Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8924 del 12/04/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 8924 Anno 2013
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 9931-2009 proposto da:
INGALA

SALVATORE

LCFFNC59D14M088V,
LICITRA

2013
745

GIORGIO

NGLSVT45A01A676Z,
CARUSO

MARIO

LCTGRG47L15H163Q;

SLLSVT68S07M088K,

SALLEMI

CRISTINA

(nella

coeredi

dell’Avv.

qualità

BERRETTA

di

TOMMASO

SCRDNL64B27M088E,

LUCIFORA

FRANCESCO

CRSMRA54B25F258Q,
SALLEMI

SALVATORE

SLLCST72E46M088R
SALLEMI

BIAGIO),

BRRTMS42D13C612Z,

SCROFANI

STRANO

STRFNC45P12C351Z,

FRANCESCO

DANIELE

tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GERMANICO
66, presso lo studio dell’avvocato CONSOLI XIBILIA
FRANCESCO, rappresentati e difesi dagli avvocati

Data pubblicazione: 12/04/2013

CURRAO GIUSEPPE, VITALE ANTONIO, giusta delega in
atti;
– ricorrenti contro

REGIONE SICILIA, in persona del legale rappresentante

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in
ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, 12;
– controricorrente nonchè contro

ASSESSORATO ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIA,
ASSESSORATO ENTI LOCALI DELLA REGIONE SICILIANA,
PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 336/2008 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 12/04/2008 R.G.N. 542/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/02/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato VITALE ANTONIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

RG 9931-09

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Catania, confermando la sentenza di primo grado,
rigettava le domande delle parti private indicate in rubrica, proposte nei

EE.LL. della Regione Siciliana, aventi ad oggetto la condanna di detti
convenuti al pagamento in loro favore dell’indennità di carica per
l’attività prestata quali

ex componenti del CORECO dal gennaio 2000 al

marzo 2002.

La Corte territoriale, ritenuto il difetto di legittimazione passiva
della Presidenza della Regione Siciliana per non essere i corrispettivi
reclamati di competenza di tale Presidenza, rilevava che il CORECO, a
partire dal 31 dicembre 1999 aveva cessato di esistere per effetto della
soppressione di cui alla L.R. n.17 del 1999.

Né, secondo la Corte del merito, trovavano applicazione le disposizioni
in tema di prorogatio

presupponendo queste l’ésistenza dell’organo.

D’altro canto, osservava la

predetta Corte,

alcuna rilevanza poteva

avere la circostanza che i componenti del CORECO avessero continuato a
svolgere le loro funzioni in ragione della nullità per assoluto difetto di
attribuzioni degli atti posti in essere.

Nemmeno vi era spazio, sottolineava, infine, la Corte di Appello, in
considerazione della natura dei rapporti, per l’operatività della norma di

confronti della Presidenza, assessorato alla Presidenza, Assessorato

dui all’art. 2126 cc, ovvero di quella

ex

art. 2041 cc difettando un

utilità effettiva stante la nullità degli atti posti in essere.

Avverso questa sentenza gli

ex

componenti del CORECO, indicati in

epigrafe, ricorrono in cassazione sulla base di sette censure, illustrate

Resiste con controricorso la Regione Sicilia.

Le altre parti intimate non svolgono attività difensiva .

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti, deducendo violazione dell’art. 75 cpc
per vizi della motivazione, chiedono,

ex

art. 366 bis cpc,”se la

Presidenza della Regione Siciliana, quale soggetto cui è demandata per
legge la funzione esecutiva di provvedere con proprio decreto alla
costituzione dei singoli Comitati Regionali di Controllo e alla
contestuale nomina dei Componenti su designazione per elezione da parte
dell’Assemblea Regionale sia parte necessaria del giudizio de quo, e non
invece estranea al controverso rapporto obbligatorio, sì come sostenuto
dal Giudice d’Appello con la sentenza oggi gravata”.

Con la seconda censura i ricorrenti, denunciando erronea interpretazione
della LR n.17 del 1999 in riferimento a quanto disposto dall’art. 139
Cost. e violazione dell’art. 130 Cost., formulano il seguente interpello:
“se alla data del 31.12.199, nella vigenza dell’art. 130 Cost., dell’art.
15 Statuto Reg.Sic. e della L.R. 44 del 1991, istitutiva dei Comitati di
Controllo e della funzione di Controllo, sia possibile interpretare

2

da memoria.

t’art.1 della L.R. 17 del 1999 nel senso che la detta norma abbia voluto
disporre la cessazione, per intervenuta decadenza, degli Organi di
Controllo e non, invece, nel senso, tenuto conto anche del dato letterale
contenuto nella stessa norma la quale con l’inciso nelle more della
riforma del sistema dei controlli ha manifestato l’intento di voler

in carica si è voluta riferire ai soli componenti e non anche agli Organi,
di prevedere soltanto una diversa durata del mandato per i componenti
allora in carica rispetto alla normale durata del mandato prevista
dall’art. 3 L.T. 44/1991″.

