Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8925 del 05/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 8925 Anno 2015
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 8610-2012 proposto da:
PARAVENTI SABRINA C.F. PRVSRN70T50D488P, elettivamente
domiciliata in ROMA, SALITA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO
1/B, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO NASO, che
la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente 2014
3921

contro

EDEN S.R.L., già EDEN VIAGGI S.R.L. p.i. 00862030418,
in persona del legale rappresentante pro tempore,

o

elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO LA LOGGIA 33,
• b’

presso lo studio dell’avvocato SANDRO FOLGARELLI,

Data pubblicazione: 05/05/2015

rappresentata e difesa dall’avvocato

PAOLO DI LORETO,

giusta delega in atti;
i
• «l

– controzicorrente avverso la sentenza n. 729/2011 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 28/09/2011 R.G.N. 168/2011;

udienza del 10/12/2014 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito

l’Avvocato SANDRO FOLGARELLI

per delega DI

LORETO PAOLO;
udito il P.M. in persona del

Sostituto

Procuratore

Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

-t

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo
Si controverte del licenziamento e del diritto a differenze retributive a vario titolo di
Paraventi Sabrina, impiegata della Eden Viaggi ari., alla quale il recesso venne
comunicato il 20.9.2005, con lettera pervenutale il 24.9.2005, sulla base di

cercato di giustificare attraverso la produzione di certificazioni sanitarie risultate
false.
Nel respingere il gravame della Paraventi, la Corte d’appello di Ancona, con
sentenza del 16.9 — 28.9.2011, ha spiegato che bene aveva fatto la datrice di
lavoro ad attendere lo sviluppo degli atti dell’indagine penale prima di verificare la
fondatezza dell’addebito ai fini della giustificazione del licenziamento e che
l’intensità del dolo, dovuto all’impiego di modalità fraudolente della condotta a
causa delle quali la dipendente aveva riportato condanna penale confermata in
secondo grado, induceva a ritenerla persona inaffidabile, per cui il licenziamento
era da considerare giustificato. Inoltre, erano rimaste sfornite di prova le pretese
economiche avanzate a vario titolo dalla lavoratrice col ricorso di primo grado.
Per la cassazione della sentenza ricorre la Paraventi con dodici motivi.
Resiste con controricorso la società Eden s.r.I., già Eden Viaggi s.r.l.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo, dedotto per vizio di motivazione in merito alla mancata
valutazione della lettera di contestazione disciplinare del 22.4.2005 e per
violazione degli artt. 7 I. n. 300/70, commi 2 e 5, e 128 del CCNL del Turismo del
19/7/03, comma 3, la ricorrente si duole della estrema genericità degli addebiti
concernenti i certificati medici da lei inviati alla datrice di lavoro, genericità che non
le aveva consentito di comprendere in cosa fosse esattamente consistita la
mancanza di correttezza e di regolarità di tali certificati, ad onta del fatto che la
predetta norma collettiva esigeva la specificità del fatto costitutivo dell’infrazione, il
tutto con inevitabile compressione del relativo diritto di difesa.

1

»7

addebito disciplinare costituito da due assenze dal lavoro che la medesima aveva

2. Col secondo motivo, dedotto per vizio di motivazione riguardante la valutazione
della lettera di licenziamento del 20.9.2005 e della relativa causa giustificatrice,
nonché per violazione e falsa applicazione degli artt. 2119 c.c., 2 1. n. 604/66, 7 I.
n. 300/70 e 128, comma 6, del CCNL Turismo del 1917/03, la ricorrente lamenta

avrebbe dovuto, invece, indurre l’interprete a ritenere illegittimo il provvedimento
risolutorio per la mancata specificazione dei motivi che lo avevano determinato.
3. Col terzo motivo, formulato per vizio di motivazione con riferimento alla mancata
valutazione dei diversi elementi della lettera di contestazione disciplinare, della
tardività dei relativi addebiti del 22/4/05, delle prove testimoniali raccolte e della
documentazione prodotta dall’ azienda (buste paga di dicembre 2004 e febbraio
2005 — denuncia querela del 20/4/05), nonché per violazione e falsa applicazione
degli artt. 7 l. n. 300/70 e 128, comma 4, del CCNL Turismo del 19/7/03, la
ricorrente rileva che la predetta contestazione concerneva episodi antecedenti di
quattro mesi e, quindi, non appariva giustificabile il lungo lasso di tempo fatto
trascorrere dalla datrice di lavoro prima di avviare la procedura disciplinare,
nonostante che la stessa fosse venuta in possesso dei certificati medici sin dai
giorni immediatamente successivi alle assenze oggetto di addebito, per cui tale
tardività aveva pregiudicato anche il diritto di difesa dell’incolpata.
4. Col quarto motivo, proposto per vizio di motivazione con . riferimento alla
mancata valutazione della tardività del licenziamento del 20/9/05, nonché per
violazione e falsa applicazione degli artt. 7 I. n. 300/70, 128, comma 6,, e 440 del
CCNL Turismo del 19/7/03, la ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello ha
ritenuto, da una parte, che fosse tempestiva e fondata la contestazione
disciplinare del mese di aprile del 2005 e, dall’altra, che la datrice di lavoro avesse
diritto ad attendere il rinvio a giudizio della dipendente ai fini della verifica della
fondatezza dell’addebito. Aggiunge, pertanto, la ricorrente che alla luce delle
predette norme collettive era da ritenere che il licenziamento era viziato, dal

