Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8929 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. un., 31/03/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 31/03/2021), n.8929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25846/2020 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato PIETRO VILLARI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– resistente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 106/2020 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA

MAGISTRATURA, depositata il 09/09/2020.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2021 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso e

l’inammissibilità dei motivi aggiunti;

uditi gli avvocati Pietro Villari e Giorgio Santini, per l’Avvocatura

Generale dello Stato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza n. 62 del 2019, la Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura aveva assolto il Dott. B.G. da una delle due incolpazioni formulate nei suoi confronti, lo aveva ritenuto responsabile dell’altra e lo aveva, quindi, condannato alla sanzione disciplinare dell’ammonimento.

2. In particolare, il Dott. B. era stato ritenuto responsabile dell’illecito disciplinare di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 1 e art. 2, comma 1, lett. m), in relazione al D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 1, art. 2, art. 4, lett. a), e b) e art. 23, “perchè in qualità di sostituto procuratore della DDA di Catanzaro, coassegnatario del procedimento penale n. 1018/2010/21 iscritto il 15 febbraio 2010 per i reati di tentato omicidio e associazione di tipo mafioso, ed unico sottoscrittore delle deleghe di indagine – con provvedimento del 20 maggio 2011 per negligenza grave ed inescusabile, autorizzava la prosecuzione da parte dei Carabinieri di Sant’Onofrio di attività di videoripresa in aree del Comune di (OMISSIS) e di (OMISSIS), adottando un provvedimento in casi non consentiti dalla legge, poichè relativo a investigazioni svolte dopo l’archiviazione del procedimento penale (con decreto del GIP del 15.12.2010) ed in assenza di riapertura delle indagini (art. 414 c.p.p.). Con tale determinazione comprometteva il diritto alla protezione dei dati personali delle persone ritratte dalle telecamere (le cui immagini formavano oggetto di illecita raccolta e trattamento) ed esponeva l’amministrazione all’intimazione di pagamento per prestazioni riguardanti atti d’indagine inutilizzabili (servizio di noleggio di telecamere per circa 1 milione di Euro)”.

3. Per quanto oggi rileva, queste Sezioni Unite con la sentenza 20 gennaio 2020 n. 1078 (cfr. p. n. 1 motivi della decisione), hanno dichiarato l’inammissibilità del primo motivo di ricorso proposto dal Dott. B. avverso la sentenza disciplinare innanzi citata ed hanno, invece, accolto il secondo motivo di ricorso, con il quale il Dott. B. aveva criticato la motivazione della sentenza della Sezione Disciplinare in punto di valutazione dell’elemento soggettivo dell’illecito e, segnatamente, del requisito della negligenza inescusabile che deve connotare la condotta.

4. La sentenza rescindente (cfr. pp. nn. 2.1.1 e 2.1.2) ha precisato che l’illecito previsto dal D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. m), riguarda “l’adozione di provvedimenti adottati nei casi non consentiti dalla legge, per negligenza grave e inescusabile, che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali” e si caratterizza per la sussistenza sufficiente ma necessaria, ai fini dell’integrazione della fattispecie di illecito disciplinare, dell’elemento psicologico della colpa grave ed ha affermato che l’adozione di provvedimenti illegittimi, determinanti la lesione di diritti personali o patrimoniali (in quest’ultimo caso in modo rilevante), deve realizzarsi in forza di una condotta gravemente negligente e inescusabile.

5. Essa ha affermato che mentre la gravità della negligenza si correla al profilo oggettivo della violazione di legge commessa, il profilo della inescusabilità mette, invece, in campo situazioni variegate, siccome idonee a giustificare concretamente la negligenza in forza di un apprezzamento rimesso alla discrezionalità valutativa del giudice disciplinare e che ben possono riguardare sia aspetti direttamente inerenti al provvedimento da adottare (ad es. la peculiarità o difficoltà del caso), sia aspetti che toccano la sfera (personale o di ufficio) del magistrato.

6. Sulla scorta di siffatte premesse, queste Sezioni Unite hanno rilevato che la Sezione disciplinare, pur avendo ritenuto come fatti accertati, in forza del suo apprezzamento, il carattere “ingannevole” della nota datata 13 maggio 2011, nonchè il rilevante carico di lavoro del Dott. B. in quel periodo, aveva riferito la valenza di detti elementi al solo piano della graduazione della sanzione, escludendo che potessero incidere sull’affermazione di responsabilità disciplinare dell’incolpato e non si era fatta carico di raccordare e conciliare logicamente tale assunto con la portata propria degli elementi stessi, integranti circostanze che, oggettivamente considerate, erano suscettibili di rendere scusabile una condotta pur gravemente negligente, poichè idonee a sviare (segnatamente, il carattere ingannevole della nota) dal comportamento doverosamente richiesto o a renderlo, in quella particolare contingenza, inesigibile (la mole di lavoro);

7. Accolto nei termini precisati il secondo motivo di ricorso, la sentenza della Sezione Disciplinare n. 62 dei 2019 è stata cassata e la causa è stata rinviata alla Sezione disciplinare del C.S.M., in diversa composizione, perchè provvedesse a delibare “alla luce dei principi e rilievi innanzi esposti, la sussistenza, o meno, della inescusabilità della condotta gravemente negligente realizzata dall’incolpato con l’adozione del provvedimento autorizzativo del 20 maggio 2001” (sentenza rescindente p. n. 3 motivi della decisione).

