Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8927 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 31/03/2021), n.8927

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34184-2019 proposto da:

M.T., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato TIBERIO BARONI;

– ricorrente –

contro

M.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NIKI RAPPUOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1975/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 02/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

DELL’UTRI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

con sentenza resa in data 2/8/2019, la Corte d’appello di Firenze ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento dell’opposizione proposta da M.M., ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto da M.T. nei confronti dell’opponente in forza di un’asserita ricognizione di debito sottoscritta da M.R. (dante causa di M.M.) in favore di Ma.Ma. (dante causa di M.T.);

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato la correttezza della decisione del primo giudice, nella parte in cui aveva condiviso le corrette valutazioni della consulenza tecnica d’ufficio grafologica che aveva escluso la riconducibilità della sottoscrizione del riconoscimento di debito in capo a M.R., rilevando, sotto altro profilo, l’avvenuta implicita rinuncia di M.T. all’ammissione delle restanti istanze istruttorie (siccome non riproposte in sede conclusionale dinanzi al primo giudice), in ogni caso riferite a circostanze di fatto del tutto generiche e di per sè inidonee a fornire adeguata contezza dei fatti rilevanti ai fini del giudizio;

avverso la sentenza d’appello, M.T. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;

M.M. resiste con controricorso;

a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., le parti non hanno presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

dev’essere preliminarmente rilevata l’inammissibilità del ricorso, avendo il ricorrente provveduto alla relativa notificazione oltre il termine di sessanta giorni previsto dalla legge;

osserva al riguardo il Collegio come debba trovare applicazione, al caso di specie, il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, in tema di sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, la Disp. della L. n. 742 del 1969, art. 1, per la quale, se il decorso del termine ha inizio durante il periodo di sospensione, esso è differito alla fine di detto periodo, va intesa nel senso che il primo giorno utile successivo alla sospensione feriale va computato nel novero dei giorni concessi dal termine, di cui tale giorno non costituisce l’inizio del decorso ma la semplice prosecuzione, a nulla rilevando che si tratti di giorno festivo (Sez. 1, Sentenza n. 7112 del 20/03/2017, Rv. 644757 – 01; v. altresì Sez. U, Sentenza n. 3668 del 28/03/1995, Rv. 491465 – 01; Sez. U, Sentenza n. 4814 del 14/07/1983, Rv. 429705 – 01);

nel caso di specie, avendo il ricorrente ricevuto la notificazione della sentenza nel corso del periodo feriale, il conteggio del termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso doveva ritenersi comprensivo del primo giorno utile successivo alla sospensione (ossia del 1 settembre 2019), con la conseguente scadenza del termine per la proposizione del ricorso in data 30 ottobre 2019 (nella specie disattesa);

ciò posto, ferma l’inammissibilità del ricorso per la tardività della relativa proposizione, varrà rilevare come ad esito non dissimile9sia1 comunque destinati a pervenire a seguito dell’esame concreto delle censure avanzate in questa sede;

infatti, con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare la puntuale riproposizione, da parte del ricorrente, in sede conclusionale dinanzi al primo giudice, delle istanze istruttorie precedentemente rigettate, pervenendo in modo del tutto illegittimo all’affermazione della pretesa rinuncia dello stesso ricorrente alle istanze istruttorie originariamente proposte;

con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale illegittimamente sollevato d’ufficio l’eccezione relativa alla (implicita) rinuncia del ricorrente alle istanze istruttorie avanzate dinanzi al primo giudice, in contrasto con la riconducibilità di detta eccezione all’ambito di quelle sollevabili unicamente su istanza di parte;

il primo e il terzo motivo – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono inammissibili per difetto di interesse;

osserva il Collegio come, a prescindere (e al di là) dalla rilevazione, da parte del giudice d’appello, dell’implicita rinuncia dell’odierno ricorrente alle istanze istruttorie non riproposte in sede conclusionale davanti al primo giudice, la corte territoriale abbia, “in ogni caso”, espressamente attestato l’assoluta genericità dei capitoli di prova articolati dal ricorrente e la relativa superfluità ai fini del giudizio (cfr. pag. 11 della sentenza impugnata), stabilendone, in tal modo, la relativa inammissibilità;