2

it,

che la Corte non ha fatto alcun riferimento al predetto documento, il cui esame

momento che lo stesso era stato intimato dopo cinque mesi dalla ricezione delle
giustificazioni ed oltre il termine di decadenza di dieci giorni dalla scadenza del
termine assegnato al lavoratore per la loro presentazione, per cui le stesse
avrebbero dovuto intendersi come accolte.

riferimento alla ritenuta sussistenza degli addebiti disciplinari e della violazione
degli artt. 653 c.p.c., 116 c.p.c., 2697 c.c., 2729 c.c. e 5 della legge n. 604/66, la
ricorrente segnala che la motivazione della sentenza facente leva sull’esito del
giudizio penale si pone in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale che
considera autonomo il giudizio civile da quello penale, tanto più che alla data della
pronunzia oggetto della presente impugnazione la sentenza penale non era
ancora passata in giudicato. In tal modo, secondo la tesi difensiva, viene anche ad
essere invertito l’onere della prova sulla sussistenza degli addebiti disciplinari che
incombeva sulla datrice di lavoro.
6. Col sesto motivo, proposto per vizio di motivazione con riferimento ai due
documenti medici prodotti dalla controparte, alla ritenuta gravità degli addebiti
disciplinari ed alla proporzionalità della sanzione, nonché per violazione degli artt.
7 1. n. 300/70, 2119 c.c., 128, 129, 143 e 183 del CCNL Turismo del 19/7/03, la
Paraventi si duole del fatto che la Corte d’appello ha attribuito una valenza
preponderante all’intensità del dolo, commisurandolo in misura inversamente
proporzionale al valore dell’asserito danno causato al datore, senza tener conto
che in applicazione del principio di proporzionalità tra fatto contestato e sanzione
sarebbe stata sufficiente, nel caso di specie, una semplice sanzione conservativa,
tanto che la stessa azienda aveva già provveduto a non retribuirle l’assenza del
mese di dicembre del 2004 e a considerare quale giorno di ferie godute l’assenza
di febbraio del 2005.
7. Col settimo motivo, riflettente il vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta
carenza probatoria circa l’espletamento di mansioni superiori e l’omessa

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5. Col quinto motivo, avente ad oggetto la denunzia di vizio di motivazione con

,

valutazione di prove testimoniali determinanti, nonchè il vizio di violazione di legge
con riguardo agii artt. 115 e 116 c.p.c., la ricorrente lamenta che tali omissioni
valutative hanno reso la sentenza carente sul piano logico-giuridico in quanto la
motivazione adottata prescinde dall’accertamento in fatto delle attività lavorative in

irrazionale la sporadicità dei compiti di traduzione e di formazione, da un lato, e la
totale ed esclusiva prevalenza delle mansioni di inserimento dei dati nel computer,
dall’altro.
8. Con l’ottavo motivo, svolto per vizio di motivazione in ordine alla ritenuta
congruità dell’inquadramento contrattuale della ricorrente e per violazione degli
artt. 2103 c.c. e 414, parti 4, 5 e 6 del CCM_ Turismo del 1917/03, la ricorrente
lamenta che la sentenza impugnata prescinde dalla valutazione delle declaratorie
contrattuali al punto da trascurare in maniera illogica il quid pluris del contenuto
delle mansioni realmente esercitate nel momento in cui queste sono state
ricondotte a meri compiti esecutivi, così come erroneamente la qualificazione
professionale è stata ricondotta nel semplice alveo delle “qualificate conoscenze e
capacità tecnico pratiche”.
9. Col nono motivo, dedotto per vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta
sporadicità delle mansioni superiori svolte ed alla loro insufficienza ai fini del
maggiore inquadramento, oltre che per violazione degli arti 2103 c.c. e 414, parti
4, 5 e 6 del CCNL Turismo del 19/7/03, la ricorrente lamenta che
contraddittoriamente la Corte territoriale riconosce, da una parte, lo svolgimento di
mansioni superiori, mentre, dall’altra, afferma che le stesse non erano state tali da
caratterizzare una maggiore qualificazione personale, poiché eseguite
essenzialmente in maniera occasionale, il tutto senza aver effettuato un
accertamento concreto sulla loro durata. D’altronde, aggiunge la ricorrente,
nemmeno nel contratto collettivo è fatto al riguardo riferimento ad un criterio di
.,.