8. In sede di rinvio, con la sentenza 9 luglio 2020 n. 106 la sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, precisato di essere stata chiamata a valutare la sussistenza o meno dell’inescusabilità della condotta gravemente negligente realizzata dall’incolpato con l’adozione del provvedimento autorizzativo del 20 maggio 2011, attraverso il quale egli stesso aveva consentito la prosecuzione delle attività di videosorveglianza, ha confermato l’affermazione della responsabilità del Dott. B.G. in relazione al capo 2) del capo di incolpazione e la sanzione disciplinare dell’ammonimento.

9. Ricostruita l’intera vicenda, nella quale si era collocata la condotta oggetto della incolpazione per la quale con la sentenza cassata era stata ravvisata la responsabilità disciplinare del Dott. B., ha affermato che:

10. non valevano ad escludere la colpa del Dott. B. le dichiarazioni rese dal medesimo ne corso dell’interrogatorio reso innanzi alla Procura della Repubblica di Salerno, in data 29 novembre 2016 nell’ambito del procedimento penale, definito con archiviazione (aveva dichiarato di non ricordare se aveva disposto la cessazione dell’attività di videoripresa, ad eccezione di una sola area, dopo aver consultato l’intero fascicolo e che di solito gli venivano portati i sottofascicoli e mai i fascicoli, in quanto i “faldoni” erano eccessivamente ingombranti);

11. del pari, non valevano ad escludere la colpa del medesimo le generiche note con le quali il Dott. B. aveva chiesto alla P.G. di riferire circa gli esiti delle indagini in corso;

12. la connotazione della condotta in termini di negligenza grave e inescusabile era evidente, posto che le tèlecamere costituiscono uno strumento invasivo di registrazione e captazione di movimenti, di sequenze e di tutto ciò che accade nel loro raggio di azione, e che, secondo la costante giurisprudenza, per l’esistenza di esse non occorre alcun avviso previsto dalla normativa sulla privacy qualora siano state lecitamente disposte; l’operazione di captazione era avvenuta in modo del tutto illecito e, peraltro, per un periodo notevole di tempo (un anno e quindici giorni);

13. il “V^ si autorizza” – equipollente del decreto autorizzativo – apposto il 20 maggio 2011 dal Dott. B. sulla nota del 13 maggio 2011 della P.G., nota dal carattere “ingannevole”, non poteva essere apposto senza la consultazione del fascicolo ed era proprio questa la condotta esigibile che si richiede al magistrato diligente in consimili situazioni;

14. sul Dott. B. incombevano precisi doveri funzionali, quali la lettura del contenuto della nota e non solo del suo oggetto, la effettuazione delle opportune verifiche prima di apporre il visto di autorizzazione, il controllo sulla perdurante apertura del procedimento per il quale era stata avanzata la richiesta oggetto della nota e sul rispetto dei termini di indagine, la diligente sorveglianza sulla legalità delle indagini, la guida della polizia giudiziaria, il riscontro dell’operato svolto, la prevenzione del compimento di atti inutilizzabili e generatori di danno erariale;

15. l’affidamento riposto sulla correttezza dell’operato della polizia giudiziaria e la mancata verifica della sua attività non costituiva motivo per esonerare il magistrato dallo svolgimento dei doveri su di lui incombenti, in quanto l’art. 327 c.p.p., dispone che la funzione del Pubblico Ministero è proprio quella di dirigere le indagini, disponendo direttamente della polizia giudiziaria, di verificare la legalità delle investigazioni e di prevenire violazioni della legge processuale; ma, ancora prima dell’art. 327 c.p.p., venivano in rilievo le numerose disposizioni della Costituzione (gli artt. 13,14 e 15 Cost., che ammettono la limitazione alle libertà fondamentali solo per atto motivato dell’A.G. e con le garanzie previste dalla legge; l’art. 101, comma 2, che assoggetta i giudici soltanto alla legge; l’art. 107, u.c., che riconosce al pubblico ministero le garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario; l’art. 112, che gli affida l’esercizio obbligatorio dell’azione penale; l’art. 107 Cost., comma 1, che sancisce l’inamovibilità di tutti i magistrati, giudici e pubblici ministeri; l’art. 109, che attribuisce la disponibilità diretta della polizia giudiziaria al pubblico ministero), che attribuiscono al pubblico ministero la posizione di organo deputato istituzionalmente al controllo di legalità dell’azione delle forze di polizia;

16. era emerso che il Dott. B. non aveva adempiuto ai suoi

doveri, che mancava qualsiasi motivazione a sostegno del provvedimento autorizzativo, motivazione tanto più necessaria nei casi di attivazione di telecamere, che non era stata disposta l’acquisizione del fascicolo (e degli atti maggiormente rilevanti in esso contenuti), che, se acquisito e consultato, avrebbe reso evidente che il procedimento era stato definito e che, pertanto, le intercettazioni non potevano più essere disposte.