Con la terza critica i ricorrenti, allegando violazione della L. n. 444
del 1994, della L.R. n. 22 del 1995, dell’art. 130 Cost. e dell’art. 15
Statuto della Regione Siciliana, formulano il seguente quesito:”se tenuto
conto del disposto di cui al D.L.293/94 convertito in L. 444/94, recepito
in Sicilia con la L.R. 22 del 1995, 10 spirare del termine fissato per il
mandato di componenti di organi di rilevanza costituzionale o, in Sicilia,
di nomina assembleare determini la decadenza dei componenti oppure
soltanto l’obbligo per l’Organo preposto ( Assemblea regionale) dì
provvedere alla loro sostituzione”.

Con la quarta censura i ricorrenti, assumendo violazione della L.n.44 del
1991, dell’art. 15 delle preleggi e falsa o erronea interpretazione della
L.R. n. 17 del 199, violazione dell’art. 130 Cost. e degli artt. 134,
prima parte e 136 1 0 comma e del principio costituzionale di cui alla
sentenza n.1/1956, chiedono, ex art. 366 bis cpc cit., “se, tenuto conto
del disposto di cui all’art. 15 preleggi, del tenore letterale della nuova
3

riformare, e non sopprimere, il sistema di controlli e con l’espressione

legge e dei diversi contenuti delle leggi che si sono succedute nel tempo,
la L.R. 17 del 1999, interpretata in maniera conforme al disposto di cui
all’art. 130 Cost. allora in vigore, possa avere abrogato, espressamente o
implicitamente, la L.R. 44 del 1991″.

Con la quinta critica i ricorrenti, prospettando violazione del principio
di conservazione degli atti e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. e
del principio della tutela dell’affidamento del terzo nonché vizio della
motivazione,formulano, ex art. 366 bis cpc, il seguente quesito:”dica la
Suprema Corte di Cassazione, tenuto conto dell’attività amministrativa
espletata tra il 1 0 .1.2000 ed il 30.6.2001 e degli atti amministrativi
adottati, alcuni anche di annullamento (non impugnati), e che, comunque,
hanno prodotto i loro effetti, tenuto conto altresì del principio di
conservazione degli atti e di tutela dei terzi, tenuto che per espressa
volontà della Giunta Regionale gli Organi di Controllo sono stati
soppressi soltanto con deliberazione n.65 del 6 marzo 2003, se ai
componenti del Comitato Regionale di Controllo, Sezione di Ragusa, non
possa applicarsi la disciplina di carattere generale del funzionario di
fatto con conseguente obbligo per l’Amministratore regionale(

omissis)

di

corrispondere loro i compensi previsti per legge”.

Con il sesto motivo i ricorrenti, deducendo violazione dell’art. 2041 e
vizio di motivazione,chiedono,

ex art. 366 bis cpc cit, ” se, tenuto conto

dell’attività di controllo e di consulenza espletata dai componenti del
Co.Re.Co di Ragusa, dal 1 0 .1.2000 al 30.6.2001, in favore degli Enti
Locali ed a richiesta degli stessi, i compensi, nella misura prevista
dalla legge, non debbano comunque essere corrisposti in favore degli

’odierni ricorrenti quantomeno a titolo di arricchimento senza giusta causa

ex art. 2041 cc, tenuto conto dell’utilità conseguita dagli Enti che hanno
richiesto il controllo o la consulenza e del depauperamento di tempo e di
risorse professionali subito dagli odierni ricorrenti”.

motivazione illogica, contraddittoria e manifestamente irragionevole,
chiedono:l.”se può ritenersi coerente con la logica giuridica corrente
affermare, come ha fatto la sentenza oggi impugnata,che una legge
ordinaria possa essere interpretata soltanto alla luce di un’altra norma
di legge costituzionale entrata in vigore più di due anni dopo, non
precisando come si sarebbe dovuta interpretare la stessa legge nelle more
dell’entrata in vigore della legge successiva”;2.” Se possa ritenersi
sufficiente la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui su
una questione essenziale per la definizione del giudizio ( la vigenza o
meno della L.R. 44 del 1991)nulla ha dedotto”.

Il ricorso, alla luce di specifico precedente di legittimità (Cass.20

Con la settima critica i ricorrenti allegando difetto di motivazione,

A:
settembre 2012 n. 15862), cui in questa sede va data continuità giuridica,
è infondato.

