Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8914 del 18/04/2011

Cassazione civile sez. I, 18/04/2011, (ud. 23/03/2010, dep. 18/04/2011), n.8914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 5033/2009 proposto da:

K.K., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIAN

GIACOMO PORRO 8, presso lo studio dell’avvocato BITONDO Maria, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BERTANI FEDERICO,

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTO DI REGGIO EMILIA;

– intimato –

avverso il decreto n. 403/08 del GIUDICE DI PACE di REGGIO EMILIA del

25.11.08, depositato il 27/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/03/2010 dal Presidente Relatore Dott. GIUSEPPE SALME’.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che K.K. proponeva opposizione avverso il decreto di espulsione emesso in suo danno dal Prefetto di Reggio Emilia in data 7.8.07;

che il Giudice di pace di Reggio Emilia, con decreto del 3 aprile 2008, rigettava l’opposizione;

Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso K. K. affidato a due motivi, con il primo dei quali denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7 e D.P.R. n. 394 del 1999, art. 3 (art. 360 c.p.c., n. 3) e pone la seguente questione, sintetizzata nel quesito di diritto: se, ai sensi delle succitate norme, la mancata traduzione del decreto di espulsione in una lingua effettivamente conosciuta o comprensibile dall’espulso renda nullo il provvedimento e consenta il ricorso tardivo e il Giudice di pace avrebbe erroneamente ritenuto che “la lingua russa sia lingua ufficiale della Georgia”, mentre con il secondo motivo denuncia contraddittorietà della motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), deducendo che erroneamente il giudice del merito avrebbe ritenuto che il ricorso è stato proposto tempestivamente e ciò dimostrerebbe che l’istante ha compreso il contenuto del decreto di espulsione, senza considerare che ella non avrebbe invece proposto tempestiva opposizione, perchè non aveva avuto contezza del provvedimento. Di qui la contraddittorietà: se il decreto fosse stato compreso, la tardività del ricorso non poteva ritenersi sanata;. Che non ha svolto attività difensiva l’intimato.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che i motivi, da esaminare congiuntamente, in quanto giuridicamente e logicamente connessi, sono in parte manifestamente inammissibili, in parte manifestamente infondati;

che le doglianze concernenti la asseritamente mancata valutazione in ordine alla tempestività del ricorso sono manifestamente inammissibili per la considerazione che il ricorso è stato giudicato tempestivo e deciso nel merito, quindi questo profilo non può qui costituire oggetto di impugnazione e di riesame, in tesi con riforma in pejus per l’istante;

che, relativamente alla traduzione del decreto di espulsione, va ribadito il principio enunciato da questa Corte, secondo il quale il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, non impone affatto all’Amministrazione di tradurre il decreto espulsivo nella lingua madre della persona da espellere ma solo di assicurare che la traduzione del provvedimento avvenga “in una lingua da lui conosciuta” e, solo ove ciò non sia possibile, di garantire che la traduzione sia svolta “in lingua francese, inglese o spagnola”, ritenute lingue “universali”, in qualche modo accessibili, direttamente o indirettamente, da chiunque (Cass. n. 13833 del 2008;

n. 274 del 2006) e che è riservato all’apprezzamento di fatto del giudice del merito, incensurabile in questa sede se sorretto da motivazione sufficiente ed immune da vizi logici ed incongruenze, accertare se la traduzione sia avvenuta in una lingua comprensibile all’espulso (Cass. n. 13833 del 2008; n. 274 del 2006), poichè il precetto di legge è da ritenersi pienamente soddisfatto le volte in cui lo straniero, conosca o meno la lingua nella quale è tradotto il testo della misura emessa a suo carico, abbia comunque perfettamente compreso il testo italiano del decreto che, unitamente alla traduzione, gli viene comunicato: e è infatti significativo che la norma imponga la traduzione non già nella lingua nazionale dell’espellendo bensì “nella lingua da lui conosciuta”, esplicitando la ratio che è quella di assicurare comprensione e difesa (Cass. n. 27791 del 2005);

che, nella specie, è erronea la doglianza, secondo la quale il giudice del merito avrebbe malamente ritenuto che “la lingua russa sia lingua ufficiale della Georgia”, perchè, sebbene il provvedimento faccia riferimento a pronunce di questa Corte che hanno ritenuto sufficiente la traduzione nella lingua ufficiale del Paese, il Giudice di pace, ha poi osservato che il russo era sino al 1991 la lingua ufficiale della Georgia e che in tale data l’opponente “aveva 26 anni e pertanto deve ritenersi soddisfatto il requisito posto dall’art. 13, comma 7, T.U.) in termini di presunzione legale di conoscenza¯; pertanto, risulta chiaro che, in realtà, dalla considerazione dell’età dell’opponente e della pregressa natura del russo di lingua ufficiale della Georgia, il provvedimento ha desunto la conoscenza della lingua nella quale è avvenuta la traduzione, senza che la premessa (e cioè tale carattere della lingua sino al 1991) sia stata censurata e senza che sia stata specificamente censurata la motivazione che sorregge l’affermazione della conoscenza formulata mediante presunzioni, risultando irrilevante l’ulteriore considerazione contenuta nel decreto in ordine alla conoscenza desunta dall’avvenuta opposizione, siccome svolta con argomentazione suppletiva;

che, in definitiva, il ricorrente si duole della conclusione del giudice del merito, senza adeguatamente e pertinentemente censurare la effettiva ratio decidendi alla base del provvedimento.

Pertanto, il ricorso, stante la manifesta infondatezza, può essere trattato in Camera nulla sulle spese non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

la Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi, Sezione Prima Civile, il 23 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2011

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