17. La Sezione Disciplinare, in merito alla “notevole mole di lavoro” dedotta dall’incolpato come elemento idoneo a scriminare la condotta gravemente negligente o escludente l’elemento psicologico, ha affermato che la risoluzione delle difficoltà relative ad eventuali situazioni organizzative e logistiche dell’ufficio giudiziario (ad es. indisponibilità dei fascicoli, erronee indicazioni sugli stessi di termini di scadenza, carico di lavoro, affidamento sulla conoscenza delle cause da parte di altri colleghi, impegno in concomitanti indagini, difficili condizioni ambientali e di lavoro, mancata segnalazione dello stato cautelare da parte di altri uffici da cui provenivano i fascicoli e simili) rientra nella capacità e nelle competenze organizzative del magistrato, con la conseguenza che la disorganizzazione dell’ufficio non esclude la configurabilità dell’illecito disciplinare.

18. Essa, inoltre, ha osservato che la conduzione ed il coordinamento di indagini articolate e complesse, come quelle relative a delitti di tentato omicidio e criminalità organizzata di tipo mafioso, richiedevano un’attenzione e un controllo particolarmente scrupolosi da parte del pubblico ministero, sicchè non appariva nemmeno opportuno delegare le attività di indagine alla Stazione dei c.c., invece che al Nucleo Operativo di un Comando Provinciale ovvero ad un reparto speciale quale il Raggruppamento Operativo Speciale (ROS).

19. Sulla base di tali rilievi la Sezione Disciplinare ha affermato che, anche sotto tale profilo, la condotta del Dott. B. risultava connotata da grave negligenza, in quanto manifestamente violativa dei doveri di ufficio, ai quali si deve attenere un Sostituto Procuratore della Repubblica, e improntata ad una eccessiva fiducia riposta nella polizia giudiziaria e, in particolare, nei c.c. della Stazione di (OMISSIS).

20. La sezione disciplinare ha, quindi, ritenuto sussistente la responsabilità disciplinare del Dott. B. in ordine alla violazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 1 e art. 2, comma 1, lett. m). Tanto perchè: il provvedimento era stato adottato al di fuori dei casi consentiti dalla legge e aveva leso diritti personali e, in modo rilevante, diritti patrimoniali; risultava integrato anche l’evento di danno richiesto dalla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. m), atteso che il Dott. B., mediante l’adozione del suddetto provvedimento, aveva consentito, a procedimento archiviato, una illegittima registrazione e captazione di immagini in un luogo pubblico ledendo il diritto alla riservatezza dei terzi e determinando un danno erariale causato dalla ingiustificata protrazione dell’attività di videosorveglianza; il comportamento tenuto dal Dott. B. risultava caratterizzato da negligenza grave e inescusabile; per la sussistenza dell’illecito in esame “non è necessario che il magistrato abbia agito con dolo, essendo invece sufficiente che egli abbia adottato un provvedimento fuori dai casi consentiti della legge anche solo per colpa grave”; l’affidamento riposto nell’attività della PG da parte del Dott. B. non poteva ritenersi idoneo a giustificare la sua condotta in quanto, diversamente opinando, si sarebbe ritenuta legittima la delega di attività proprie della funzione del Sostituto Procuratore con conseguente esonero da responsabilità disciplinare; del pari, la mole di lavoro e i disservizi dell’Ufficio rendevano la condotta inescusabile.

21. Infine, la Sezione Disciplinare ha ritenuto che il fatto integrante l’illecito disciplinare addebitato non poteva essere considerato di scarsa rilevanza, con conseguente esclusione dell’esimente di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis. La condotta del Dott. B., riconducibile all’illecito disciplinare a lui addebitato, aveva, infatti, determinato l’illegittima protrazione del monitoraggio, a indagini chiuse ed in assenza di riapertura delle indagini, per un notevole lasso di tempo, pari ad un anno e quindici giorni, rivelandosi offensiva in senso bidirezionale perchè aveva determinato, in concreto ed ex post, l’effettiva compromissione dell’immagine pubblica del magistrato, alla luce della gravità della violazione di legge integrata e dell’entità del periodo di tempo per il quale si era protratta. La medesima condotta aveva inciso significativamente anche sul diritto alla riservatezza dei terzi (che costituisce un diritto fondamentale della persona) e sul patrimonio dello Stato (determinando un danno erariale particolarmente significativo, pari a circa 1.000.000,00 di Euro).

