Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8907 del 14/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 14/04/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 14/04/2010), n.8907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. BALLETTI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9452-2009 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI ANTONIETTA, MARITATO

LELIO, CALIULO LUIGI, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COLLEGIO LIQUIDATORI CONCORDATO PREVENTIVO CESSIONE BENI MOZZINI

FRATELLI DI MOZZINI, FALLIMENTO MOZZINI FRATELLI DI MOZZINI GARIBALDI

& C. S.R.L., MOZZINI FRATELLI DI MOZZINI GARIBALDI & C.

S.R.L. IN

LIQUIDAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3270/2009 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA, depositata il 10/02/2009 R.G.N. 31789/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/03/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato CORETTI ANTONIETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 168/2003 il Giudice del lavoro del Tribunale di Mantova respingeva la domanda presentata dalla Mozzini F.lli di Mozzini Garibaldi e c. s.r.l. in liquidazione, intesa ad ottenere, nei confronti dell’INPS e del Collegio dei liquidatori del concordato preventivo con cessione di beni della medesima società, l’accertamento della intervenuta prescrizione dei crediti dichiarati dall’Istituto nella procedura concorsuale .

Nella specie il Giudice riteneva applicabile la sospensione della prescrizione prevista dall’art. 2941 c.c., n. 6.

Avverso la detta sentenza la società proponeva appello e la Corte d’Appello di Brescia con sentenza n. 176/2005 rigettava il gravame.

La Corte territoriale, in sintesi, riteneva che nella fattispecie ricorresse l’ipotesi di cui all’art. 2941 c.c., n. 6 citato, rilevando che nel concordato preventivo con cessione di beni ai liquidatori, al comitato dei liquidatori,, viene attribuito il mandato irrevocabile alla liquidazione dei beni del debitore, con la conseguenza che dal momento della omologazione del concordato il potere di disporre dei beni passa dal debitore ai liquidatori, quali amministrano i beni medesimi nell’interesse di tutti i creditori.

Per la cassazione di tale sentenza proponeva ricorso la società in liquidazione con due motivi: 1) violazione dell’art. 112 c.p.c. perchè la Corte di Appello non aveva considerato che l’eccezione di sospensione della prescrizione, da ritenersi eccezione in senso stretto, non era stata introdotta ritualmente in quanto l’INPS nel costituirsi nel giudizio di primo grado si era limitato ad invocare la sospensione della prescrizione senza dedurre e provare di aver amministrato i beni della società in forza di legge o di provvedimento giudiziale; 2) violazione dell’art. 2941 c.c., n. 6, art. 1979 c.c., L. Fall., artt. 167, 168 e 182, perchè la Corte territoriale non aveva considerato che durante la procedura di concordato il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e che. ove non disposto diversamente, come nella specie, gli organi della procedura hanno la sola legittimazione a disporre dei beni oggetto della cessione, per cui deve escludersi che il debitore sia titolare dei beni assoggettati al l’amministrazione altrui, con conseguente inapplicabilità del disposto dell’art. 2941 c.c., n. 6 (in ogni caso l’amministrazione dei beni si trasferisce in capo al liquidatore o al comitato dei liquidatori e non alla totalità dei creditori concorsuali, nè è pensabile che il liquidatore, organo della procedura di natura officiosa e pubblicistica, sia un mandatario dei creditori, ragione per cui, anche per tali motivi, l’invocata sospensione non poteva operare nella fattispecie in esame).

Questa Corte di Cassazione, con sentenza 10-2-2009 n. 3270, respinto i primo motivo, ha accolto il secondo, cassando la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha dichiarato estinto per prescrizione il credito contributivo dell’INPS, compensando tra le parti le spese dell’intero processo.

in sintesi questa Corte sul primo motivo ha affermato che anche la eccezione di sospensione della prescrizione (al pari di quella di interruzione della prescrizione, v. Cass. S.U. 15661/2005) ha natura di eccezione in senso lato e, sul secondo motivo, richiamando il principio affermato da Cass. n. 17060/2007, ha ribadito la inapplicabilità dell’art. 2941 c.c., n. 6 al rapporto tra debitore e creditori del concordato preventivo con cessione di beni.

In particolare, infine, questa Corte ha affermato testualmente che “il ricorso, pertanto, deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio. Peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito. Infatti nel giudizio di appello si è discusso della sola causa di sospensione sopra esaminata e poichè la medesima non sussiste, può senz’altro concludersi, in accoglimento della domanda della Mozzini s.r.l., per la dichiarazione di estinzione per prescrizione del credito dell’INPS”.

Avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso per revocazione con un unico motivo, nei confronti della società in liquidazione, del Collegio dei liquidatori del concordato preventivo e del Fallimento della società nel frattempo dichiarato con sentenza del Tribunale di Mantova del 26-1/27-1-2006.

Le parti intimate non hanno svolto alcuna attività difensiva.

Infine il difensore dell’INPS ha depositato note d’udienza sulle conclusioni del pubblico ministero ex art. 379 c.p.c., u.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo l’istituto ricorrente lamenta che la sentenza impugnata “è incorsa in un evidente errore di fatto, costituito dalla mancata percezione dell’esistenza delle ulteriori eccezioni difensive formulate dall’INPS, sia in primo grado che in appello, riguardanti l’interruzione della prescrizione posta in essere dall’istituto creditore tramite vari atti interruttivi, peraltro regolarmente prodotti agli atti del giudizio di merito” (come da memorie di primo e secondo grado riportate nel ricorso per revocazione).

Al riguardo l’istituto evidenzia che l’esame di dette eccezioni era stato ritenuto “superfluo” dal primo giudice e, del pari, la Corte d’Appello non aveva considerato le questioni relative alla intervenuta interruzione della prescrizione, perchè implicitamente ritenute assorbite dalla ritenuta applicazione dell’istituto della sospensione della prescrizione, di guisa che, in tale situazione processuale, la Corte di Cassazione “non avrebbe potuto cassare tout court la sentenza d’appello per il motivo accolto, ma avrebbe dovuto anche rinviare la causa ad altro giudice per l’esame nel merito delle eccezioni subordinate contenute negli atti difensivi dell’INPS”.

L’istituto ricorrente, formulando anche il quesito di diritto ex art. 366 bis. c.p.c., conclude quindi perchè la sentenza di questa Corte n. 3270/2009 “venga revocata nella parte in cui “decidendo nel merito dichiara estinto per prescrizione il credito contributivo dell’INPS” e si provveda a disporre il rinvio della causa ad altro giudice d’appello per la decisione nel merito della causa medesima”.

Il motivo non può essere accolto.

In base all’indirizzo consolidato dettato da questa Corte, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 come modificato in particolare dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 36 del 1991, l’errore di fatto, che può legittimare la richiesta di revocazione della sentenza di cassazione, deve riguardare gli atti “interni” al giudizio di legittimità (ossia quelli che la Corte deve, e può, esaminare direttamente con la propria indagine di fatto all’interno dei motivi di ricorso) e deve incidere unicamente sulla sentenza di cassazione (v. fra le altre Cass. 21-4-2006 n. 9396, Cass. 3-9-2005 n. 17745, Cass. 28-6-2005 n. 13915, Cass. 1-3-2005 n. 4295, Cass. 5-7- 2004 n. 12283).

Questa Corte ha altresì precisato che ” costituiscono atti interni quelli conseguenti alla proposizione del ricorso (ad esempio, il deposito ex art. 369 c.p.c., comma 1 ed il controricorso con eventuale ricorso incidentale), tutti gli atti che vanni depositati insieme al ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, nonchè il fascicolo d’ufficio (art. 369 c.p.c., comma 3) ma esclusivamente nei casi in cui la Corte debba esaminarli direttamente con propria autonoma indagine di fatto, senza cioè la mediazione della sentenza impugnata, in quanto siano stati dedotti errores in procedendo, ovvero perchè siano emerse questioni processuali rilevabili d’ufficio” (v. Cass. 22-11-2006 n. 24856, Cass. 11-2-2004 n. 2597, Cass. 22-2-1995 n. 2006, Cass. S.U. 20-3-1992 n. 3519).

