Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8931 del 12/04/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 8931 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: CRISTIANO MAGDA

SENTENZA

sul ricorso 20331 – 2006 proposto da:
CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA ESSEMME COLOR S.A.S.
DI SANNINO MICHELE (C.F.

030800571213),

in persona

del Curatore dott.ssa PAOLA MELE, elettivamente

Data pubblicazione: 12/04/2013

domiciliata in ROMA, VIA BAIAMONTI 10, presso
l’avvocato CALDORO MARIA FRANCESCA, rappresentata e
2013
138

difesa dall’avvocato DE MAIO CARLO, giusta procura
a margine del ricorso;
– ricorrente contro

1

SANNINO

VALERIA

(c.f.

SNNVLR71S48F839G),

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE
88, presso l’avvocato RECCHIA GIORGIO (STUDIO
RECCHIA & ASSOCIATI),

rappresentata e difesa

é

dall’avvocato INFANTE GIUSEPPE, giusta procura a

– controri corrente contro

SANNINO MICHELE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 1428/2005 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 11/05/2005;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 29/01/2013 dal Consigliere
Dott. MAGDA CRISTIANO;
udito, per la controricorrente,

l’Avvocato F.

BARELLO, con delega, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

margine del controricorso;

Generale Dott. UMBERTO APICE che ha concluso per
l’accoglimento del secondo motivo, rigetto del
primo motivo.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Fallimento della Esseemme Color s.a.s. di Sannino Michele convenne in giudizio
dinanzi al Tribunale di Napoli Valeria San nino, figlia del socio accomandatario fallito,
per sentir dichiarare inefficace, ai sensi degli artt. 2901 c.c. e 66 I. fall., l’atto del
12.7.94 con il quale quest’ultimo le aveva venduto la quota di un mezzo di un

Il giudice adito respinse la domanda.
La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza dell’11.5.05, respinse a sua volta
l’impugnazione proposta dal Fallimento contro la decisione di primo grado.
La corte territoriale, premesso che la natura depauperativa dell’atto di disposizione
va accertata caso per caso, anche quando ad agire in revocatoria é il curatore, e che
a tal fine è necessario mettere a confronto il patrimonio del debitore subito dopo la
modificazione subita per effetto di quell’atto con l’entità dei debiti preesistenti, rilevò
che l’appellante non aveva provato né quale fosse la situazione patrimoniale del
Sannino immediatamente dopo la stipula della compravendita impugnata né che la
società poi fallita fosse, alla data della vendita, già gravata di debiti, essendosi
limitato a produrre le domande di ammissione allo stato passivo dei crediti per T.F.R.
vantati dai dipendenti della Esseemme Color s.a.s., divenuti attuali ed esigibili solo
all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, avvenuta in data successiva.
La sentenza è stata impugnata dal Fallimento con ricorso per cassazione affidato a
due motivi, cui Valeria Sannino ha resistito con controricorso illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo di ricorso il Fallimento lamenta violazione dell’art. 331 c.p.c.
per l’omessa integrazione del contraddittorio nei confronti di Michele Sannino, a suo
dire litisconsorte necessario nel giudizio.
Il motivo è manifestamente infondato.
Il ricorrente, che si duole di una nullità alla quale esso stesso avrebbe dato luogo,
sembra dimenticare che, ai sensi dell’art. 43 I. fall., il debitore fallito perde la

appartamento sito in Portici, per il prezzo di 78 milioni delle vecchie lire.

capacità processuale rispetto ai rapporti patrimoniali compresi nel fallimento e che in
suo luogo sta in giudizio il curatore. Questi, pertanto, allorché esercita l’azione
revocatoria ordinaria, agisce non solo come sostituto processuale della massa dei
creditori, privati della legittimazione ad iniziare o proseguire l’azione per tutta la
durata della procedura, ma anche come sostituto processuale del fallito: resta in