22. Avverso questa sentenza il Dott. B.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi e, “ad ulteriore svolgimento dei medesimi motivi del ricorso per cassazione”, ha formulato tre “motivi nuovi”.

23. Il Ministro della giustizia ha resistito con controricorso.

24. Il Pubblico Ministero, in prossimità della Camera di consiglio, ha depositato conclusioni scritte, chiedendo che si dichiari l’inammissibilità del ricorso, ovvero che il medesimo sia rigettato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi del ricorso.

25. Con il primo motivo il ricorrente denuncia motivazione contraddittoria e travisamento della prova.

26. Addebita alla sentenza di avere riconosciuto la fondatezza dell’incolpazione sul rilievo che il “V^ si autorizza”, apposto a margine dell’indicazione dell’oggetto della nota dei Carabinieri del (OMISSIS), costituiva una proroga delle attività di video sorveglianza, pur avendo riconosciuto che tale autorizzazione difettava degli elementi essenziali di una proroga (assenza di motivazione, mancata indicazione di un termine in scadenza, e del termine fino al quale prorogare, termine della proroga) e di avere, senza motivazione, qualificato l’atto come mero “equipollente” di una proroga; la sentenza era, pertanto, contraddittoria e frutto di un travisamento della prova documentale.

27. Deduce che la società alla quale era stata affidata l’attività di videoripresa nel giudizio monitorio non aveva prodotto la autorizzazione iniziale (limitata a quaranta giorni, “oltrepassati abusivamente dalla ditta”) e il “V^ si autorizza”, così manifestando di non averlo ritenuto una proroga perchè non ne aveva i requisiti, e aveva, invece prodotto soltanto le fatture relative alla sua attività.

28. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge processuale (art. 627 c.p.p.) in tema di giudizio di rinvio, mancanza di motivazione sulla inescusabilità della colpa e contraddittorietà intrinseca della sentenza, travisamento di prove documentali.

29. Imputa al giudice del rinvio di avere fondato la decisione su argomentazioni motivazionali correlate al solo tema, già esaurito, della colpa e non anche a quello della inescusabilità della condotta e di avere, per tal via, violato i limiti del giudizio di rinvio e il giudicato formatosi sulla prima sentenza che aveva assolto esso ricorrente dalla contestazione di cui al capo a) dell’incolpazione e anche l’art. 627 c.p.p..

30. Prospettata la necessità della riduzione a “doverosa unità” delle due sentenze disciplinari (quella annullata e quella oggetto della impugnazione), il ricorrente assume che la sentenza oggi impugnata ha recuperato una parte della complessiva vicenda che lo aveva visto coinvolto per rivalutarla, anche nella parte in cui era intervenuta l’assoluzione, e per formulare il giudizio di colpa grave e, ad un tempo, ha ritenuto che le due missive del 9 luglio 2010 (invito alla PG a depositare un’informativa) e del 20 luglio del 2010 (invito al deposito degli atti di indagine) non valevano ad escludere la colpa di esso ricorrente.

31. Sostiene anche che la mancata effettuazione di una indagine di mercato atteneva al tema della colpa ed era riferibile al solo capo 1) dell’incolpazione per il quale vi era stata l’assoluzione e imputa alla sentenza impugnata di avere, in ordine a tale fatto, travisato la prova posto che gli ispettori ministeriali avevano evidenziato che all’epoca non era stata elaborata alcuna direttiva.

32. Assume, inoltre, che le argomentazioni motivazionali della sentenza impugnata, in ordine all’avvenuta delega delle indagini ad una stazione di c.c. invece che a corpi specializzati, attenevano alla colpa e, comunque, erano smentite dalle risultanze documentali, che attestavano che le indagini erano state affidate al Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di (OMISSIS) sin dall’origine e che solo l’attività di videosorveglianza era stata delegata alla stazione dei Carabinieri di (OMISSIS), utilizzata dal Nucleo Investigativo nella prima fase delle indagini, che ben conosceva i luoghi e gli indagati.

33. Con il terzo motivo il ricorrente deduce “ulteriore rilievo sulla mancanza di motivazione sul tema dell’inescusabilità e travisamento di prove documentali”. Ripropone le prospettazioni difensive sviluppate nel secondo motivo in ordine alla ipovalutazione delle note del 9 e del 20 luglio 2010 e addebita alla sentenza di non avere valutato la condizione di indagato e di imputato del Luogotenente C. in relazione al carattere ingannevole della nota del 1 maggio 2011 e alla inescusabilità della condotta addebitata ad esso ricorrente.

34. Con quarto motivo il ricorrente denuncia mancanza di motivazione sul carico di lavoro.

35. Sostiene che l’accertamento sul carico di lavoro era stato trascurato e trattato come attinente alla colpa, pur avendo la sentenza rescindente devoluto tale accertamento al giudice del rinvio.

36. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia mancanza di motivazione sulle ragioni della deviazione dalla precedente giurisprudenza della sezione disciplinare.

37. Addebita alla sentenza impugnata di non avere tenuto conto della giurisprudenza della stessa sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura (invoca, in particolare le sentenze nn. 213 del 2018, 207 del 2018, n. 184 del 2018) n. 11 del 2019 n. 182 del 2018, n. 158 del 2018) che ha escluso la inescusabilità in fattispecie nelle quali venivano in rilievo situazioni ben più consistenti di quelle oggetto dell’incolpazione (quali quella concernenti la libertà personale degli imputati o indagati trattenuti indebitamente in carcere o agli arresti domiciliari), allorchè sulla condotta dell’incolpato avevano inciso elementi ritenuti salienti per escludere l’inescusabilità della condotta contestata e la esigibilità della condotta doverosa, circostanze a loro volta di minor momento rispetto a quanto verificatosi nella specifica fattispecie (quali situazioni meramente organizzative o logistiche degli uffici interessati, l’indisponibilità dei fascicoli, l’erronea indicazione dei termini di scadenza, il carico di lavoro, l’affidamento riposto sulla conoscenza delle cause da parte di altri colleghi, l’impegno in concomitanti indagini, le difficili condizioni ambientali e di lavoro, la mancata segnalazione dello stato cautelare da parte di altri uffici da cui provenivano i fascicoli).

38. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia travisamento della prova in tema di danno erariale.

39. Deduce che il Ministero non aveva effettuato alcun pagamento in favore della ditta che aveva effettuato le videoriprese e sostiene che la sentenza aveva recuperato l’incolpazione di cui al capo 1) in relazione al quale esso ricorrente era stato assolto.

Sintesi dei motivi nuovi.

40. Con il primo motivo il ricorrente, a ulteriore svolgimento del quinto motivo di ricorso, denuncia la mancanza di motivazione sulle ragioni della deviazione dalla precedente giurisprudenza della medesima sezione disciplinare, per avere questa riservato ad esso ricorrente, senza alcuna motivazione, un trattamento ingiustificatamente ed irragionevolmente differente rispetto a situazioni sostanziali identiche ed omogenee a quella giudicata.

41. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia mancanza di motivazione sulla regola del ragionevole dubbio di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 19, comma 2, per non avere la sezione disciplinare motivato sull’esclusione di ogni ragionevole dubbio nella decisione della vicenda, relativamente a tutti gli aspetti da essa interessati dai vari punti della decisione e sui quali si sono incentrati i motivi di impugnazione.

42. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia mancanza di motivazione sulle statuizioni della precedente sentenza di annullamento con rinvio di queste Sezioni Unite, per non avere la sezione disciplinare adempiuto al dovere di tenere conto del carattere ingannevole della missiva dei c.c. e del carico di lavoro al fine di verificare non solo la colpa ma anche le sue connotazioni di gravità e inescusabilità.

Esame dei motivi del ricorso.

43. Il primo motivo è inammissibile.

44. Esso riproduce la censura formulata nel primo motivo del ricorso per cassazione (cfr. Cass. Sez. Un. 1078 del 2020, p.1.) avverso la sentenza della sezione disciplinare del Consiglio Disciplinare n. 62 del 2019, con il quale era stato denunciato il “travisamento della prova determinante, contraddittorietà e mancanza di motivazione su aspetti in fatto determinanti e tempestivamente devoluti al Giudice disciplinare”. Il Dott. B. aveva denunciato che quest’ultimo, con motivazione “assertiva”, aveva travisato la prova documentale perchè aveva attribuito alla annotazione “V^ si autorizza”, apposta a margine dell’indicazione dell’oggetto della nota dei Carabinieri in data (OMISSIS), natura di “proroga delle attività di videosorveglianza”, laddove “nè l’oggetto indicato nella intestazione, nè le richieste finali indicate in conclusione” presentavano “alcun cenno ad una proroga”, per cui l’inciso “relativo ad attività in corso poteva ben essere riferito ad altra indagine” e per avere, inoltre, mancato di confrontarsi con le argomentazioni difensive di esso incolpato e di riconoscere, quindi, la natura “di mera comunicazione di cessazione di attività e di richiesta di ritardo nel deposito dei relativi esiti” della nota dei Carabinieri e, di conseguenza, l’assenza di colpa in mancanza di un previo provvedimento legittimante la prosecuzione dell’attività di polizia giudiziaria.

45. Il motivo, come già accennato (cfr. p. n. 3 di questa sentenza) è stato dichiarato inammissibile dalla sentenza di queste Sezioni Unite n. 1078 del 220, le quali hanno affermato che è preclusa alle Sezioni Unite la rilettura degli elementi di fatto posti a base della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. motivi della decisione p. n. 1.1.1. e p. n. 1.1.2 sentenza Cass. Sez. Un. 1078 del 2010).

46. Siffatta statuizione ha comportato il passaggio in giudicato della statuizione contenuta nella sentenza della Sezione Disciplinare 62 del 2019, nella parte in cui aveva accertato il contenuto e la portata del “V^ si autorizza” apposto dal Dott. B. sulla nota dei Carabinieri del (OMISSIS).

47. Il secondo motivo è inammissibile nella parte in cui denuncia il travisamento della prova.

48. Al riguardo, va ribadito che il sindacato della Corte di Cassazione sulle decisioni della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore, anche a seguito della modifica dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), ad opera della L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, comma 1, lett. b), è limitato – al controllo della congruità, adeguatezza e logicità della motivazione, mentre è preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti perchè la valutazione del materiale istruttorio spetta esclusivamente al giudice disciplinare, unico giudice del merito (Cass. Sez. Un. 3 settembre 2020 n. 18303, Cass. Sez. Un. 15 gennaio 2020 n. 741, Cass. Sez. Un. 19 marzo 2019 n. 7691, Cass. Sez. Un. 9 giugno 2017 n. 14430, Cass. Sez. Un. 8 giugno 2016, n. 11708, Cass. Sez. Un. 27 dicembre 2011 n. 28813).

49. Il motivo in esame è infondato nella parte in cui denuncia la violazione dell’art. 627 c.p.p., la mancanza di motivazione sulla inescusabilità della “colpa” e la contraddittorietà intrinseca della sentenza.

50. Va al riguardo, precisato che, come già affermato da queste Sezioni Unite, nel caso di ricorso per cassazione avverso la pronuncia del giudice di rinvio per violazione della precedente statuizione di annullamento, il sindacato della S.C. si risolve nel controllo dei poteri propri del suddetto giudice, poteri che, nell’ipotesi di rinvio per vizio di motivazione, si estendono non solo alla libera valutazione dei fatti già accertati, ma anche alla indagine su altri fatti, con il solo limite del divieto di fondare la decisione sugli stessi elementi già censurati del provvedimento impugnato e con la preclusione rispetto ai fatti che il principio di diritto eventualmente enunciato presuppone come pacifici o accertati definitivamente (Cass. Sez. Un. 3 settembre 2020 n. 18303).

51. Del principio innanzi richiamato la Sezione Disciplinare ha fatto corretta applicazione e, diversamente da quanto opina il ricorrente, non è affatto incorsa nella violazione della legge processuale in tema di giudizio di rinvio e, in particolare, dell’art. 627 c.p.p..

52. Essa, infatti, dopo avere ricostruito l’intera vicenda disciplinare nella quale era stato coinvolto il Dott. B., e, senza mettere in alcun modo in discussione il giudicato formatosi sull’assoluzione in ordine al capo 1) della incolpazione (cfr. p. 1 motivi della decisione sentenza impugnata), ha preso in esame il comportamento tenuto dal Dott. B. in occasione della apposizione del “V^ si autorizza” sulla nota della P.G. del (OMISSIS).

53. Ciò ha fatto per evidenziare che la predetta nota, seppur ingannevole, non esonerava affatto l’incolpato dal dovere di consultare gli atti del fascicolo, spiegando che è proprio questa la condotta “esigibile” che si richiede al magistrato diligente “in consimili situazioni” ed ha osservato, inoltre, che sul Dott. B. incombevano i precisi doveri funzionali di leggere la nota intera senza fermarsi alla indicazione del suo oggetto, di effettuare le opportune verifiche prima di concedere l’autorizzazione attraverso il “V^ si autorizza”, di controllare se il procedimento per il quale era stata la richiesta oggetto della nota fosse ancora aperto e in regola con i termini di indagine, di sorvegliare diligentemente la legalità delle indagini, di guidare la polizia giudiziaria e di controllarne l’operato svolto, di prevenire atti inutilizzabili e generatori di danno erariale (cfr. p. n. 7 motivi della decisione pg. 10 1 cpv. sentenza impugnata).

54. Ha ritenuto (cfr. p. n. 7 motivi della decisione pg. 10, 2 cpv. sentenza impugnata) che l’affidamento riposto sulla correttezza dell’operato della P.G., non rendeva scusabile l’inadempimento dei doveri propri del P.M., che trovano titolo e fonte nell’art. 327 c.p.p. e prima ancora negli artt. 13,14,15 Cost., art. 101 Cost., comma 2, art. 112 Cost., art. 107 Cost., u.c., art. 112 Cost., art. 101 Cost., comma 1 e art. 109 Cost..

