Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8916 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. II, 31/03/2021, (ud. 22/09/2020, dep. 31/03/2021), n.8916

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24622/2019 proposto da:

B.M., rappresentato e difeso dall’Avvocato RAFFAELE

RIGAMONTI, presso il cui studio a Lecco, viale Turati 71,

elettivamente domicilia, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi

12, domicilia per legge;

– controricorrente –

avverso il DECRETO n. 5965/2019 del TRIBUNALE DI MILANO, depositato

il 6/7/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 22/9/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il tribunale di Milano, con il decreto in epigrafe, ha respinto il ricorso con il quale B.M., nato in (OMISSIS), aveva impugnato il provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale da lui presentata.

B.M., con ricorso notificato in data 16/8/2019, ha chiesto, per due motivi, la cassazione del decreto, dichiaratamente notificato il 17/7/2019.

Il ministero dell’interno ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la nullità dell’udienza del 12/4/2019 e la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis e dell’art. 738 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., ha censurato il decreto del tribunale per avere fissato l’udienza del 12/4/2019 unicamente per l’esame dei documenti senza procedere all’esame personale del richiedente che non è personalmente comparso.

1.2. Così facendo, ha osservato il ricorrente, il tribunale ha violato del D.Lgs. n. 25 cit., art. 35 bis, poichè il richiedente, in mancanza di videoregistrazione dell’audizione innanzi alla commissione territoriale, deve essere esaminato in sede giurisdizionale.

1.3. Non basta, quindi, ha concluso il ricorrente, che sia fissata un’udienza senza che si proceda all’esame della parte, essendo piuttosto necessario, a pena di nullità, che l’udienza sia fissata, che a tale udienza partecipi la parte personalmente e che la stessa venga esaminata.

1.4. Il motivo è infondato. In tema di protezione internazionale, questa Corte, nell’enunciare il principio secondo cui, in mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente disporre lo svolgimento dell’udienza di comparizione delle parti, configurandosi altrimenti la nullità del decreto pronunciato all’esito del ricorso, per inidoneità del procedimento a consentire il pieno dispiegamento del contraddittorio, salvo che non sia stato lo stesso richiedente ad aver visto accolta la propria istanza motivata di non avvalersi del supporto della videoregistrazione, ha precisato che l’obbligatorietà della fissazione dell’udienza di comparizione, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, non comporta automaticamente la necessità di dar corso all’audizione del richiedente (cfr. Cass. n. 17717 del 2018; Cass. n. 32318 del 2018). Tale affermazione trova conforto nella giurisprudenza comunitaria, la quale, pronunciandosi in ordine all’interpretazione degli artt. 12, 14, 31 e 46 della direttiva 2013/32/CE del 26 luglio 2013, ha precisato che l’obbligo di consentire al richiedente di sostenere un colloquio personale, prima di decidere sulla domanda di protezione internazionale, grava esclusivamente sull’autorità incaricata di procedere all’esame della stessa e non si applica, pertanto, nei procedimenti d’impugnazione, in quanto l’obbligo di procedere all’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto, imposto al giudice competente dall’art. 46, par. 3, della direttiva dev’essere interpretato tenendo conto della stretta connessione esistente tra la procedura d’impugnazione e quella di primo grado che la precede, nel corso della quale dev’essere consentito al richiedente di sostenere il colloquio personale, con la conseguenza che il giudice può decidere di non procedere all’audizione nel caso in cui ritenga di poter effettuare un esame siffatto in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso, se del caso, il verbale o la trascrizione del colloquio personale svoltosi in occasione del procedimento di primo grado (cfr. Corte di Giustizia UE, 26/07/2017, in causa C-348/16, Moussa Sacko). Non merita, pertanto, alcuna censura il decreto impugnato, il quale, lì dove ha ritenuto che pur in mancanza di videoregistrazione dell’audizione innanzi alla commissione territoriale, non fosse necessario procedere all’audizione del richiedente, ha adeguatamente giustificato tale decisione evidenziando che lo stesso non aveva introdotto temi di indagine ulteriori nè allegato fatti nuovi, e di avere a disposizione tutti gli elementi necessari ai fini della decisione senza che fosse a tal fine necessario sentire nuovamente la parte.

2.1. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, ha censurato il decreto impugnato innanzitutto nella parte in cui il tribunale ha respinto la domanda di protezione umanitaria senza considerare che in Costa d’Avorio sia presente una situazione di violenza diffusa, soprattutto nella zona di Abdjan da cui proviene il richiedente, e che le tensioni nel suo Paese d’origine sono originate da ragioni politiche connesse allo stato di povertà di gran parte della popolazione e non, come erroneamente ritenuto dal tribunale, da divisioni di ordine religioso.

2.2. Il motivo è infondato. Il ricorrente, infatti, non si confronta realmente con il decreto impugnato: il quale, invero, con statuizione rimasta del tutto incensurata, ha rigettato la domanda di protezione umanitaria proposta dal richiedente in ragione (anche) della mancata integrazione del richiedente in Italia. Ed è noto che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti, con la conseguenza che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. SU n. 7931 del 2013).

3. I motivi articolati in ricorso si rivelano, quindi, del tutto infondati. Peraltro, poichè il giudice di merito ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, senza che il ricorrente abbia offerto ragioni sufficienti per mutare tali orientamenti, il ricorso, a norma dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, è manifestamente inammissibile.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

5. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al ministero dell’interno le spese di lite, che liquida in Euro 2.100,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

 

 

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