Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8924 del 05/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 8924 Anno 2015
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 8406-2012 proposto da:
MERSIMI NAZIF C.F. MRSNZF65R15Z148W, domiciliato in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO PALADIN, giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2014
contro

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CAPO D’OPERA S.R.L. P.I. 02330710266;
– intimata –

Nonché da:

Data pubblicazione: 05/05/2015

CAPO D’OPERA S.R.L. P.I. 02330710266, in persona del
legale rappresentante pro tempore, domiciliata in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli
avvocati MAURIZIO CURINI, TIZIANA DA ROS I giusta

– controricorrente e ricorrente incidentale contro

MERSIMI NAZIF C.E. MRSNZF65R15Z148W, domiciliato in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato FRANCESCO PALADIN, giusta delega in
atti;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 704/2010 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 16/03/2011 R.G.N. 676/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/12/2014 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
accoglimento del ricorso principale, rigetto del
ricorso incidentale.

delega in atti;

Svolgimento del processo
Si controverte del licenziamento intimato il 9.1.2006 a Mersimi Nazif dalla società
Capo d’Opera s.r.l. per sua inidoneità fisica.
L’adito giudice del lavoro del tribunale di Treviso dichiarò l’illegittimità del

della sola tutela obbligatoria, condannò la datrice di lavoro alla riassunzione dei
Mersimi o al risarcimento del danno in suo favore nella misura di quattro niensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto_
Con sentenza del 2/11/2010 — 16/3/2011, la Corte d’appello di Venezia ha respinto
il gravame del lavoratore, diretto al riconoscimento della tutela reale, dopo aver
accertato che dal libro matricola, la cui produzione era stata richiesta dal
medesimo Mersimi, era emersa l’insussistenza del requisito dimensionale atto a
giustificare la suddetta forma di tutela reintegratoria.
Per la cassazione della sentenza ricorre il Mersimi con quattro motivi.
Resiste con controricorso la società Capo d’Opera s.r.l. che propone anche ricorso
incidentale affidato ad un solo motivo, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378
c. p .c.
Motivi della decisione
Preliminarmente va disposta la riunione del ricorso principale e di quello
incidentale ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
Per motivi di priorità logica si ritiene opportuno esaminare dapprima il ricorso
incidentale della società che pone la questione preliminare della cernza
d’interesse del lavoratore all’attuazione della tutela reale.
Invero, la società intimata lamenta la violazione dell’art. 100 c.p.c, oltre che il vizio
di motivazione su un punto decisivo della controversia, assumendo che sussisteva
la carenza di interesse del lavoratore alla domanda di tutela reale, svolta in
entrambi i gradi del giudizio di merito, attesa l’impossibilità oggettiva ad eseguirla

licenziamento per violazioni di carattere formale e, riconosciuta la sussistenza

per effetto della sopravvenuta inidoneità fisica del medesimo allo svolgimento
delle mansioni per le quali era stato assunto.
Tale ricorso è infondato e va, perciò, rigettato.
Infatti, come ha evidenziato la Corte d’appello con motivazione congrua ed esente

posta a fondamento del licenziamento impugnato, vale a dire la sopravvenuta
inidoneità del lavoratore, non poteva trovare ingresso in sede di gravame,
essendo preclusa dall’esito del giudizio di primo grado, atteso che il licenziamento
era stato dichiarato illegittimo sotto il profilo formale, senza che la società
appellata avesse svolto sul punto appello incidentale.
1. Col primo motivo del ricorso principale, dedotto per vizio di motivazione, oltre
che per violazione degli artt. 2909 c.c., 324 c.p.c., 416 c.p.c., 434 c.p.c., 436 c.p.c.
e dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro, il ricorrente Mersimi Nazif
lamenta che, nonostante la controparte non avesse impugnato la specifica
statuizione del primo giudice sulla intervenuta decadenza dalla possibilità di
formulare istanze istruttorie e di produrre documenti a causa della tardività della
sua costituzione in giudizio, la Corte d’appello aveva ritenuto, ciò nonostante,
utilizzabili i documenti della società, traendo spunto da una richiesta istruttoria
formulata in primo grado da parte ricorrente.
2. Col secondo motivo, proposto per vizio di motivazione e per violazione degli
artt. 99 e 112 c.p.c., nonché per violazione e falsa applicazione degli accordi e dei
contratti collettivi nazionali, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello aveva
omesso di considerare che la sua richiesta di ordinare alla controparte la
produzione del libro matricola era finalizzata alla indicazione dei testimoni e non
alla dimostrazione del requisito dimensionale per l’applicabilità della tutela reale.
3. Col terzo motivo, dedotto per vizio di motivazione e per violazione degli artt. 35
e 18 della legge n. 300/70, 1 della legge n. 223/91, 12, comma 2°, delle preleggi,
2697 c.c., 2702 c.c. e degli accordi e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, il