55. Ha, inoltre, accertato (cfr. p. n. 7 pg. 10 3 cpv., motivi della decisione della sentenza impugnata) che tali doveri erano rimasti inadempiuti da parte del Dott. B., richiamando (cfr. p. n. 7 motivi della decisione pg. 10 ultimo cpv. e pg. 11 1^ cpv., sentenza impugnata) il contenuto dell’interrogatorio reso dal Dott. B. il (OMISSIS) (aveva dichiarato di non ricordare se aveva disposto o meno la cessazione dell’attività di videoripresa, ad eccezione di una sola area, dopo avere consultato l’intero fascicolo, che di solito gli venivano consegnati soltanto i sottofascicoli perchè i “faldoni” erano eccessivamente ingombranti) ed ha rilevato che, se il fascicolo fosse stato acquisito, il magistrato si sarebbe accorto che il processo era stato definito e che non avrebbero potuto essere disposte nuove intercettazioni.

56. La Sezione disciplinare, inoltre, ha ritenuto (cfr. p. n. 8 motivi della decisione sentenza impugnata) che la “notevole mole di lavoro” non era idonea ad escludere la negligenza della condotta e l’elemento psicologico e, nemmeno, consentiva di ritenere scusabile la condotta addebitata. Tanto, sul rilievo che le difficoltà relative ad eventuali situazioni organizzative e logistiche dell’Ufficio Giudiziario rientrano nella capacità e nelle competenze organizzative del magistrato, che nelle indagini complesse e articolate, quali quella concernente i delitti di tentato omicidio e di criminalità organizzata, richiedono attenzione e controlli particolarmente scrupolosi da parte del Pubblico Ministero, con la conseguenza che era anche dubitabile che fosse opportuno delegare indagini di tal fatta ad una stazione di carabinieri piuttosto che al Nucleo operativo di un Comando provinciale ovvero ad un reparto speciale quale il Raggruppamento Operativo Speciale (ROS). Ha, quindi affermato che la gestione e l’organizzazione del lavoro rientrano nella disponibilità del magistrato con la conseguenza che “le disfunzioni che si verificano a causa dei difetti di tale gestione ben possono essere suscettibili di valutazione”.

57. Quanto innanzi osservato evidenzia che la sezione disciplinare non ha affatto violato i limiti del giudizio di rinvio, segnati dalla sopra richiamata sentenza rescindente, ma, al contrario, ha esaminato i fatti e li ha apprezzati sotto il profilo della inescusabilità della condotta e non, come opina il ricorrente, sotto il profilo della colpa.

58. In altri termini, come condivisibilmente affermato dal P.M., la sezione disciplinare, nel rispetto del principio della sentenza rescindente, “esercitando la propria, ed ampia, discrezionalità ha rilevato nel merito la sussistenza di una serie di variegate situazioni relative al comportamento personale e di ufficio del magistrato che hanno reso inescusabile la condotta. Essi hanno riguardato quella serie di comportamenti tenuti dall’incolpato, concernenti la mancata sorveglianza delle date di cessazione della videosorveglianza, la continuazione della medesima attività dopo la richiesta di archiviazione, l’omessa consultazione del fascicolo, dalla cui lettura sarebbe risultata la definizione del processo e l’impossibilità di prosecuzione dell’attività di indagine, l’omessa lettura della nota del 13.5.2011, a fronte dei quali una diversa ed assolutamente esigibile condotta dell’incolpato conforme ai doveri di ufficio avrebbe facilmente evitato che l’ambiguità della nota e la sua natura ingannevole producessero effetti”.

59. Non è ravvisabile il lamentato vizio di contraddittorietà della motivazione, che presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della “ratio decidendi”, e cioè l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione adottata (Cass. Sez. Un. 21 dicembre 2009 n. 26825, in tema di vizio di contraddittorietà della motivazione delle sentenze della sezione disciplinare).

60. Precisato che lo scrutinio sulla motivazione non può che essere riferito alla sentenza oggi impugnata e non ad una inesistente sentenza composta da più decisioni (quella annullata e quella oggetto dell’impugnativa del ricorso in esame) dell’unico procedimento disciplinare, come auspica il ricorrente, la sentenza impugnata ha spiegato bene, con argomentazioni chiare, logiche e tra loro coerenti, che il puntuale rispetto dei doveri che incombono sul Pubblico Ministero avrebbero impedito che la nota dal contenuto ambiguo ed ingannevole si producessero.

61. Il terzo motivo, che, rubricato come “ulteriore rilievo sulla mancanza di motivazione sul tema dell’inescusabilità e travisamento di prove documentali”, addebita alla sentenza impugnata la mancata valutazione di prove assunte come decisive, quali alcune missive dell’incolpato e la condizione di imputato del luogotenente C. nell’ambito dei procedimenti penali connessi alla vicenda disciplinare, è inammissibile. Infatti, il ricorrente, con prospettazioni analoghe a quelle sviluppate nel secondo motivo, ira inammissibilmente al riesame dei fatti che hanno formato oggetto di accertamento e di apprezzamento da parte della Sezione Disciplinare. Al riguardo vanno richiamate le considerazioni svolte nel p. n. 48 di questa sentenza sui limiti del sindacato della Corte di Cassazione in merito alla rilettura degli elementi di fatto posti a base della decisione impugnata.

