle previsioni di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

La Corte d’Appello rigettava anche il motivo relativo al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c). Secondo la Corte d’Appello nonostante la situazione del Pakistan fosse caratterizzata da un alto livello di stabilità non vi era tuttavia un rischio così elevato per la vita o l’incolumità delle persone, dovendo escludersi l’esistenza di un conflitto armato in atto e comunque l’esistenza di un rischio così elevato da costituire una minaccia individuale per il richiedente.

Infine, la Corte d’Appello rigettava anche il motivo di impugnazione relativo alla mancata concessione della protezione umanitaria, sia perchè non emergevano concreti indici soggettivi tale da comportare un rischio nel caso di rientro in Pakistan anche in ragione della ritenuta non credibilità del racconto. Inoltre, non era stata allegata alcuna ragione di vulnerabilità tale da rendere necessario procrastinare il rientro nel paese di origine per evitare il rischio di compromissione di diritti e bisogni inviolabili.

3. B.F. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di tre motivi di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, con riferimento ai profili di credibilità, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 1, lett. e).

La censura attiene alla ritenuta non credibilità del racconto nonostante lo stesso fosse dettagliato in tutti i suoi aspetti ed anche supportati dalla produzione del certificato di nascita e del tesserino scolastico.

2 il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 5, art. 14, comma 1, lett. c), in riferimento alla protezione sussidiaria.

La censura attiene all’erronea valutazione della situazione del Pakistan e in particolare a (OMISSIS). In tal senso il ricorrente richiama fonti qualificate dalle quali emerge una situazione di forte instabilità. La corte d’appello pertanto non avrebbe valutato adeguatamente le circostanze relative alla situazione del Pakistan anche in relazione alle dichiarazioni del richiedente.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, per mancata comparazione tra integrazione sociale e condizione personale del richiedente.

La censura attiene al rigetto della domanda di protezione umanitaria nonostante il richiedente avesse compiuto ogni ragionevole sforzo per l’inserimento e per aver svolto attività lavorative anche in relazione al paese di origine gravemente compromesso quanto alle situazioni politico sociali ed economiche. Il richiedente ha prodotto dalla documentazione tra cui un contratto a tempo di tempo indeterminato in qualità di lavapiatti ha solo 23 anni ha lasciato il Pakistan quando ne aveva 19 e in caso di rientro vedrebbe gravemente compromesso tutto il suo percorso lavorativo.

4. I tre motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili.

Quanto alla valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente, essa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549).

La critica formulata nei motivi costituisce, dunque, una mera contrapposizione alla valutazione che la Corte d’Appello ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure censurata mediante allegazione di fatti decisivi emersi nel corso del giudizio che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito. In particolare, con riferimento alla inverosimiglianza e contraddittorietà delle dichiarazioni del ricorrente.

La Corte d’Appello, inoltre, ha fatto esplicito riferimento alle fonti internazionali dalle quali ha tratto la convinzione che il Pakistan non sia una zona rientrante tra quelle di cui al D.Lgs. n. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.

Il potere-dovere di cooperazione istruttoria, correlato all’attenuazione del principio dispositivo quanto alla dimostrazione, e non anche all’allegazione, dei fatti rilevanti, è stato dunque correttamente esercitato con riferimento all’indagine sulle condizioni generali del Pakistan, benchè la vicenda personale narrata sia stata ritenuta non credibile dai giudici di merito (Cass. n. 14283/2019).

Deve ribadirsi che in tema di protezione sussidiaria, anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui alla norma citata, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018).

Inoltre, con riferimento alle ipotesi di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), deve evidenziarsi che il racconto del richiedente non è stato ritenuto credibile e che in tal caso non si impone l’esercizio dei poteri ufficiosi circa l’esposizione a rischio del richiedente in virtù della sua condizione soggettiva.

In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso con idonea motivazione, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono l’esistenza di una situazione di sua particolare vulnerabilità. All’accertamento compiuto dai giudici di merito viene inammissibilmente contrapposta una diversa interpretazione delle risultanze di causa.

La pronuncia impugnata, dunque, risulta del tutto conforme ai principi di diritto espressi da questa Corte, atteso che quanto al parametro dell’inserimento sociale e lavorativo dello straniero in Italia, esso può essere valorizzato come presupposto della protezione umanitaria non come fattore esclusivo, bensì come circostanza che può concorrere a determinare una situazione di vulnerabilità personale (Cass. n. 4455 del 2018), che, tuttavia, nel caso di specie è stata esclusa.

Giova aggiungere che le Sezioni Unite di questa Corte, nella recente sentenza n. 29460/2019, hanno ribadito, in motivazione, l’orientamento di questo giudice di legittimità in ordine al “rilievo centrale alla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale”, rilevando che “non può, peraltro, essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza (Cass. 28 giugno 2018, n. 17072)”, in quanto, così facendo, “si prenderebbe altrimenti in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti, di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria”.

5. In conclusione il ricorso è inammissibile.

6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2100 più spese prenotate a debito;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 7 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA