Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8914 del 06/04/2017


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Cassazione civile, sez. II, 06/04/2017, (ud. 24/01/2017, dep.06/04/2017),  n. 8914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20361-2013 proposto da:

F.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

CIRCONVALLAZIONE CLODIA 86 piano 1 int. 5, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO MARTIRE, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CLAUDIO PULLI;

– ricorrente –

contro

C.T.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 879/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 22/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/01/2017 dal Consigliere Dott. GRASSO GIUSEPPE;

udito l’Avvocato ROBERTO MARTIRE, difensore della ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS PIERFELICE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

I FATTI DI CAUSA

F.R. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Busto Arsizio, Sezione Distaccata di Gallarate, il genero C.T. affinchè fosse condannato a restituire la somma di Euro 30.355,77, in suo favore mutuata, oltre interessi legali.

Il convenuto, costituitosi, chiedeva il rigetto della domanda.

Il Tribunale, con sentenza n. 416/2009, rigettò la domanda, avendo ritenuto non provata la causa giuridica addotta dall’attrice.

La Corte d’appello di Milano, alla quale la F. si era rivolta, con sentenza n. 879/2013, rigettò l’impugnazione.

Avverso quest’ultima statuizione propone ricorso per cassazione la primigenia attrice, articolando tre motivi di censura. La controparte non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1813 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, in quanto il contratto di mutuo oggetto di causa era da considerare perfezionato, essendo stato provato che il convenuto aveva incassato gli assegni circolari prodotti in atti (circostanza, questa, peraltro ammessa dalla controparte), così venendosi a perfezionare la realità del negozio.

Con il secondo motivo viene denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione, in quanto sussistevano indizi gravi, precisi e concordanti a riguardo della natura di mutuo del rapporto in questione.

Il terzo motivo contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 244 c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione, in quanto la Corte territoriale aveva errato nel considerare non ammissibili le prove articolate a sostegno della domanda.

Ad uno scrutinio contestuale degli addotti motivi, osmotici fra loro, il ricorso non appare meritevole di accoglimento.

In primo luogo deve chiarirsi che in relazione al tempo del deposito della sentenza di secondo grado (22/2/2013) trova applicazione il testo dell’art. 360 c.c., n. 5, siccome novellato ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, siccome convertito nella L. n. 778 del 2012, n. 134. Di conseguenza non è deducibile per cassazione il vizio motivazionale che non si sia risolto in una vera e propria omissione. Omissione che, nella specie, non ricorre, nè, peraltro, viene neppure allegata con specificità di argomenti.

Non sussistono, del pari, le violazioni di legge denunziate.

a) La circostanza che le somme di denaro siano state effettivamente erogate ed incassate non assume rilievo, in quanto perciò solo non resta comprovato l’asserto impugnatorio, a fronte della compiuta motivazione della sentenza d’appello, la quale ha chiarito che, specie tenuto conto dei rapporti fra le parti (il C. e la di lui moglie erano dipendenti dell’azienda manifatturiera della ricorrente), la dazione avrebbe potuto avere ben altra causa giuridica, non essendo rimasto provato che il C. si fosse obbligato alla restituzione di quanto versatogli.

b) Non è dato cogliere in cosa sarebbero consistiti gli indizi favorevoli alla tesi sostenuta dalla F..

c) La Corte locale ha puntualmente spiegato le ragioni per le quali la prova orale richiesta dall’attrice non era ammissibile (il preteso finanziamento per l’acquisto di un immobile era incompatibile per ragioni temporali con la dazione; altro capitolo era stato articolato in forma sommamente generica; altro ancora faceva riferimento ad una trattenuta di Euro 500, effettuata nell’anno 2004, palesemente inidonea a provare l’assunto).

Nulla deve disporsi per le spese non essendosi la controparte costituita davanti a questa Corte.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis;.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2017

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