Sulla base di tali principi ritiene il Collegio che, conseguentemente, va enunciato, come corollario, anche il principio seguente: “gli atti del fascicolo di merito, ed in specie del giudizio di appello, che non debbano essere esaminati direttamente dalla Corte di Cassazione (in quanto non investiti direttamente dalla denuncia di un error in procedendo) e che, peraltro, neppure siano richiamati nel ricorso e nel controricorso (nè risultino dalla lettura della sentenza), non possono essere comunque considerati “atti interni” al giudizio di cassazione”.

Tale conclusione è conforme al principio generale di allegazione ed a quello di autosufficienza del ricorso per cassazione, che si estende anche al controricorso (v. fra le altre Cass. 7-3-2006 n. 4840).

Nella fattispecie risulta che nel giudizio di cassazione conclusosi con la sentenza impugnata per revocazione l’INPS ha soltanto “depositato procura” (vedi chiaramente la sentenza impugnata).

La Corte, rilevato che nel giudizio di appello si era discusso della sola causa di sospensione della prescrizione, poichè la medesima non sussisteva, ritenendo non necessari ulteriori accertamenti di fatto ha deciso la causa nel merito, dichiarando estinto per prescrizione il credito dell’INPS. L’istituto ricorrente, nell’impugnare per revocazione tale ultimo punto della decisione, assume che l’errore di fatto è consistito nella “mancata percezione dell’esistenza delle ulteriori eccezioni difensive formulate dall’INPS, sia in primo grado che in appello, riguardanti l’interruzione della prescrizione posta in essere dall’istituto creditore tramite vari atti internativi, peraltro regolarmente prodotti agli atti del giudizio di merito”.

L’istituto, poi, riporta il contenuto delle proprie memorie di costituzione di primo e di secondo grado, nelle quali erano stati richiamati specificamente i dedotti atti interruttivi allegati in sede di merito e, da ultimo, con le note d’udienza di replica alle conclusioni del PM, rileva da un lato che la Corte era tenuta ad accertare d’ufficio che fossero necessari ulteriori accertamenti di fatto, e dall’altro che la questione relativa alla eccepita interruzione della prescrizione si evinceva dagli atti processuali, ed in specie dalla memoria di costituzione dell’INPS in appello, facente parte comunque del fascicolo d’ufficio trasmesso dalla Corte d’Appello di Brescia ed acquisito agli atti del giudizio di legittimità, conclusosi con la sentenza impugnata (fascicolo poi evidentemente restituito alla stessa Corte d’Appello dopo la definizione del detto giudizio “come di norma”).

Orbene osserva il Collegio che, seppure la detta memoria di costituzione in appello fosse inserita nel fascicolo di merito all’epoca acquisito (e poi restituito), tale circostanza in base ai principi sopra affermati non risulta sufficiente a far ritenere che la memoria stessa possa definirsi “atto interno” al giudizio di cassazione (e tanto meno sarebbe sufficiente a far ritenere “atti interni” a tale giudizio gli atti interruttivi richiamati nella memoria medesima, pur “regolarmente prodotti” nel giudizio di merito).

Al riguardo, infatti, atteso che il contenuto di tale memoria di costituzione in appello non emergeva nè dalla sentenza della Corte di Brescia (“Si costituiva in giudizio l’INPS contestando gli argomenti svolti a sostegno dell’impugnazione”) nè dal ricorso per cassazione della società in liquidazione (“L’INPS resisteva in giudizio mentre…”), stante, del resto, la mancanza di un controricorso da parte dell’INPS, e considerato altresì che, seppure con il primo motivo di ricorso fosse stato denunciata una violazione dell’art. 112 c.p.c., tale denuncia investiva però esclusivamente l’esame della memoria di costituzione di primo grado (e non di appello), in relazione, peraltro, soltanto alla contestata rituale deduzione della eccezione di sospensione della prescrizione, in conclusione deve ritenersi che la memoria di costituzione dell’INPS in appello non rientrava fra gli atti che dovevano essere esaminati direttamente dalla Corte di cassazione e quindi non costituiva ‘”atto interno” a quel giudizio di legittimità.

Nè a diversa conclusione può pervenirsi traendo argomento dal rilievo d’ufficio della verifica della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, considerato che anche tale verifica va effettuata necessariamente sulla base degli “atti interni” del giudizio di cassazione, e non può essere estesa a tutti gli atti del merito.

Il ricorso va pertanto respinto.

Infine non deve provvedersi sulle spese non avendo gli intimati svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2010

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