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da rilievi di ordine logico-giuridico, l’esame della sussistenza o meno della ragione

ricorrente sostiene che la Corte territoriale era incorsa in errore nel momento in cui
non aveva escluso l’idoneità della documentazione della parte datoriale ai fini della
dimostrazione del requisito dimensionale, posto che tali documenti, quali
l’attestazione dell’Inps di avvenuto inoltro delle denunzie contributive del datore di

4. Col quarto motivo, formulato per vizio di motivazione e per violazione degli artt.
433 c.pc., 436 c.p.c., 35 e 18 della legge n. 300/70 e degli accordi e dei contratti
collettivi nazionali si lavoro, il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello,
pur avendo dato atto della tardiva costituzione in appello della controparte, abbia
ritenuto che i documenti da quest’ultima prodotti potessero ritenersi acquisiti al
procedimento, seppur limitatamente a quelli già prodotti in primo grado.
Osserva la Corte che i motivi del ricorso principale possono esaminarsi
congiuntamente per ragioni di connessione, in quanto gli stessi ruotano attorno
alla questione di fondo della possibilità di utilizzo, da parte del giudicante, di
documenti prodotti dalla parte costituitasi tardivamente in giudizio e dei limiti della
loro utilizzabilità.
Il ricorso è infondato.
Anzitutto, non è condivisibile la tesi difensiva del ricorrente in ordine all’asserito
formarsi di un giudicato sulla decadenza della controparte dalla possibilità di
produrre documenti, quale effetto della mancata impugnativa, da parte della
medesima, della statuizione del giudice di primo grado che aveva rilevato la
tardiva costituzione della convenuta.
In realtà, come ha correttamente spiegato il giudice d’appello, col ricorso di primo
grado il medesimo lavoratore aveva chiesto ordinarsi alla controparte la
produzione del libro matricola al fine di acquisire la dimostrazione del requisito
dimensionale dell’azienda a sostegno dell’invocata tutela reale. Ne consegue che
fu il medesimo ricorrente a porre le premesse per la ricerca della verità sostanziale
e a rendere necessaria l’acquisizione del libro matricola, a nulla rilevando ed

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lavoro e le visure camerali, contenevano informazioni di sola natura statistica.

essendo priva di pregio la deduzione odierna attraverso la quale vorrebbe
accreditarsi la tesi che la suddetta richiesta sarebbe stata funzionale solo alla
prova per testi.
Né la circostanza per la quale la società si era costituita tardivamente poteva

documentazione relativa al giudizio di primo grado, una volta che questa era stata
acquisita, entrando a far parte del tema d’indagine, tanto più che dalla predetta
acquisizione, sollecitata dal lavoratore, si desumeva la sua intenzione di
sottoporre, comunque, all’esame del giudice del gravame il contenuto del predetto
documento. (v. in tal senso Cass. 1, n. 10544 del 19.7.2002).
D’altronde, se è vero che la irrituale produzione di documenti preclude alla parte la
possibilità di utilizzarla come fonte di prova, ed al giudice di merito di esaminarla, è
altresì certo che ove non sussista alcuna tempestiva opposizione alla produzione
irrituale (da effettuarsi nella prima istanza o difesa successive all’atto o alla notizia
di esso), non è dato apprezzare la violazione del principio del contraddittorio.(v. in
tal senso Cass. sez. 3, n. 5671 del 9.3.2010)
Si è, infatti, statuito (Cass. sez. 3, n. 9545 del 22.4.2010) che “le norme relative
alla produzione di documenti sono finalizzate a garantire il diritto di difesa della
parte contro cui la produzione ha luogo; tale finalità, peraltro, si deve ritenere
conseguita e l’eventuale irritualità della produzione risulta sanata quando il giudice
di primo grado abbia tenuto conto dei documenti irritualmente prodotti, fondando
su di essi la decisione, e la parte che lamenta l’irritualità della produzione abbia
censurato la decisione, dimostrando, in tal modo, di avere avuto conoscenza dei
documenti.”
Tra l’altro, la Corte territoriale ha posto in rilievo che il lavoratore non aveva svolto,
in entrambi i gradi del giudizio, alcuna doglianza circa la valenza probatoria
intrinseca dei dati risultanti dai documenti prodotti dalla società.

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espandere il suo effetto sino al punto di far espungere dal giudizio d’appello la

In definitiva, la Corte d’appello non poteva ignorare nella fattispecie la valenza
probatoria di documenti entrati a far parte del giudizio sin dal primo grado, la cui
e

acquisizione era stata, tra l’altro, sollecitata sin dall’inizio dal ricorrente ai fini
dell’applicazione dell’invocata tutela reale, questione, questa, riproposta in sede di

Ne consegue che il ricorso principale del lavoratore va rigettato.
La soccombenza reciproca delle parti induce la Corte a ritenere interamente
compensate tra le stesse le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Dichiara compensate tra le parti le spese del
presente giudizio.
Così deciso in Roma il 10 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

gravame.

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