Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 893 del 17/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 893 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 11274-2011 proposto da:
PALADINI ANTONIO

(PLDNTN32H13F458D), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DUILIO 12, presso lo studio
dell’avvocato RISPOLI GREGORIO (STUDIO SALVATI), che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato COLOMBO ELDA
giusta delega in atti;
– ricorrente –

contro
CASSA DI RISPARMIO DI FIRENZE S.P.A. e MINIATI VALTER;

;Un
02,V3E

– intimati
avverso la sentenza n. 948/2009 della CORTE D’APPELLO di
FIRENZE, depositata il 15/07/2009, R.G.N. 151/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 22/11/2013 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

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Data pubblicazione: 17/01/2014

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per l’inammissibilità o,
in subordine, per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
l. – Antonio Paladini proponeva appello avverso la
sentenza del Tribunale di Firenze, dell’ottobre 2005, che
aveva rigettato la sua domanda di ordinare alla Cassa di
Risparmio di Firenze S.p.A., terzo pignorato per un suo
credito verso Walter Miniati (il quale intratteneva un
rapporto di conto corrente con detta banca), l’esibizione
degli estratti conto e di accertare l’obbligo del terzo, che
aveva reso dichiarazione negativa.
Ad avviso dell’appellante, la decisione era errata, in
quanto risultava dall’estratto conto prodotto dalla Banca che
il Miniati, fra la data del pignoramento e la data della
dichiarazione negativa del terzo, aveva operato due
versamenti e “al momento del’incasso di quelle somme ne era
divenuto debitore verso il Miniati”.
2. – L’adita Corte di appello di Firenze, con sentenza
resa pubblica il 15 luglio 2009, rigettava il gravame e
condannava l’appellante al pagamento anche delle spese del
grado.
La Corte territoriale osservava, anzitutto, che dalla
sentenza impugnata risultava che il Paladini aveva pignorato
“soltanto il credito del Miniati verso la cassa di Risparmio
esistente alla data del pignoramento e non quello futuro”;
“in parte

qua la sentenza non è appellata, cosicché il

riferimento dell’appellante ai versamenti successivi al
pignoramento non ha rilevanza”.
Il giudice di appello rilevava, ulteriormente, che non
potevano essere oggetto di pignoramento “i singoli versamenti
effettuati sul conto corrente”, comunque “inferiori al debito
rispettivamente preesistente”, ma solo il saldo attivo del
conto corrente bancario, giacché quest’ultimo “dà luogo ad un
rapporto unitario”, che non può il terzo creditore scindere,
2

così da beneficiare delle sole poste attive e non di quelle
passive. Posto che “l’estratto conto nel periodo in esame
presenta costantemente un saldo negativo per il Miniati”, ne
conseguiva che il terzo pignorato non aveva reso una
dichiarazione non veritiera o che “sussistesse un suo debito
verso il correntista d’ammontare pari ai versamenti”.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre Antonio

Non hanno svolto attività difensiva gli intimati Cassa
di Risparmio di Firenze S.p.A. e Walter Miniati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. – In via preliminare ed assorbente (ciò esimendo il
Collegio di dare atto del tenore dei motivi di ricorso per
cassazione), va dichiarata l’inammissibilità, per tardività,
dell’impugnazione del Paladini, giacché proposta oltre il
termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc. civ., che, nella
specie, è quello semestrale risultante dalla modifica di
detta norma processuale ad opera dell’art. 46 della legge n.
69 del 2009; modifica normativa che trova applicazione (a
mente del comma quinto dell’art. 58 della stessa citata
legge) ai ricorsi per cassazione proposti avverso i
provvedimenti pubblicati a decorrere dal 4 luglio 2009 – data
di entrata in vigore della medesima legge n. 69 – e, dunque,
nei confronti della presente impugnazione, per essere la
sentenza della Corte di appello di Firenze stata pubblicata
il 15 luglio 2009.
Sicché, tenuto conto che anche ai giudizi di
accertamento dell’obbligo del terzo di cui all’art. 548 cod.
proc. civ. non si applica – analogamente a quanto previsto in
materia di opposizione all’esecuzione e di opposizione agli
atti esecutivi – la sospensione feriale dei termini, a norma
dell’art. 92 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, richiamato
dall’art. 3 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, (tra le
tante, Cass., 25 gennaio 2012, n. 1030; con specifico
riguardo alla fase impugnatoria, Cass., 26 marzo 2009, n.
3

Paladini, sulla base di due motivi.

7345), l’impugnazione proposta dal Paladini con ricorso
notificato agli intimati il 26 aprile 2010 è ben il oltre
l’anzidetto termine di cui all’art. 327 cod. proc. civ. (in
ogni caso, a non diversa conclusione si giungerebbe anche
computando il periodo di sospensione feriale).
Peraltro, non può valere a rendere tempestiva
l’impugnazione il fatto che al Paladini sia stata notificata

di Firenze, giacché, come reso evidente dallo stesso tenore
letterale della disposizione di cui all’art. 327 citato, il
termine lungo da essa contemplata si applica
“indipendentemente dalla notificazione” della sentenza
oggetto di impugnazione e cioè dal momento in cui decorrono,
ai sensi dell’art. 326 cod. proc. civ., i termini brevi per
l’impugnazione indicati dall’art. 325 cod. proc. civ. Ciò che
ha consentito a questa Corte di enunciare, in più di
un’occasione, il principio secondo cui il termine di
decadenza, fissato dall’art. 327 cod. proc. civ., costituisce
il limite temporale massimo per la proposizione della
impugnazione, il quale opera “indipendentemente” dalla
notificazione della pronuncia impugnata, e, quindi, non è
suscettibile di superamento, nemmeno quando, alla sua
scadenza, non sia ancora maturato il termine breve dalla data
di detta notificazione (tra le altre, Cass., 11 luglio 1981,
n. 4508; Cass., 16 giugno 2000, n. 8191; Cass., 2 dicembre
2005, n. 26272). Principio che, dunque, si impone, a maggior
ragione, nell’ipotesi, come quella in esame, in cui il
termine lungo per impugnare è già scaduto alla data di
notificazione della sentenza.
2. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.
Nulla è da disporsi in punto di regolamentazione delle
spese di lite in assenza di attività difensiva da parte degli
intimati.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
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in data 23 febbraio 2010 la sentenza della Corte di appello

dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in

data 22 novembre 2013.

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