prevalenza qualitativa.

concreto svolte, con la conclusione che la Corte d’appello ha sostenuto in modo

10. Col decimo motivo, formulato per vizio di motivazione con riferimento alla
ritenuta carenza probatoria circa l’espletamento di lavoro straordinario ed alla
omessa valutazione di prove testimoniali determinanti, oltre che per violazione
degli artt. 115, 116 e 416 c.p.c., la Paraventi si duole della preminenza data dalla

dell’effettuazione dello straordinario e della mancata valutazione del
comportamento processuale della resistente, che non aveva preso posizione al
riguardo.
11. Con l’undicesimo motivo, dedotto per vizio di motivazione in merito alla
mancata pronunzia sulla richiesta di condanna della convenuta al pagamento delle
retribuzioni maturate durante la sospensione cautelare dall’1/7/05 al 2419/05,
nonché per violazione dell’art. 112 c.p.c., la Paraventi lamenta che in sede di
gravame aveva segnalato che il primo giudice aveva limitato l’accertamento del
diritto alla percezione delle retribuzioni fino alla data dell’adozione del
licenziamento, anziché estenderlo fino a quella della ricezione dello stesso
provvedimento espulsivo, e che il medesimo giudicante aveva omesso di
pronunziarsi sulla domanda di condanna specifica della società al pagamento
delle retribuzioni maturate dall’117/05 al 24/9/05; ciò nonostante la Corte d’appello
non si era pronunziata su tale questione.
12. Attraverso il dodicesimo motivo, articolato sulla base del vizio di motivazione
riferito alla mancata valutazione delle richieste istruttorie dei primi due gradi del
procedimento, oltre che sulla scorta del vizio di violazione di norme di diritto di cui
agli artt. 420, co. 5, c.p.c., 421, co. 2, c.p.c., 437, co. 2, c.p.c., 112 e 115 c.p.c., la
ricorrente sostiene che male avevano fatto i giudici di merito dei due gradi di
giudizio a disattendere le specifiche richieste di prova e a non ammettere d’ufficio i
mezzi necessari per una puntuale e definitiva comprensione delle circostanze
oggetto di contenzioso, ritenendo, erroneamente, di poter decidere la controversia
in mancanza delle suddette integrazioni.

5

Corte territoriale ad alcune testimonianze anziché ad altre ai fini della verifica

Osserva la Corte che per ragioni di connessione possono essere esaminati i primi
quattro motivi dei ricorso congiuntamente al sesto, all’ottavo ed al nono motivo in
quanto attraverso le relative censure è denunziata anche la violazione di
determinate norme del contratto collettivo nazionale del Turismo
(CONFCOMMERCIO).
Tuttavia, in aperta violazione della regola di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4),
(su cui cfr. l’orientamento espresso dalle sezioni unite di questa Corte con la
pronuncia n. 20075 del 23/9/2010, ormai consolidato) la ricorrente non produce il
testo integrale del predetto contratto, limitandosi ad indicare la semplice
produzione di un estratto del c.c.n.1 al n. 14 dei documenti allegati al ricorso di
primo grado.
Si è, infatti, statuito (Cass. sez. lav. n. 15495 del 2/7/2009) che “l’onere di
depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda – imposto, a
pena di improcedibilità, dall’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella
nuova formulazione di cui al d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 – non può dirsi soddisfatto
con la trascrizione nel ricorso delle sole disposizioni della cui violazione il
ricorrente si duole attraverso le censure alla sentenza impugnata, dovendosi
ritenere che la produzione parziale di un documento sia non solamente
incompatibile con i principi generali dell’ordinamento e con i criteri di fondo
dell’intervento legislativo di cui al citato d.lgs. n. 40 del 2006, intesi a potenziare la
funzione nomofilattica della Corte di cassazione, ma contrasti con i canoni di
ermeneutica contrattuale dettati dagli artt. 1362 cod. civ. e seguenti e, in ispecie,
con la regola prevista dall’art. 1363 cod. civ., atteso che la mancanza del testo
integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello
stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva
della questione che interessa.”
Si concretizza, in tal modo, una evidente causa di improcedibilità, atteso che le
questioni poste non possono prescindere dalla disamina della normativa collettiva

