Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 892 del 17/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 892 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 8070-2008 proposto da:
QUADRELLI VILELMA (QDRVLM42SO4F0970), elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo
studio dell’avvocato POTTINO GUIDO MARIA, che lo rappresenta
e difende unitamente all’avvocato ZAULI CARLO;
– ricorrente –

contro

CANALI

CESARE

(CNLCSR46H02F097S)

e

VITTORIA

ASSICURAZIONI S.P.A. (01329510158), in persona del legale
rappresentante p.t., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
L. BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato SPINELLI
TOMMASO GIORDANO, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MONTI ENRICO, giusta delega in atti;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 156/2008 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA, depositata il 29/01/2008, R.G.N. 1739/2001;

1

Data pubblicazione: 17/01/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/11/2013 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato FABRIZIO GIZZI per delega;
udito l’Avvocato NICOLA RIVELLESE per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per
l’accoglimento del 4 ° motivo di ricorso, rigettati i primi

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza resa pubblica il 29 gennaio 2008, la
Corte di appello di Bologna, sull’impugnazione proposta da
Vilelma Quadrelli e in parziale riforma della sentenza del
Tribunale di Forlì del 7 maggio 2001, condannava solidalmente
Cesare Canali e la Vittoria Assicurazioni S.p.A. al pagamento
in favore della Quadrelli – a titolo di risarcimento dei
danni da questa patiti nel sinistro stradale verificatosi il
14 maggio 1996 in Meldola – della somma di euro 8.497,65,
oltre accessori, confermando nel resto l’impugnata sentenza e
condannando la medesima Quadrelli al pagamento dei due terzi
delle spese processuali del grado, compensando la restante
parte.
1.1. – La Corte territoriale confermava, anzitutto, la
sentenza di primo grado in punto di graduazione di
responsabilità per la verificazione del sinistro, ascritta
per il 75% alla Quadrelli e per il 25% al Canali, rilevando,
sulla scorta del rapporto redatto dai Carabinieri di Meldola,
che la prima, alla guida del suo ciclomotore, “procedeva
contromano, proveniente dalla via Cavour (gravata dal divieto
di accesso)”, sicché avrebbe dovuto arrestarsi “per concedere
la precedenza alla vettura del Canali”, mentre, “nonostante
avesse visto con anticipo, sopraggiungere la vettura, così
come ammesso in sede di interrogatorio libero, non si fermò
ma si limitò a rallentare, proseguendo la marcia”. Di qui,
secondo il giudice di appello, la colpa “preponderante”
dell’appellante, originaria attrice, “perché, in ogni caso,
2

tre motivi, assorbiti gli altri.

essa non avrebbe potuto trovarsi nella posizione in cui
avvenne l’urto, procedendo contromano, se avesse rispettato
la segnaletica che vietava l’accesso alla via Cavour”. Per
contro, soggiungeva ancora il giudice del merito, “la colpa
del Canali è minoritaria facendo affidamento sul fatto che da
via Cavour non provenissero veicoli, procedenti contromano”.
1.2. – La Corte territoriale respingeva poi il motivo di

biologico, nelle sue componenti di invalidità temporanea
(parziale e totale) e permanente, assumendo che il giudice di
primo grado aveva liquidato “somme superiori” a quelle
risultanti dalle tabelle del Tribunale di Bologna dell’anno
1996; respingeva, altresì, la doglianza sulla mancata
liquidazione “del danno da permanente specifica (4%)”,
rilevando che la attrice aveva continuato a lavorare anche
dopo il sinistro come “domestica o addetta alle pulizie, per
lo stesso numero di ore, sicché tale modesta percentuale di
invalidità non ha inciso sulla sua capacità di guadagno”,
rappresentando, tuttavia, una “usura biologica” in ragione
della quale “il punto per il danno alla salute è stato,
opportunamente, maggiorato del 20%”.
1.3. – La Corte di appello accoglieva, invece, il
gravame in ordine al riconoscimento del danno morale che,
“tenuto conto dell’entità delle lesioni patite dalla
Quadrelli”, indicava nella misura del 50% del totale
biologico e cioè in lire 21.310.348 (lire 42.620.696, quale
totale biologico per 50%)”; ciò sulla premessa che il
Tribunale di Forlì, “dopo avere proceduto alla liquidazione
del totale danno biologico, è pervenuto a liquidare alla
Quadrelli, la totale somma di lire 51.903.488 (ridotti poi
del 75% per il concorso di colpa della vittima), senza
ulteriori specificazioni”, senza, dunque, spiegare “se o come
ha liquidato il danno morale né le altre poste di danno
richieste dall’attrice”.

