Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8928 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 31/03/2021), n.8928

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20965-2019 proposto da:

M.S.M., M.P., domiciliati in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato SALVATORE MILANO;

– ricorrenti –

contro

Q.R., Q.S., L.C., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 19, presso lo studio

dell’avvocato ORNELLA RUSSO, rappresentati e difesi dall’avvocato

MAURIZIO LISTRO;

– controricorrenti –

contro

CATTOLICA DI ASSICURAZIONE SOCIETA’, in persona del Procuratore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 320,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MALATESTA, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1235/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata 11 29/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 1 7 /12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA

GORGONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

M.P. e M.S.M. ricorrono per la cassazione della sentenza n. 1235/18 della Corte d’Appello di Catania, resa pubblica il 29 maggio 2018, non notificata, avvalendosi di sei motivi, illustrati con memoria.

Resistono con separati controricorsi la Società Cattolica di Assicurazione, Q.S., S.R. e L.C..

I ricorrenti espongono di essere stati danneggiati – il primo, quale conducente, il secondo, quale trasportato – nel corso dell’incidente stradale verificatosi il (OMISSIS), cagionato dall’improvvisa ostruzione della carreggiata di marcia da parte del trattore a rimorchio, carico di balle di paglia, condotto, a luci spente, da Q.S., di proprietà di Q.P., assicurato dalla Fata Assicurazioni, ora Cattolica Assicurazioni; di aver agito penalmente nei confronti di Q.S., senza ottenerne la condanna, perchè il giudizio si era concluso per intervenuta prescrizione; di avere agito per il risarcimento dei danni in sede civile, dinanzi al Tribunale di Palermo, il quale rigettava la richiesta con sentenza n. 1450/2014, confermata dalla Corte d’Appello di Palermo con la decisione oggetto dell’odierna impugnazione

Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 111Cost., e dell’art. 132c.p.c., n. 4, e dell’art. 149C.d.S., per la mancata percezione dei fatti in riferimento al verbale di rilevamento tecnico descrittivo dell’incidente effettuato dai carabinieri.

Premesso che la tra le parti era discussa la dinamica del sinistro – per l’attore l’incidente era avvenuto a causa del rimorchio che procedeva a fari spenti, per il convenuto il tamponamento aveva avuto luogo nel corso di un tentativo di sorpasso non riuscito – e che il giudice di prime cure e la Corte d’Appello avevano ritenuto irrilevanti le modalità in cuì si era verificato l’incidente, perchè il conducente dell’autovettura era responsabile della violazione dell’art. 149 C.d.S., per non aver osservato la distanza di sicurezza, i ricorrenti lamentano l’obiettiva incomprensibilità della motivazione che, a loro avviso, sarebbe dettata da un errore di percezione del contenuto della prova e deducono che a seconda della dinamica dell’incidente, tutt’altro che indifferente, avrebbe dovuto trovare applicazione l’art. 149 ovvero l’art. 148 C.d.S.. Gli attori. 2. Con il secondo motivo i ricorrenti censurano la sentenza gravata per violazione degli artt. 2727-2729 c.c., artt. 152-153 C.d.S., in riferimento alla prova testimoniale di L.S. e di T.G., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la Corte d’Appello desunto dalle deposizioni dei due testi che avevano riferito che quando erano arrivati sul luogo dell’incidente i fari del trattore erano spenti che il trattore molto probabilmente circolava a fari spenti al buio.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 111 Cost., e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in riferimento alla prova testimoniale di L.S., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. L’errore imputato alla Corte d’Appello è quello di aver ritenuto ininfluente la circostanza, riferita sia in sede civile sia in sede penale, che il conducente del trattore si era assunto la responsabilità dell’incidente e si era dichiarato disponibile a denunciare il sinistro alla propria assicurazione.

4. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano la “Violazione dell’art. 346 c.p.c., in riferimento alla prova testimoniale di Me.An. e di Q.R., e in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”. Me.An., suocera del M., aveva riferito di aver saputo da Q.R. che il trattore del fratello era stato coinvolto in un incidente perchè aveva i fari spenti. Q.R., invece, riferiva di avere apposto personalmente al rimorchio il cartello a strisce biancorosse oblique, di non avere visto l’incidente che comunque si era svolto in una zona illuminata, che il trattore aveva i fari accesi.

La Corte d’Appello condivideva quanto ritenuto dal Tribunale, il quale non aveva attribuito particolare valore probatorio alla deposizione della teste Me., perchè il contenuto della sua dichiarazione era incompatibile con quella di Q.R., ed entrambe erano ritenute inattendibili per lo stretto vincolo di parentela esistente tra le parti, anche se la prova testimoniale di Q.R. non era stata riproposta in sede d’appello e doveva ritenersi rinunciata.

5. Con il quinto motivo i ricorrenti rimproverano alla sentenza gravata la “Violazione dell’art. 111 Cost., e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in riferimento all’art. 2054 c.c., alla prova testimoniale di G.M. e alla dinamica dell’incidente prospettata dal M.; e in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”.

In mancanza di prova dei fatti che le parti avevano l’onere di provare e tenuto conto dell’iniziale ammissione di responsabilità da parte del Q. che, anche secondo il Tribunale, era tale da introdurre un margine di incertezza sulla ricostruzione della dinamica del sinistro, la Corte d’Appello, secondo la prospettazione dei ricorrenti, avrebbe dovuto dichiarare il concorso di colpa dei conducenti dei rispettivi mezzi e non addebitare la colpa del sinistro solo al conducente dell’auto, applicando erroneamente l’orientamento giurisprudenziale che ritiene la presunzione di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, superata dalla presunzione de facto di inosservanza della distanza di sicurezza da parte del tamponante.

Non solo: la forte di merito avrebbe riconosciuto come vera la ricostruzione dei fatti sostenuta dal tamponante, confermata, peraltro dalle tracce oblique di frenata, salvo poi rigettare l’appello ed avrebbe ritenuto il verbale redatto dai carabinieri compatibile con due diverse ed opposte ricostruzioni dell’incidente.

6. Con il sesto motivo i ricorrenti attribuiscono alla Corte d’Appello la “Violazione degli artt. 112 e 91 c.p.c., del D.M. n. 55 del 2014, in riferimento alla CTU e alla prova testimoniale di R.P.; e in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”.

I ricorrenti sostengono che, avendo chiesto sia in primo che in secondo grado, la condanna al pagamento di Euro 256.000,00 subordinata all’effettivo accertamento del danno, e perciò alla somma, maggiore o minore, ritenuta in corso di causa e comunque liquidata in via equitativa, la pretesa azionata non avrebbe dovuto essere determinata in base alla domanda originariamente proposta, bensì con riferimento al danno accertato, e, perciò, la condanna alle spese di lite avrebbe dovuto collocarsi all’interno dello scaglione per le cause di valore compreso tra Euro 5.200,01 ed Euro 26.000,00.

7. Il ricorso è inammissibile, in considerazione del fatto che:

– il vizio dedotto con il primo motivo non attiene, come dovrebbe, alla ricognizione dei contenuto oggettivo della prova, perchè la Corte d’Appello ha valutato il verbale redatto dai carabinieri nella sua portata probatoria, altrimenti non avrebbe potuto ritenere quanto in esso riportato compatibile sia con la ricostruzione della dinamica dell’incidente prospettata dal conducente del mezzo agricolo sia con quella offerta dal conducente dell’auto, sicchè è da escludere, stante la presenza di una valutazione, la ricorrenza dell’errore percettivo lamentato nella censura (di recente, cfr., in tal senso, Cass. 04/11/2020, n. 24479);

– con il secondo motivo i ricorrenti chiedono sostanzialmente un inammissibile diverso accertamento delle risultanze delle prove testimoniali, a dispetto della veste formale con cui le censure sono state introdotte.