quest’ultimo, previa nomina di un curatore speciale ex art. 78 c.p.c. (Cass. nn.
5272/08, 17943/05).
2) Col secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 66 I. fall., 2901, 2697,
2120 c.c. e vizio di motivazione, il ricorrente lamenta, sotto un primo profilo, che la
corte territoriale abbia ritenuto che fosse suo onere provare che l’atto di disposizione
impugnato aveva reso più incerta o difficile la soddisfazione dei crediti concorsuali,
posto che, secondo la giurisprudenza costante di questa corte di legittimità, spetta al
convenuto in revocatoria, che eccepisca l’insussistenza dell’eventus damni, di fornire
la prova del proprio assunto; deduce che, in ogni caso, tenuto conto della
documentazione prodotta dalla Sannino e della relazione del curatore depositata in
atti, il giudice del merito era in possesso di tutti gli elementi per compiere il predetto
accertamento; rileva, infine, sotto altro profilo, che, poiché l’azione può essere
esercitata anche a tutela di crediti non ancora esigibili e persino di mere ragioni od
aspettative di credito, il giudice ha errato nell’escludere che i crediti vantati dai
dipendenti della Esseemme Color a titolo di TFR, iniziati a maturare sin dal primo
anno di svolgimento dei singoli rapporti di lavoro (di durata ventennale) e perciò sorti
a partire dagli anni ’74/’75, fossero preesistenti alla compravendita impugnata solo
perché non ancora divenuti esigibili alla data di stipulazione dell’atto.
Le prime due censure nelle quali si articola il motivo sono infondate e devono
essere respinte.
2.1)Secondo la giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte, spetta al
creditore che agisca in via di revocatoria ordinaria di provare la rilevanza quantitativa

conseguenza esclusa la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di

e qualitativa dell’atto di disposizione impugnato, che, per poter essere dichiarato
inefficace nei suoi confronti, deve aver reso quantomeno più incerto o più difficile il
soddisfacimento del credito (Cass. nn. 7767/07, 15265/06).
Tale prova, a differenza che nell’azione revocatoria fallimentare, non può ritenersi
presuntivamente sussistente in re ipsa e dunque necessita dell’allegazione delle

effettivamente concorso a ridurre la garanzia patrimoniale generica spettante al
creditorei

141 caso di specie, la corte territoriale, dopo aver correttamente

premesso che la ricorrenza dell’eventus damni va sempre accertata ponendo a
confronto il valore del patrimonio del debitore immediatamente dopo la modificazione
subita per effetto del compimento dell’atto di disposizione con l’ammontare dei debiti
ad esso preesistenti, ha per l’appunto escluso che il Fallimento l’avesse posta in
grado di compiere siffatto accertamento, rilevando come, in mancanza non solo di
dimostrazione, ma persino di deduzione, della situazione patrimoniale del Sannino
dopo la stipula della compravendita impugnata, difettasse qualsivoglia elemento
idoneo a connotare il primo degli indicati due termini di raffronto.
Va aggiunto che la giurisprudenza citata dal ricorrente, secondo la quale, a fronte
dell’allegazione da parte del creditore delle circostanze che integrano l’eventus

damni, spetta al debitore di provare che il suo patrimonio residuo è tale da
soddisfare ampiamente le ragioni della controparte, non può trovare applicazione nel
caso in cui l’azione revocatoria sia esercitata dal curatore, posto che, come si è
appena ricordato, questi assume contestualmente la duplice veste di rappresentante
della massa dei creditori e del debitore fallito (ovvero del soggetto sul quale, ove
convenuto, graverebbe l’onere della prova dell’insussistenza del pregiudizio
patrimoniale) e che, atteso il principio della vicinanza della prova, l’onere in
questione non potrebbe mai essere posto a carico del beneficiario dell’atto di
disposizione, che non è tenuto a conoscere l’effettiva consistenza del patrimonio del
suo dante causa.

circostanze dalle quali il giudice possa trarre il convincimento che l’atto ha

2.2) L’affermazione del giudice del merito circa la totale mancanza di prova della
situazione patrimoniale del fallito immediatamente dopo la stipula dell’atto impugnato
non risulta contraddetta dagli elementi documentali allegati da Valeria Sannino che,
come esattamente rilevato dalla corte territoriale, dimostravano unicamente che il
fallito era (od era stato in passato) proprietario di altri immobili, né dalla relazione del

grado d’appello), che dava conto della consistenza del patrimonio immobiliare del
venditore alla data del suo fallimento, intervenuto ad oltre due anni di distanza dalla
stipula dell’atto impugnato.
2.3) Resta assorbita la terza ragione di censura, la cui eventuale fondatezza non
potrebbe di per sé condurre all’accoglimento del ricorso.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, che liquida in € 5.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

curatore (peraltro inammissibilmente prodotta dal Fallimento per la prima volta in

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