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gravame della Quadrelli in ordine alla liquidazione del danno

1.4. – Il giudice di secondo grado respingeva, poi, il
motivo di gravame sulla compensazione per metà delle spese
processuali disposta dal Tribunale, che si fondava sulla
tesi, non accolta anche in appello, dell’esclusiva
responsabilità del Canali nella verificazione del sinistro.
La stessa Corte territoriale, infine, poneva a carico della
Quadrelli i 2/3 delle spese processuali del grado,

lite, in cui gran parte dei motivi di gravame della Quadrelli
sono stati respinti”.
2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre Vilelma
Quadrelli sulla base di sette motivi, illustrati da memoria.
Resistono con congiunto controricorso Cesare Canali e la
Vittoria Assicurazioni S.p.A.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. – Con il primo mezzo, assistito da quesiti ai sensi
dell’art. 366-bis cod. proc. civ., è denunciata “nullità
assoluta

ex

art. 360 n. 4 c.p.c. della sentenza per

inesistente motivazione in relazione all’omesso specifico
esame delle questioni sollevate in ordine alla ricostruzione
dinamica del sinistro con totale travisamento delle
circostanze articolate ed altresì emergenti per tabulas e con
valutazioni che non trovano riscontro nelle doglianze
proposte e nei motivi di gravame articolati da Quadrelli
Vilelma e dunque nelle carte processuali”.
La Corte territoriale avrebbe omesso qualsivoglia
motivazione in ordine a determinati punti che avevano
costituito oggetto di gravame (la velocità ridottissima della
Quadrelli, “alla stregua di un pedone o di una conducente un
velocipede”; il fatto, risultante dal rapporto dei
Carabinieri, che l’area del sinistro era interdetta al
traffico veicolare, sino alle ore 14, per lo svolgimento del
mercato settimanale; il fatto che il Canali avesse confessato
di non aver visto il ciclomotore della Quadrelli e di aver
4

compensando il restante 1/3, in ragione dell'”esito della

comunque proceduto alla conversione ad “U”), con ciò
incorrendo nel vizio di nullità della sentenza.
2. – Con il secondo mezzo, assistito da quesiti ai sensi
dell’art. 366-bis cod. proc. civ., è dedotta violazione in
relazione agli artt. 143 e 154 del codice della strada,
nonché agli artt. 1223 e 2043 cod. civ., 40, 41, 42, 43 e 590
cod. pen., oltre a vizio di motivazione.

integrerebbero, comunque, un vizio di illogicità della
sentenza impugnata, non avendo il giudice di appello
considerato che la manovra della Quadrelli non era in alcun
modo pericolosa, perché effettuata in zona interdetta al
traffico veicolare e nel pieno controllo del proprio mezzo,
procedendo a passo d’uomo “utilizzando il motociclo come un
velocipede”, là dove invece si era palesata “pericolosissima”
la manovra del Canali, che aveva effettuato una inversione ad
“U” ove non poteva circolare, con ciò incorrendo in due
violazioni, mentre la Quadrelli era incorsa nella sola
violazione di circolare contromano, ma a velocità
ridottissima. Soggiunge la ricorrente che la violazione del
Canali sarebbe oggettivamente più grave, in quanto sanzionata
con maggior rigore (art. 154, comma 7, del cod. strada, in
relazione al comma 6 dello stesso art. 154) rispetto a quella
della Quadrelli (art. 143, comma 11, cod. strada), non
potendo, dunque, la colpa civilistica che esser “parametrata”
e “commisurata” a quella penale e amministrativa.
2.1. – Il primo e secondo motivo – che possono essere
congiuntamente scrutinati – sono in parte infondati e in
parte inammissibili.
La motivazione fornita dalla Corte territoriale in punto
di graduazione delle responsabilità personali circa la
verificazione del sinistro per cui è causa (sintetizzata al
punto 1.2. del “Ritenuto in fatto”, cui si rinvia) dà conto
dell’operata valutazione del materiale probatorio acquisito e
della formazione di un convincimento che si svolge in base a
5

Le argomentazioni oggetto del primo motivo di ricorso

coordinate giuridiche e logiche, rispettivamente, corrette e
plausibili.
Siffatto esplicitato apprezzamento, esercizio del potere
delibativo dei fatti riservato esclusivamente al giudice del
merito, che in alcun modo integra il difetto (tantomeno
assoluto) di motivazione, è contrastato dalla ricorrente in
forza di circostanze irrilevanti o, comunque, non

collisione con l’accertamento stesso compiuto dalla Corte di
appello (in particolare, si insiste sul fatto che l’attrice
viaggiasse come “se fosse in bicicletta”, mentre era alla
guida di un ciclomotore); tutto ciò, peraltro, senza che
vengano riportate esaustivamente, anche tramite trascrizione
dei contenuti all’uopo rilevanti, le fonti da cui le
circostanze dedotte sono tratte (ad es. l’interrogatorio del
Canali da cui si dovrebbe evincere l’affermazione di aver
marciato contromano).
In tal senso, risulta, per l’appunto, irrilevante o non
decisiva la circostanza che il sinistro si sia verificato in
zona temporaneamente a circolazione limitata e/o sospesa,
giacché la limitazione/sospensione del traffico per
contingenti esigenze mercatorie (come indicate dalla stessa
ricorrente), non elide le regole di circolazione prestabilite
sull’area.
Inoltre, diversamente da quanto dedotto in ricorso,
l’inversione di marcia non è manovra di per sé vietata, ma lo
è solo in particolari condizioni (in prossimità o in
corrispondenza di intersezioni, curve e dossi: comma 6
dell’art. 154 del cod. strada), che il giudice di merito non
ha riscontrato nella specie e che la stessa ricorrente
neppure deduce; la marcia contromano è, invece, manovra
vietata in sé (comma 11 dell’art. 143 cod. strada). Sicché,
la sanzione più grave – e, comunque, pecuniariamente non così
grave come quella prevista per la marcia contromano – è
stabilita (comma 7 dell’art. 154 cod. strada) per il divieto
6

caratterizzate da decisività, se non, addirittura, in

tipizzato di inversione di marcia, mentre l’inversione
compiuta imprudentemente è sanzionata in modo meno severo
(comma 8 dell’art. 154 citato) della marcia contromano (oltre
che dell’inversione di cui al citato comma 6 dell’art. 154).
Per il resto, i motivi si risolvono in una non
consentita richiesta di rivalutazione delle emergenze
processuali al fine di conseguirne una lettura favorevole

merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del
proprio convincimento, valutare le prove, controllarne
l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze
istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in
discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di
prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in
cui un valore legale è assegnato alla prova stessa (tra le
tante, Cass., 26 marzo 2010, n. 7394; Cass., 6 marzo 2008, n.
6064).
3. – Con il terzo mezzo, assistito da quesiti ai sensi
dell’art. 366-bis cod. proc. civ., è prospettata “violazione
di legge (art. 360 n. 3 c.p.c.) e motivazione nulla (art. 360
n. 4 c.p.c.) o quam minus

