Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8924 del 06/04/2017


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Cassazione civile, sez. II, 06/04/2017, (ud. 10/03/2017, dep.06/04/2017),  n. 8924

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

S.A., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale in calce al ricorso, dall’Avvocato Salvatore Leopardi, con

domicilio eletto nello studio dell’Avvocato Giuseppe Campanelli in

Roma, via Dardanelli, n. 37;

– ricorrente –

contro

ILVA s.p.a., incorporante per fusione ILVA LAMIERE E TUBI s.r.l., in

persona del legale rappresentante pro tempore, poi posta in

amministrazione straordinaria, in persona dei commissari

straordinari, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale

in calce al controricorso, dagli Avvocati Claudio Lucisano, Giustino

Verì e Maria Rosa Barone, con domicilio eletto in Roma, via IV

Novembre, n. 149, presso lo studio tributario legale associato;

– controricorrente –

e sul ricorso proposto da:

ILVA s.p.a., incorporante per fusione ILVA LAMIERE E TUBI s.r.l., in

persona del legale rappresentante pro tempore, poi posta in

amministrazione straordinaria, in persona dei commissari

straordinari, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale

in calce al controricorso, dagli Avvocati Claudio Lucisano, Giustino

Veri e Maria Rosa Barone, con domicilio eletto in Roma, via IV

Novembre, n. 149, presso lo studio tributario legale associato;

– ricorrente incidentale –

contro

S.A., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale in calce al ricorso, dall’Avvocato Salvatore Leopardi, con

domicilio eletto nello studio dell’Avvocato Giuseppe Campanelli in

Roma, via Dardanelli, n. 37;

– controricorrente –

al ricorso incidentale avverso la sentenza della Corte d’appello di

Lecce, sezione distaccata di Taranto, n. 370/12 in data 4 giugno

2012;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10 marzo 2017 dal Consigliere Alberto Giusti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con atto di citazione del 16 aprile 1999, S.A. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Taranto la s.r.l. IL-VA Lamiere e Tubi e – premesso: che quale commercialista aveva prestato la propria opera a favore della convenuta dal 1994 con incarico di ottenere l’esenzione della stessa dal versamento dell’imposta IRPEG per dieci anni ex lege 1 marzo 1986, n. 64 (Disciplina organica dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno); che l’incarico era stato espletato (tra l’altro) affrontando riunioni con la società e gli Uffici finanziari interessati nonchè predisponendo due ricorsi – chiedeva la condanna al pagamento della somma di Lire 4.500.000.000 per i bilanci già depositati, oltre a quanto a calcolarsi sui bilanci non ancora depositati, con la maggiorazione di interessi e rivalutazione monetaria;

che la società convenuta eccepiva la prescrizione del diritto al compenso, nonchè la totale infondatezza della domanda, atteso che la pratica era stata svolta da propri funzionari, rilevando che, comunque, il compenso eventualmente dovuto sarebbe stato quello minore previsto nei due contratti d’opera sottoscritti, comprendenti anche le attività connesse a richieste di agevolazioni o esenzioni previste dalla legislazione per il Mezzogiorno;

che il Tribunale di Taranto, con sentenza in data 3 marzo 2009, respingeva l’eccezione di prescrizione e, sulla base dei due contratti intercorsi tra le parti, escludeva che le attività per l’ottenimento dello sgravio IRPEG costituissero prestazione diversa da quelle pattuite, e già remunerate con compenso di Lire 50.000.000; mentre, per le attività professionali svolte dall’attore in epoca successiva al 31 luglio 1995, liquidava l’importo di Euro 13.000 oltre interessi, escludendo per tale periodo lo svolgimento anche di attività di consulenza tributaria e il correlato ulteriore compenso, e condannava la società convenuta al pagamento di detta somma, con compensazione delle spese per la metà;

che la Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, pronunciando sugli appelli, principale e incidentale, rispettivamente proposti dal S. e dalla società, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 4 giugno 2012, ha accolto parzialmente l’appello principale e, in riforma della gravata sentenza, ha posto le spese tutte di c.t.u., già liquidate in complessivi Euro 10.435,29 oltre accessori di legge, a carico delle parti in eguale misura, mentre ha rigettato l’appello incidentale e ha dichiarato interamente compensate tra le parti le spese del secondo grado;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il S. ha proposto ricorso, con atto notificato il 14 gennaio 2013, sulla base di due motivi;