Innanzitutto per quanto attiene la critica concernente l’affermato difetto
di legittimazione passiva della Presidenza della Regione Siciliana, va
rimarcato che, come rilevato nella richiamata sentenza della Cassazione,
le disposizioni istitutive del Co.re.co . siciliano nel prevedere che i
componenti dell’organismo siano “eletti” dall’Assemblea regionale (art. 3)
e che al Presidente della Regione sia rimessa solo la “costituzione” della

5

sezione centrale e delle Sezioni provinciali del Comitato (art. l, c. 3),
hanno lo finalità di delineare il procedimento di istituzione dell’organo
di controllo, ma non di incidere sulle attribuzioni interne degli organi
rappresentativi della Regione delineate dal testo unico delle leggi
sull’ordinamento del governo e dell’amministrazione della Regione

divisione delle competenze per settori. In ragione di questo criterio
all’Assessorato agli enti locali competono, pertanto, tutte le
attribuzioni inerenti tale settore dell’amministrazione regionale (quali,
tra le altre, i consorzi, l’ordinamento, le circoscrizioni, il controllo
sugli stessi e, appunto, le commissioni provinciali di controllo).
Quanto al merito della questione non può non ribadirsi che l’adozione
della legge n. 17 del 1999 e la contestuale soppressione del Co.re.co . non
è altro – alla stregua del R.D.Lgs. 15.05.46 n. 455 (conv. in legge
costituzionale 26.02.48 n. 2), recante lo Statuto regionale secondo cui
“…spetta alla Regione la legislazione esclusiva e l’esecuzione diretta in
materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali”
(art. 15, c. 3) – che espressione dell’autonomia del legislatore che ha
ritenuto di sopprimere questo strumento per articolare in modo diverso i
controlli sugli enti locali.
Conferma la volontà dell’esercizio di tale autonomia la disposizione di
cui all’art. l della legge regionale n. 17 del 1999, che lascia nelle sua
funzione il CORECO “nelle more della riforma del sistema del controlli”

e,

comunque, fino al 31.12.99. Né tale inciso, può essere interpretato contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti – in riferimento alla

Siciliana, che sono rigidamente determinate sulla base di criteri di

Coeva iniziativa di revisione dell’assetto costituzionale delle regioni a
statuto ordinario, sfociata nella legge costituzionale 18.10.01 n. 3
(abrogativa, tra l’altro, dell’art. 130 della Costituzione, il quale
prevedeva che i controlli di legittimità sugli enti locali fossero
esercitati da un “organo della regione” e non riferibile ad una Regione a

all’iniziativa intrapresa in sede regionale per rivedere tutta la materia
dei controlli.
Non è, quindi, congruo, come sottolineato nella citata sentenza di questa
Corte, ritenere che l’art. l della legge regionale n. 17 del 1999 sia da
interpretarsi nel senso che alla data del 31.12.99 sarebbero cessati gli
incarichi conferiti ai singoli componenti e non anche il CORECO. La norma
posta alla base di tale prospettazione è, difatti, l’abrogato art. 130
della Costituzione, la quale, però, era norma applicabile solo alle
regioni a statuto ordinario e non anche alla Sicilia, che in base
all’art. 15, c. 3 del suo Statuto è dotata di autonoma potestà
legislativa in materia di controlli sugli enti locali.

E’, pertanto, corretta la sentenza impugnata in punto d’interpretazione
della denunciata normativa che regola il caso di specie.

Relativamente alla questione della applicabilità della disciplina del c.d.
“funzionario di fatto”, di cui al quinto motivo,va rilevata la novità
della stessa e, quindi, la sua inammissibilità.
Secondo giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte, infatti,
qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento

statuto speciale quale la Sicilia), ma costituisce un richiamo

di fatto, come nella specie -non risulti trattata in alcun modo nella
sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in
sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di
inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare
l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma

indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar
modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale
asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 2
aprile 2004 n. 6542, Cass. Cass. 21 febbraio 2006 n.3664 e Cass. 28
luglio 2008 n. 20518).

Nella specie la questione di cui al motivo di censura in esame non risulta
trattata in alcun modo nella sentenza impugnata ed il ricorrente, in
violazione del richiamato principio di autosufficienza del ricorso, non ha
indicato in quale atto del giudizio precedente ha dedotto la questione in
parola.
Circa, infine, l’invocata corresponsione

dei compensi, quantomeno, a

titolo di arricchimento senza giusta causa ex art. 2014 cc, di cui alla
sesta censura, vi è di contro, oltre alla considerazione che, come
attestato nella sentenza impugnata, non vi è stata la proposizione di una
domanda in tal senso, anche il fondante rilievo, rimarcato anche dalla
Corte del merito, dell’impossibilità di configurare un effettiva utilità a
vantaggio dell’Ente pubblico atteso che si tratta di attività posta in
essere da organo non più giuridicamente esistente in quanto, come innanzi

anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, di

rimarcato legislativamente soppresso con conseguente non utilizzabilità e
giuridica irrilevanza (inesistenza) degli atti da esso promanante.
Il ricorso, in conclusione, va rigettato rimanendo nelle esposte
considerazioni assorbite tutte le ulteriori deduzioni e critiche.
Le spese del giudizio di legittimità, in favore della parte intimata

Nulla per le spese nei confronti delle parti rimaste intimate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro,
alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in C 3.500 0‘per
compensi, oltre le spese prenotate a debito. Nulla per le spese nei
confronti delle parti rimaste intimate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27 febbraio 2013
Il Presidente est.

resistente, seguono la soccombenza.

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