contraddittoria (art. 360 n. 5

c.p.c.) in ordine alla mancata liquidazione del danno
patrimoniale e, dunque, con violazione degli artt. 1223,
2056, 2059 e 147/148 c.c. nonché 29/30 Cost.”.
La Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare le
“complesse censure” prospettate dalla Quadrelli in punto di
danno patrimoniale patito come “casalinga” e come
“lavoratrice subordinata di fatica”, sussistendo, nel caso di
specie, entrambe le voci di danno.
3.1. – Il motivo non può trovare accoglimento.
Occorre premettere che per un’utile deduzione, in sede
di legittimità, del vizio di omessa pronuncia è necessario,
da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte
una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili e,
dall’altro, che tali domande o eccezioni, per il principio
7

all’interessato, ma diversa da quella fornita dal giudice di

dell’autosufficienza, siano state riportate puntualmente nel
ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì,
dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une
o le altre erano state proposte, onde consentire alla Corte
di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la
tempestività e, in secondo luogo, la decisività (tra le
molte, Cass., 4 marzo 2013, n. 5344).

conseguirne il risarcimento, l’esistenza di un pregiudizio di
natura patrimoniale incidente sulla sua attività di casalinga
“nell’appello ed in comparsa conclusionale”, ma poi non
specifica a quale atto si riferisca lo stralcio trascritto in
ricorso, là dove, del resto, al predetto danno accenna appena
(pp. 9 e 36 del ricorso), lasciando, invero, intendere che
tale pretesa (il cui adeguato corredo allegatorio non può
certo rinvenirsi nei contenuti della c.t.u. medico-legale)
sia stata avanzata, in modo intelligibile, soltanto nella
comparsa conclusionale.
Peraltro, risulta poi decisivo il fatto che la stessa
Quadrelli non deduca affatto di aver allegato lo specifico
pregiudizio in esame già in primo grado (del resto – come si
evince a p. 5 del ricorso – detta voce di danno non è
menzionata neppure tra quelle indicate come “somme”
rivendicate con l’atto di citazione), ciò essendo presupposto
necessario per evitare che la domanda (eventualmente)
proposta in sede di gravame incorresse nel divieto di
novorum

jus

di cui all’art. 345 cod. proc. civ., nella

formulazione introdotta dalla legge n. 353 del 1990,
applicabile ratione temporis;

violazione, questa, rilevabile

d’ufficio anche nel giudizio di legittimità (Cass., 2 luglio
2004, n. 12147).
Quanto, poi, al profilo di censura relativo al danno
alla capacità lavorativa della ricorrente in qualità di
operaia delle pulizie, esso, oltre ad essere del tutto
generico, risulta anche privo di fondamento, giacché la Corte
8

La ricorrente assume di aver allegato, al fine di

di appello, con motivazione logica e rispondente a diritto,
ha escluso l’esistenza di detto pregiudizio in ragione del
fatto che i modesti esiti permanenti (4% della validità
totale) non hanno inciso sulla capacità di guadagno
dell’appellante, avendo questa regolarmente continuato a
prestare la propria attività lavorativa per lo stesso numero
di ore. Del resto, il giudice del merito, tenuto conto che

biologica”, ha coerentemente maggiorato in favore della
Quadrelli solo la liquidazione a titolo di danno biologico.
4. – Con il quarto mezzo, assistito da quesiti ai sensi
dell’art. 366-bis cod. proc. civ., è denunciata “violazione
di legge

ex

artt. 1223, 2056, 2059 c.c. in ordine

all’incongrua liquidazione del danno biologico da temporanea
e da permanente: non applicazione delle tabelle
specificamente invocate anche in relazione agli artt. 2, 3 e
32 della Costituzione”.
La Corte territoriale non avrebbe applicato le Tabelle
di liquidazione del Tribunale di Milano, nonostante la
richiesta in tal senso dell’appellante, che risultano essere
superiori a quelle del Tribunale di Bologna.
4.1. – Il motivo è inammissibile.
Esso, come confezionato, presenta carenze strutturali
tali da porlo in collisione con il principio, enunciato in
materia da Cass., 7 giugno 2011, n. 12408, secondo cui
l’applicazione di diverse tabelle, ancorché comportante
liquidazione di entità inferiore a quella che sarebbe
risultata sulla base dell’applicazione delle tabelle di
Milano, può essere fatta valere, in sede di legittimità, come
vizio di violazione di legge, solo in quanto la questione sia
stata già posta e specificamente dibattuta nel giudizio di
merito.
Con la doglianza, infatti, viene solo fugacemente
accennato al fatto che l’applicazione delle tabelle milanesi
sia stata richiesta nel corso del giudizio (p. 42 del
9

gli anzidetti esiti configuravano comunque “una maggior usura

ricorso: “si chiese l’applicazione delle tabelle di Milano”),
senza, però, che sia per nulla specificato il
quomodo

quando

ed il

dell’allegazione, né, tantomeno, sia trascritto,

nella sua parte rilevante, l’atto che la conterrebbe (là dove
neppure è dato comprendere se i passi virgolettati alla
citata p. 42 del ricorso siano riferibili a precedenti atti
processuali).

omette di evidenziare quale sia stato lo scarto asseritamente
pregiudizievole tra la liquidazione in concreto effettuata
dalla Corte felsinea e quella che si sarebbe avuta in
applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano, mancando
così di dare sostanza all’impugnazione, non essendo
comprensibile l’effettività del vulnus che lamenta.
5. – Con il quinto mezzo, assistito da quesiti ai sensi
dell’art. 366-bis cod. proc. civ., è dedotta “violazione di
legge (artt. 324, 342 e 346 c.p.c. nonché 2909: giudicato
formale e sostanziale) e motivazione contraddittoriamente
incomprensibile per manifesto errore nel calcolo dei danni da
parte della Corte d’appello di Bologna e così provocante,
nella valutazione del pregiudizio definitivo, uno iato
incolmabile con il giudicato interno”.
La Corte territoriale avrebbe confermato in motivazione,
“a titolo di danno biologico, lo stesso importo che era stato
liquidato dal giudice di prime cure, e cioè lire 51.903.488”,
aggiungendo che esso doveva rimanere fermo in assenza di
appello incidentale; malgrado ciò, ha poi riconosciuto il
danno morale, in misura del 50% del danno biologico,
indicando però la somma liquidata per quest’ultima voce di
danno in lire 42.620.696, anziché nel predetto importo di
lire 51.903.488. Si tratterebbe, dunque, di un errore palese,
in quanto viene a contraddire le premesse del giudicato sul
quantum a titolo di danno biologico.
5.1. – Il motivo è infondato.
10

Peraltro, la ricorrente, nel formulare la censura,

Esso muove da una erronea premessa in fatto e cioè che
la Corte territoriale abbia affermato che la liquidazione
complessiva di lire 51.903.488 era da imputare al solo danno
biologico, mentre – come si evince chiaramente dalla sentenza
– essa ha ritenuto, ben diversamente, che fossero in tale
liquidazione comprese voci ulteriori rispetto a quella del
danno biologico, non altrimenti specificate dal primo

proceduto alla liquidazione del danno morale, prendendo in
considerazione la somma depurata dalle poste diverse dal
danno biologico ed effettivamente liquidata a tale ultimo
titolo (e cioè complessivamente lire 42.620.696).
6. – Con il sesto mezzo, assistito da quesiti ai sensi
dell’art. 366-bis cod. proc. civ., sono dedotti violazione di
legge