che l’ILVA s.p.a., incorporante per fusione ILVA Lamiere e Tubi s.r.l., ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, affidato a tre mezzi;

che il S. ha resistito con controricorso al ricorso incidentale;

che nel corso del giudizio di cassazione l’ILVA s.p.a. è stata ammessa, con decreto del Ministro dello sviluppo economico in data 21 gennaio 2015, all’amministrazione straordinaria;

che in prossimità della camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che va disattesa la richiesta della difesa del ricorrente principale, formulata con la memoria depositata in data 27 febbraio 2017, di rimessione della causa alla pubblica udienza, e ciò in quanto – trovando applicazione nella specie la disciplina di riforma del processo civile di cassazione di cui alla L. 25 ottobre 2016, n. 197nè il ricorso principale nè il ricorso incidentale presentano questioni di diritto di particolare rilevanza (v. artt. 375 e 380-bis.1. c.p.c., prevedenti la decisione in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice);

che con il primo motivo di ricorso principale si deduce omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, nella parte in cui la Corte territoriale ha ricostruito fatti storici rilevanti e accertati in giudizio, ignorando le risultanze processuali, con conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 232 e 115 c.p.c., in rapporto anche all’art. 360 c.p.c., n. 3, non considerando che l’attività di consulenza tributaria posta in essere dal S. non si è esaurita nel tempo coperto dai contratti scritti intervenuti tra le parti;

che con il secondo motivo, il ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 10 ottobre 1994, n. 645, art. 6, art. 46, comma 3, e art. 49 regolamento recante la disciplina degli onorari, delle indennità e dei criteri per il rimborso delle spese per le prestazioni professionali dei dottori commercialisti, in concorso con l’art. 12 preleggi e l’art. 2233 c.c., comma 2, nella parte in cui la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare e valutare la necessaria attività di consulenza tributaria posta in essere dal S. successivamente al rigetto dell’istanza del 29 dicembre 1994 all’Ufficio imposte dirette per ottenere il beneficio fiscale;

che entrambi i motivi – da esaminare congiuntamente, stante la stretta connessione – sono infondati;

che nel caso di patrocinio tributario svolto da un dottore commercialista, gli onorari per l’assistenza e la rappresentanza tributaria possono essere cumulati con quelli previsti per la consulenza tributaria soltanto se siano state effettivamente rese attività rientranti nella predetta categoria, per tali intendendosi, ai sensi del D.P.R. 10 ottobre 1994, n. 645, art. 46 esclusivamente quelle volte all’analisi della legislazione e della giurisprudenza, nonchè delle interpretazioni dottrinarie e dell’Amministrazione finanziaria (Cass., Sez. 1, 13 luglio 2007, n. 15666; Cass., Sez. 1, 30 luglio 2015, n. 16159);

che a tale principio si è attenuta la Corte territoriale, la quale con apprezzamento di fatto congruamente motivato – ha accertato, confermando la decisione alla quale era pervenuto il Tribunale, che l’attività di studio, e quindi di consulenza tributaria, è avvenuta prima del 31 luglio 1995, in un periodo, cioè, nel quale erano in corso tra le parti le convenzioni del 22 giugno 1994 e del 26 gennaio 1995, il cui oggetto riguardava soprattutto la consulenza tributaria in relazione anche all’ottenimento di agevolazioni rientranti nelle leggi a favore del Mezzogiorno d’Italia, sicchè le relative prestazioni sono state remunerate nell’ambito delle somme ivi pattuite;

che a tale conclusione la Corte territoriale è giunta per un verso rilevando che, secondo quanto affermato dallo stesso attore nella citazione introduttiva, il S. aveva studiato la questione dell’esenzione IRPEG prima della predisposizione del “programma di attuazione” menzionato nella citazione introduttiva (espressamente preceduto dai “necessari studi per concretizzare i presupposti dell’applicabilità della normativa all’ILVA”): attività di studio – e dunque di analisi della legislazione, giurisprudenza e prassi dell’Amministrazione finanziaria – concretante quella consulenza finanziaria evidentemente necessaria non solo per l’approntamento del programma, ma anche propedeutica all’istanza del dicembre 1994 all’Ufficio delle imposte onde ottenere l’ammissione al beneficio fiscale;