6

fr)

:

di riferimento, espressamente richiamata a sostegno dei relativi motivi del ricorso
basati sostanzialmente sulla denunziata violazione delle regole di quel contratto.
Per quel che concerne, invece, il quinto motivo di censura, che vede sulle
questioni della sussistenza degli addebiti disciplinari, del riparto del relativo onere
probatorio e dell’autonomia del giudizio civile rispetto a quello penale, questa
Corte rileva che lo stesso è infondato.
Invero, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Corte d’appello non
ha affatto tralasciato di eseguire un’autonoma valutazione della gravità degli
addebiti disciplinari nel momento in cui si è riferita, con giudizio di fatto
congruamente motivato ed esente da rilievi di ordine logico-giuridico, all’accertata
intensità del dolo evincibile dalle modalità fraudolente, quali l’utilizzazione di
certificati sanitari falsificati, modalità, queste, che inducevano a ritenere inaffidabile
la persona che le aveva attuate, vale a dire la Paraventi, nei cui confronti appariva
giustificato il licenziamento, proprio in considerazione del fatto che si trattava di
soggetto capace di commettere illeciti pur di ottenere un vantaggio di ben modesta
entità, come quello della mancata prestazione lavorativa per le brevi assenze.
E’, altresì, priva di pregio la generica doglianza per la quale la Corte di merito
avrebbe fatto mal governo dei principi in materia di oneri probatori, atteso che i
giudici d’appello hanno desunto la gravità dell’infrazione dal dato documentale
acquisito dell’uso dei certificati sanitari falsificati da parte della ricorrente ai fini
della giustificazione delle assenze dal lavoro.
Possono, quindi, esaminarsi congiuntamente il settimo, il decimo ed il dodicesimo
motivo per ragioni di connessione dovute al fatto che le relative doglianze
investono gli aspetti professionali ed economici della vicenda, quali la questione
dell’espletamento di mansioni superiori e di lavoro straordinario, oltre che il
mancato esercizio da parte del giudicante dei poteri istruttori d’ufficio a tal
riguardo.

7
“A,

e

Tali motivi sono infondati per la semplice ragione che, a fronte dell’adeguata
motivazione contenuta nell’impugnata sentenza in ordine all’accertata mancanza
di prova degli elementi costitutivi di tali pretese di natura economica, la ricorrente
tenta di operare una inammissibile rivisitazione del materiale istruttorio scrutinato

ai rilievi di legittimità.
Nè va dimenticato che “in tema di giudizio di cassazione, la deduzione di un vizio
di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimità non il
potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo
vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e
della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito,
al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la
concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle
ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi,
dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti
(salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Conseguentemente, per potersi
configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia,
è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e
la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella
circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione
della vertenza. Pertanto, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con
quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un
punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da
invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia
probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la
“ratio decidendi” venga a trovarsi priva di base..” (Cass. Sez. 3 n. 9368 del
t

21/4/2006; in senso conf. v. anche Cass. sez. lav. n. 15355 del 9/8/04)

8

pi)

dalla Corte territoriale e valutato con ragionamento logico-giuridico che si sottrae

i

,

Sono, invece, inammissibili le censure mosse in questi tre motivi con riferimento
alle asserite violazioni di legge in merito alla valutazione delle risultanze
istruttorie.. Invero, come si è già avuto modo di statuire (Cass. Sez. Lav. n. 7394
del 26 marzo 2010), “in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di

provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge
e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa;
viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a
mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di
legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è
possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine
tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea
ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della
legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie
concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima,
è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa. (Principio
enunciato dalla S.C. in tema di impugnazione del licenziamento, in riferimento alla
denuncia dell’erronea applicazione della legge in ragione della non condivisa
valutazione delle risultanze di causa).” (in senso conf. v.Cass. Sez. Jay. n. 16698
del 16 luglio 2010).
Infine, non è ravvisabile il vizio di omessa pronunzia di cui all’undicesimo motivo
del ricorso, atteso che la Corte d’appello ha chiaramente spiegato che in merito
alle pretese relative alla retribuzione maturata per le prestazioni lavorative rese
l’appellante non aveva fornito la prova dei fatti sui quali tale domanda era basata.
Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno
,

liquidate come da dispositivo.
t

P.Q.M.

legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio nella misura di € 3500,00 per compensi professionali e di €
100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 10 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

z

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