e

vizio

di

motivazione

“per

l’automatica

quantificazione del danno morale in misura pari al 50% del
danno biologico complessivo”.
La Corte di appello avrebbe liquidato il danno morale in
ragione di una frazione del danno biologico, senza
considerarlo autonomamente e, comunque, senza considerarne la
diversità di natura rispetto al secondo.
6.1. – Il motivo è infondato.
La Corte territoriale, seppure con sintetica, ma
adeguata e sufficiente motivazione, ha liquidato il danno
morale autonomamente da quello biologico, non limitandosi ad
utilizzare quest’ultimo come parametro del primo, ma
valutando la consistenza delle lesioni patite dalla
Quadrelli, nei suoi esiti permanenti di modesta entità, con
ciò operando una delibazione orientata dal caso concreto, in
armonia con i principi della materia (tra le altre, Cass., 16
febbraio 2012, n. 228).
7. – Con il settimo mezzo, assistito da quesiti ai sensi
dell’art. 366-bis cod. proc. civ., è prospettata violazione
di legge in riferimento agli artt. 91 e 92, al “principio di
causalità”, nonché “motivazione abnorme e contraddittoria su
11

giudice; in tal senso il giudice di appello ha, poi,

un punto decisivo della controversia pure in relazione agli
artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c. e violazione di diritti
costituzionali (art. 24 Cost. e 111 e 117) e fondamentali
(artt. 6 e 13 l. 848/55 e Carta dei diritti fondamentali).
La Corte territoriale avrebbe errato nel porre a carico
dell’appellante, vittoriosa, seppure in parte, in sede di
gravame, una parte delle spese, compensando il resto, dovendo

appellante e non già della parte soccombente.
7.1. – Il motivo è infondato.
La decisione della Corte territoriale – che ha posto a
carico della Quadrelli i due terzi delle spese processuali
del grado, compensando il restante terzo, in ragione
dell'”esito della lite, in cui gran parte dei motivi di
gravame della Quadrelli sono stati respinti” – è coerente
anzitutto con l’orientamento stabile di questa Corte (Cass.,
16 giungo 2011, n. 13229; Cass., 11 gennaio 2008, n. 406),
secondo cui, in materia di spese processuali,
l’identificazione della parte soccombente (nella specie, per
l’appunto, la Quadrelli) è rimessa al potere decisionale del
giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, con
l’unico limite di violazione del principio per cui le spese
non possono essere poste a carico della parte totalmente
vittoriosa (il che, nella specie, non è avvenuto).
Ciò premesso, il sindacato di legittimità sulle pronunce
dei giudici del merito con le quali sia stata disposta la
compensazione, parziale o totale, delle spese giudiziali deve
riguardare (fermo restando il predetto divieto di condanna
alle spese della parte totalmente vittoriosa) una verifica
dell’idoneità in astratto dei motivi stessi a giustificare la
pronuncia e dell’adeguatezza delle argomentazioni svolte al
riguardo, censurabili soltanto se fondati su ragioni
palesemente illogiche o inconsistenti, inficianti il processo
formativo della volontà espressa sul punto, perché tali da
rendere non intelligibile la ragione stessa della statuizione
12

semmai operare in modo inverso, a vantaggio della medesima

ed impedire così che essa possa coerentemente rapportarsi
alla volontà della legge (tra le altre, Cass., 17 gennaio
2003, n. 633; Cass., 2 agosto 2003, n. 11774; Cass., 31
luglio 2006, n. 17450; Cass., 2 luglio 2007, n. 14964).
Risulta, dunque, evidente come le già evidenziate
ragioni poste a fondamento della disposta compensazione in
grado di appello siano ben lungi dall’integrare il descritto

espresso dalla Corte territoriale si rapporta coerentemente
alla misura della soccombenza dell’appellante, siccome dalla
stessa Corte ravvisata.
8. – Il ricorso va, dunque, rigettato e la ricorrente,
in quanto soccombente, condannata al pagamento delle spese
del presente giudizio di legittimità, come liquidate in
dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del
presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi
euro 2.200,00, di cui euro 200,00, per esborsi, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, a
seguito di riconvocazione, in data 27 novemb 2013.

vizio radicale della motivazione, posto che il giudizio

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