Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8917 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. II, 31/03/2021, (ud. 06/10/2020, dep. 31/03/2021), n.8917

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24486/2019 proposto da:

I.J., rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIETTA

PETROSINO, e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CATANIA, depositato il

14/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/10/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso depositato il 15.3.2018 il ricorrente impugnava il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Catania con il quale era stata respinta la sua istanza volta ad ottenere la predetta tutela.

Con il decreto impugnato il Tribunale di Catania rigettava il ricorso.

Propone ricorso per la cassazione di detta sentenza I.J., affidandosi a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il giudice di merito avrebbe esercitato in modo non idoneo il suo potere-dovere di cooperazione istruttoria, ritenendo non credibile la storia riferita dal richiedente la protezione.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare, il Tribunale avrebbe omesso di apprezzare il contesto di violenza generalizzata esistente nel Paese di origine del richiedente la protezione.

Le due censure, che si prestano ad una trattazione unitaria, sono inammissibili.

Quanto alla valutazione della storia personale, il Tribunale ne esamina i tratti essenziali evidenziando le specifiche incongruenze riscontrate, tra cui assume particolare rilevanza il fatto che il I. non abbia saputo dire se ed in che modo si era difeso dalle accuse che il suo amico avrebbe mosso, in modo infondato, nei suoi confronti, indicandolo come mandante di un crimine. Il ricorrente non deduce alcunchè di specifico in relazione agli elementi di non credibilità evidenziati dal giudice di merito, onde la censura appare, sotto questo profilo, del tutto generica e carente della necessaria specificità.

Per quanto invece attiene l’apprezzamento della situazione esistente nel Paese di provenienza del richiedente la protezione, la sentenza impugnata richiama le fonti informative in concreto consultate dal giudice di merito e dà atto delle specifiche informazioni da esse tratte. In proposito, occorre ribadire che “In tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26728 del 21/10/2019, Rv. 655559). Ove manchi tale specifica allegazione, è precluso a questa Corte procedere ad una revisione della valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice del merito. Solo laddove nel motivo di censura vengano evidenziati precisi riscontri idonei ad evidenziare che le informazioni sulla cui base il predetto giudice ha deciso siano state effettivamente superate da altre e più aggiornate fonti qualificate, infatti, potrebbe ritenersi violato il cd. dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice del merito, nella misura in cui venga cioè dimostrato che quest’ultimo abbia deciso sulla scorta di notizie ed informazioni tratte da fonti non più attuali. In caso contrario, la semplice e generica allegazione dell’esistenza di un quadro generale del Paese di origine del richiedente la protezione differente da quello ricostruito dal giudice di merito si risolve nell’implicita richiesta di rivalutazione delle risultanze istruttorie e nella prospettazione di una diversa soluzione argomentativa, entrambe precluse in questa sede.

In definitiva, va data continuità al principio secondo cui “In tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate” (v. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4037 del 18/02/2020, Rv. 657062).

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il Tribunale etneo avrebbe erroneamente denegato il riconoscimento della protezione umanitaria, senza considerare l’alfabetizzazione e l’integrazione socio-lavorativa raggiunta dall’ I. in Italia.

La censura è inammissibile.

Il decreto impugnato dà atto della mancata allegazione, da parte del richiedente, di uno specifico profilo di vulnerabilità, e dell’insufficienza, ai fini del riconoscimento della tutela umanitaria, del corso di lingua italiana dallo stesso seguito e dalla frequentazione della Comunità di (OMISSIS) (cfr. pag. 3). Il ricorrente deduce, nel motivo in esame, che il giudice di merito non avrebbe tenuto conto del “certificato di alfabetizzazione” e dell’attività lavorativa documentate, ma non indica quale livello di conoscenza della lingua italiana avrebbe in concreto conseguito, nè come, nè specifica in cosa consisterebbe la dedotta attività lavorativa. A prescindere dunque dalla rilevanza di detti elementi ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, la censura appare del tutto generica e carente dei necessari requisiti di specificità.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

 

 

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