detta autonoma (e ulteriore) ratio decidendi (circa l’inammissibilità delle istanze istruttorie in esame) in quanto non censurata dall’odierno ricorrente, vale a sostenere di per sè la decisione impugnata (nella parte in cui esclude l’acquisizione di elementi istruttori sufficienti a sostenere le pretese di M.T.), rendendo conseguentemente irrilevanti le censure illustrate con le doglianze in esame, segnatamente riferite alla pretesa erronea rilevazione, da parte del giudice d’appello, dell’implicita rinuncia del ricorrente all’assunzione delle medesime istanze istruttorie;

è appena il caso di rilevare, al riguardo, come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr., da ultimo, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9752 del 18/04/2017, Rv. 643802 – 01), là dove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte e autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza;

con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale erroneamente esaminato e valutato la consulenza tecnica d’ufficio, rifiutandone immotivatamente il rinnovo in sede d’appello;

il motivo è inammissibile;

osserva sul punto il Collegio come la corte territoriale abbia provveduto a specificare, in modo analitico, le ragioni della ritenuta condivisibilità delle conclusioni raggiunte nella consulenza tecnica d’ufficio disposta in primo grado in relazione all’accertata impossibilità di attribuire la sottoscrizione contestata all’ordine grafico di M.R., di quell’elaborato sottolineando la puntualità, la precisione e l’approfondimento delle indagini svolte;

a fronte di tali premesse, varrà considerare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, quando sia denunciato, con il ricorso per cassazione, un vizio di motivazione della sentenza, sotto il profilo dell’omesso esame di fatti, circostanze, rilievi mossi alle risultanze di ordine tecnico e al procedimento tecnico seguito dal c.t.u., è necessario che il ricorrente non si limiti a censure apodittiche di erroneità e/o di inadeguatezza della motivazione, o anche di omesso approfondimento di determinati temi di indagine, ma precisi e specifichi, sia pure in maniera sintetica, le risultanze e gli elementi di causa dei quali lamenta la mancata od insufficiente valutazione, evidenziando, in particolare, le eventuali controdeduzioni alla consulenza d’ufficio che assume non essere state prese in considerazione, ovvero gli eventuali mezzi di prova contrari non ammessi, per consentire al giudice di legittimità di esercitare il controllo sulla decisività degli stessi, che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere effettuato sulla sola base delle deduzioni contenute in tale atto (Sez. 2, Sentenza n. 8383 del 03/08/1999, Rv. 529176 01),

in particolare, sotto il profilo della decisività della censura, anche in relazione al dedotto omesso esame di fatti, circostanze, rilievi mossi alle risultanze di ordine tecnico ed al procedimento tecnico seguito dal c.t.u., vale il principio in forza del quale il corrispondente vizio di motivazione può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Sez. 3, Sentenza n. 11457 del 17/05/2007, Rv. 596714 – 01);

ciò posto, occorre rilevare l’inammissibilità della censura in esame, avendo il ricorrente incidentale propriamente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività dell’omesso esame, da parte del giudice a quo, di fatti, circostanze, rilievi mossi alle risultanze di ordine tecnico ed al procedimento tecnico seguito dal c.t.u., e che avrebbero al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia;

osserva, pertanto, il Collegio come, attraverso le odierne censure, il ricorrente altro non prospetti se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità;

dev’essere, peraltro, sottolineata l’erroneità dell’eventuale invocazione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, trattandosi, nel caso di specie, dell’impugnazione di una sentenza di appello fondata sulle stesse ragioni di fatto poste a base della sentenza di primo grado (cfr. l’art. 348-ter c.p.c.);

sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui segue la condanna del ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;

dev’essere, infine, attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

PQM

Dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 10.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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