che, per altro verso, la Corte di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha sottolineato che lo svolgimento dell’attività di consulenza de qua nell’ambito della vigenza dei due menzionati contratti è confermato dalla deposizione del teste Si., il quale ha evidenziato che la richiesta all’Ufficio finanziario del dicembre 1994 fu presentata all’esito degli studi di approfondimento del S.;

che, quindi, in base al coacervo di queste risultanze, la Corte del merito ha affermato che la predisposizione del ricorso giurisdizionale non è stata preceduta da nuove attività di consulenza, ma è avvenuta sulla base del bagaglio di studi acquisito dal professionista in precedenza, nel periodo in cui era vincolato alla società ILVA dalle due convenzioni scadute il 31 luglio 1995;

che, nel contestare l’accertamento compiuto dal giudice del merito, il ricorrente, pur lamentando formalmente una plurima violazione di legge e un decisivo difetto di motivazione, tende, in realtà, ad una (non ammissibile in sede di legittimità) richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze ormai definitivamente accertati in sede di merito: lungi dal prospettare a questa Corte un vizio della sentenza rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, egli finisce con l’invocare, piuttosto, una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come ricostruite dalla Corte territoriale, muovendo in tal modo all’impugnata sentenza censure che non possono trovare ingresso in questa sede, perchè la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle fra esse ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involge apprezzamenti di fatto riservati in via esclusiva al giudice del merito;

che con il primo motivo di ricorso incidentale la società ILVA denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 2697 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, censurando la sentenza là dove afferma, trattando delle attività attribuibili al S., che lo stesso provvide a predisporre il ricorso avanti alla Commissione tributaria di primo grado di Taranto, nonostante la sottoscrizione dello stesso da parte di due funzionari della società all’epoca dei fatti, Si.Fr. e M.G.;

che il secondo motivo di ricorso incidentale lamenta violazione degli artt. 47 e 48 della tariffa di cui al D.P.R. n. 645 del 1994, nella parte in cui la sentenza della Corte d’appello ritiene il compimento a opera del S. di prestazioni di assistenza e rappresentanza tributaria;

che il primo ed il secondo motivi sono infondati;

che la Corte territoriale ha ritenuto adeguatamente provato lo svolgimento da parte del S., in epoca successiva al 31 luglio 1995 dopo la scadenza dei due collegati contratti, delle seguenti attività: accessi presso l’Ufficio imposte onde conoscere l’esito dell’istanza di ammissione al beneficio fiscale; consegna all’ILVA del provvedimento di rigetto; predisposizione del ricorso giurisdizionale alla Commissione tributaria;

che, a tal fine, la Corte di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha fatto leva sulle deposizioni dei testi Si. e M., avendo costoro concordemente evidenziato, in particolare, l’avvenuta predisposizione del ricorso de quo da parte del S., nonostante la sottoscrizione dello stesso da parte di essi testimoni;

che nel ragionamento del giudice del merito – privo di mende giuridiche – non è neppure rinvenibile traccia evidente dell’omesso, insufficiente o contraddittorio esame di punti decisivi della controversia;

che le censure prospettate si risolvono – al di là della formale prospettazione – nella richiesta di un rinnovato esame del merito della vicenda: il che fuoriesce dai compiti del giudice di legittimità, al quale compete esclusivamente la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dalla Corte d’appello, cui spetta il compito non solo di individuare le fonti del proprio convincimento, ma anche di valutare le prove;

che con il terzo motivo la società ricorrente in via incidentale lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della tariffa di cui al D.P.R. n. 645 del 1994, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione nella parte in cui la sentenza impugnata ha confermato, quanto ai compensi già liquidati dal Tribunale, il raddoppio ex art. 6 del citato D.P.R.;

che il motivo è inammissibile, perchè dal testo della sentenza impugnata (pag. 10) risulta che l’avvenuto riconoscimento, da parte del Tribunale, del raddoppio del compenso dovuto al S., ex art. 6 della tariffa, è stato contestato in appello dalla società ILVA, appellante in via incidentale, esclusivamente sotto il profilo processuale dell’extrapetizione, mentre il motivo di ricorso per cassazione prospetta ragioni (non fatte valere in appello) concernenti l’applicabilità dell’art. 6 sopracitato e i presupposti del riconoscimento del previsto raddoppio;

che entrambi i ricorsi, principale e incidentale, sono rigettati;

che l’esito dei contrapposti ricorsi e la reciproca soccombenza giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

rigetta entrambi i ricorsi e dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 10 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2017

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