Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8920 del 18/04/2011

Cassazione civile sez. II, 18/04/2011, (ud. 25/11/2010, dep. 18/04/2011), n.8920

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 17022/2009 proposto da:

C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA GIOVANNI BETTOLO 17, presso l’avvocato FRANCESCO SAVERIO

CAMPANELLA nello studio dell’avvocato RIVELLINI FRANCESCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato BOCCUZZI Pasquale, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA VIA FILIPPO NICOLAI 91 presso lo domiciliato in ROMA, VIA

FILIPPO NICOLAI 91, presso lo studio dell’avvocato NICASTRO

Rosamaria, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

COMUNE DI RUTIGLIANO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FILIPPO NICOLAI 91, presso lo

studio dell’avvocato NICASTRO ROSAMARIA, che lo rappresenta e

difende, giusta Delib. Giunta Comunale 10 settembre 2009, n. 131 e

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 16210/2008 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA del 3/04/08, depositata il 16/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA;

udito l’Avvocato Diego Pertucca (delega avvocato Pasquale Boccuzzi in

atti), difensore del ricorrente che si riporta agli scritti e chiede

la trattazione in P.U.;

udito l’Avvocato Nicastro Rosamaria, difensore dei controricorrenti

che si riporta ai controricorsi ed insiste per l’inammissibilità o

il rigetto del ricorso;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che

concorda con la relazione.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

che nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., si legge quanto segue:

“Il Sig. C.F. rivendicò, nei confronti del Comune di Rutigliano e del Sig. I.G., la proprietà di una piccola area (di 22 mq) retrostante la propria abitazione.

La sua domanda fu accolta in primo grado, ma respinta in grado di appello.

Anche il ricorso per cassazione proposto dal soccombente è stato respinto (per quanto qui rileva) da questa Corte con sentenza 16 giugno 2008, n. 16210, avverso la quale il C. ha quindi proposto ricorso per revocazione.

Il ricorrente sostiene che la Corte sia incorsa in errore di fatto nell’affermare – facendone scaturire il rigetto di censure da lui mosse alla sentenza di appello – che egli non aveva, neppure in via subordinata, proposto domanda di usucapione del bene (ma aveva dedotto il solo acquisto della proprietà a titolo derivativo). Vero è invece, secondo il ricorrente, che la proposizione di siffatta domanda risulta inequivocamente dalla stessa sentenza della Corte, la quale da atto che l’attore aveva dedotto, sin dall’inizio del giudizio, prova testimoniale (regolarmente ammessa e poi assunta dal giudice) al fine di dimostrare il possesso, suo e dei suoi danti causa, protrattosi per un periodo di gran lunga superiore al ventennio necessario per usucapire il bene: deduzione che non poteva essere altro che funzionale, appunto, all’usucapione. Del resto conclude il ricorrente – il diritto di proprietà è tipico diritto autodeterminato, l’indicazione del titolo del quale, pur necessaria ai fini della prova, non ha comunque rilievo ai fini della specificazione della domanda.

L’istanza di revocazione sembra inammissibile.

Quello che il ricorrente addebita alla Corte, infatti, non è un errore di fatto nel senso voluto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, ossia non è una mera svista materiale. La Corte, in altri termini, non ha omesso di considerare il dato di fatto – la deduzione, cioè, della prova testimoniale sul possesso – dal quale egli parte per sostenere di aver proposto domanda di usucapione (si consideri che il ricorrente non afferma di aver espressamente usato il termine “usucapione” nell’atto introduttivo del giudizio); semplicemente non ha ritenuto (a torto o a ragione, non rileva in questa sede stabilirlo) che la deduzione di quella prova fosse sufficiente ad integrare la formulazione di tale domanda. Il che configura una salutazione, non una mera constatazione”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che detta relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti;

che il solo avvocato di parte ricorrente ha presentato memoria;

che il Collegio condivide le considerazioni di cui alla predetta relazione;

che nella memoria il ricorrente obietta, in particolare, non essere dato di leggere, nella sentenza impugnata con il ricorso per revocazione: (a) l’affermazione, posta a base della relazione, secondo cui il ricorrente avrebbe dedotto in giudizio il solo acquisto a titolo derivativo, nè (b) che la deduzione della prova testimoniale sul possesso non sarebbe stata sufficiente ad integrare la formulazione della domanda di accertamento dell’acquisto mediante usucapione;

che alla prima obiezione può rispondersi che l’affermazione sub (a), peraltro fatta nella relazione per mera completezza e a scopo esplicativo, è r chiaramente ricavabile dal seguente passaggio della sentenza impugnata: “Altrettanto infondata è la censura che rimprovera alla corte d’appello di non aver rilevato che il possesso del C. unito a quello dei danti causa superava il termine ventennale per la maturazione dell’usucapione, perchè la corte ha valutato tutti i titoli di provenienza giungendo alla conclusione – attraverso considerazioni analitiche e ampiamente supportate dai riferimenti ai singoli atti e ai rilievi emergenti dalla consulenza tecnica, che gli atti di trasferimento non avevano mai riguardato anche l’area oggetto di causa. Nè risulta che il C. abbia – neppur in via subordinata – avanzato una domanda di acquisto per usucapione”; passaggio il cui senso è, a tutta evidenza, che l’acquisto per usucapione non era stato dedotto e che l’acquisto in forza di atti di trasferimento – id est l’acquisto, appunto, a titolo derivativo – non era stato dimostrato (pur essendo stato dedotto, evidentemente, altrimenti non avrebbe avuto senso darsi carico della sua infondatezza);

che alla seconda obiezione va risposto che l’affermazione sub (b) è logicamente implicata dall’esclusione dell’avvenuta formulazione di una domanda di acquisto per usucapione pur avendo dato espressamente atto della deduzione di una prova testimoniale sul possesso ultraventennale;

che in conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2011

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