62. Il quarto motivo è infondato.

63. Nella sentenza impugnata (cfr. p. n. 8 motivi della decisione impugnata), diversamente da quanto opina il ricorrente, è dato conto, in modo esaustivo, puntuale e logicamente lineare delle ragioni per le quali la condotta del Dott. B. non poteva essere considerata scusabile con riguardo alla “mole di lavoro”.

64. Come già evidenziato (cfr. pp. nn. 57 e 58 di questa sentenza), la sezione disciplinare ha rilevato, per affermare la inescusabilità della condotta addebitata, che la disorganizzazione dell’ufficio non esclude la configurabilità dell’illecito disciplinare e le disfunzioni che si verificano a causa dei difetti di tale gestione ben possono essere suscettibili di valutazione disciplinare.

65. Il quinto motivo è infondato.

66. Il giudice disciplinare non è, infatti, tenuto a dare conto di tutti i propri precedenti disciplinari e a comparare le fattispecie concrete sulle quali le sue decisioni sono intervenute con quella oggetto della specifica incolpazione, la quale non può che essere apprezzata avuto riguardo agli aspetti che nel concreto la caratterizzano.

67. Il sesto motivo è inammissibile perchè sollecita il riesame dei fatti concernenti il danno erariale, che il giudice disciplinare ha accertato e apprezzato, con argomentazioni motivazionali puntuali, lineari e coerenti, riesame inammissibile, come già affermato nel p. n. 48 di questa sentenza.

68. Sono infondate le argomentazioni sviluppate dal ricorrente nei “motivi nuovi”, da qualificarsi come mera specificazione ed illustrazione delle prospettazioni difensive già formulate nei motivi di ricorso (Cass. Sez. Un. 29 ottobre 2019 n. 27741, Cass. Sez. Un. 22 febbraio 2012 n. 2568).

69. In ordine a quanto esposto nel primo e nel terzo dei “motivi nuovi”, nei quali vengono ribadite le censure già formulate nel quinto, nel secondo e nel quarto motivo del ricorso, vanno richiamate le considerazioni esposte nei punti n. 66 (quinto motivo), nn. 53-58 (secondo motivo), 63-64 (quarto motivo) di questa sentenza.

70. Quanto alle prospettazioni difensive sviluppate nel secondo dei “motivi nuovi”, va osservato quanto segue.

71. Il D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 19, comma 2, prima parte, dispone che “La Sezione disciplinare provvede con sentenza, irrogando una sanzione disciplinare ovvero, se non è raggiunta prova sufficiente, dichiarando esclusa la sussistenza dell’addebito”.

72. Come è già stato affermato (Cass. Sez. Un. 10 dicembre 2013 n. 27493), la disposizione è una norma che attiene allo standard probatorio richiesto per pervenire ad una affermazione di responsabilità; con questa regola di giudizio, modellata sulla disciplina del processo penale e improntata a ragioni di favor nei confronti dell’incolpato, si esclude, infatti, che la sanzione disciplinare possa essere irrogata in presenza di una serie incompleta di elementi di responsabilità, ovvero di una contrapposizione fra elementi contrari ed elementi favorevoli all’incolpato.

73. Si tratta, però, di un’insufficienza che riguarda la prova, appunto, del fatto: nel suo accadimento, nella sua materialità o nella sua riferibilità all’incolpato. E poichè la predetta regola di giudizio non muta la natura del sindacato delle Sezioni Unite, che, come già detto, non può sconfinare nell’ambito del giudizio di merito, essa deve ritenersi osservata, a prescindere dalla persistenza dei dubbi della difesa sulla correttezza della ricostruzione prescelta dal giudice a quo, quando, come nella specie, la Sezione disciplinare abbia operato un’attenta e completa disamina delle risultanze probatorie, sorreggendola con una motivazione esaustiva rispettosa dei canoni della logica.

74. In altri termini, l’incertezza che, secondo la delineata regola di giudizio, conduce alla esclusione della sussistenza dell’addebito, verte sulla prova del fatto.

75. Ne consegue che il D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 19, comma 2, non trova applicazione allorchè la quaestio coinvolga, come nella presente vicenda, non l’an della condotta, ma la sua inquadrabilità nell’ambito della fattispecie disciplinare astratta delineata dal legislatore: il che pertiene alla logica del giudizio sussuntivo, scrutinabile in cassazione attraverso il prisma dell’errore di diritto, senza che la complessità dell’indagine ermeneutica al riguardo possa riflettersi, o risolversi, nel mancato raggiungimento della prova sufficiente della sussistenza dell’addebito.

76. Conclusivamente, il ricorso va rigettato.

77. Le spese del presente giudizio, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.

78. Risultando dagli atti che il procedimento in esame è considerato esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui del Testo Unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte;

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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