Per attribuire al giudice l’erronea applicazione dei ragionamento presuntivo occorre dedurre che siano stato sussunti, sotto la norma dell’art. 2729 c.c., fatti concreti privi delle caratteristiche della gravità, della precisione e della concordanza. Solo in tal caso compete alla Corte di Cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell’art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta dal giudice di merito, lo sia stata anche a livello di applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta. Tutta l’argomentazione difensiva dei ricorrenti, invece, sì basa sull’assunto che la Corte d’Appello disponesse di elementi sulla scorta dei quali era possibile giungere ad una diversa ricostruzione dei fatti di causa, omettendo di considerare che le differenti possibili valutazioni delle emergenze istruttorie attengono al piano dell’apprezzamento di merito e sono incompatibili con il giudizio di legittimità, a questa Corte spettando soltanto la verifica sulla correttezza logico-giuridica del ragionamento seguito e delle argomentazioni sostenute (senza che ciò possa tradursi in un nuovo accertamento ovvero nella ripetizione dell’esperienza conoscitiva propria dei gradi precedenti). è sufficiente ribadire, infatti, che contrasta con i limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità sollecitare una nuova valutazione dei fatti di causa, perchè l’accoglimento di tale richiesta implicherebbe la trasformazione del processo di cassazione in un terzo giudizio di merito, nel quale ridiscutere il contenuto di fatti e di vicende del processo e dei convincimenti del giudice maturati in relazione ad essi;

– deve escludersi anche che la sentenza sia priva di giustificazione, come denunciato con il terzo motivo, giacchè la statuizione di condanna del conducente dell’autoveicolo è stata basata sull’applicazione di un principio giurisprudenziale consolidato che nel caso di tamponamento, anche avvenuto durante un tentativo di soprasso – la Corte ha osservato: “appare del tutto irrilevante la causa dell’innesco del sinistro in quanto sia nell’uno che nell’altro caso permane la responsabilità del M. in ordine all’avvenuto tamponamento” (p. 9) – pone a carico del tamponante la presunzione relativa di non aver tenuto la distanza di sicurezza. E’ evidente, dunque, che la Corte d’Appello ha ritenuto che nel caso di specie si era verificato un tamponamento;

– il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso sono accomunati dal fatto che lo sforzo confutativo dei ricorrenti è indirizzato verso la valutazione delle prove testimoniali, cioè verso un’attività che si gioca interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sol che il giudicante abbia adeguatamente motivato l’iter logico seguito;

– erroneamente dedotta è la violazione dell’art. 346 c.p.c., con riferimento alla deposizione di Q.R., perchè il principio di operatività dell’acquisizione processuale non è subordinato ad alcuna dichiarazione di volontà della parte a cuì favore è destinata a produrre effetti la prova prodotta in giudizio da altra parte; essendo entrata a far parte del compendio probatorio, la testimonianza di Q.R. non poteva non essere considerata dal giudice a quo, sol perchè non riproposta dai ricorrenti in appello. Secondo questa Corte regolatrice, infatti, “i giudice di appello, pur in mancanza di specifiche deduzioni sul punto, deve valutare tutti gli elementi di prova acquisiti, quand’anche non presi in considerazione dal giudice di primo grado, poichè in materia di prova vige il principio di acquisizione processuale, secondo il quale le risultanze istruttorie comunque ottenute, e quale che sia la parte ad iniziativa o ad istanza della quale siano formate, concorrono tutte indistintamente alla formazione del convincimento del giudice”: (Cass. 12/07/2011, n. 15300; Cass. 04/06/2018, n. 14284);

– non merita accoglimento nemmeno l’ultimo motivo di ricorso, perchè costituisce un principio consolidato che il valore della controversia si determina in base alla domanda e sommandosi a tal fine le domande proposte nei confronti del medesimo soggetto (Cass. 08/07/2003, n. 10737), determinate al momento iniziale della lite (Cass. 30/10/2019, n. 27789).

8. Le spese sono liquidate come da dispositivo.

9. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese, liquidandole in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, a favore di Società Cattolica di Assicurazioni, e in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, a favore di Q.S. e Q.R. e L.C..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

 

 

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