Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8906 del 18/04/2011

Cassazione civile sez. I, 18/04/2011, (ud. 23/03/2010, dep. 18/04/2011), n.8906

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3799/2009 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VIGNA

DI MORENA 69/A, presso lo Studio dell’avvocato ANNA MARIA ROSSI,

rappresentato e difeso dall’avvocato AMATO Felice, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 2798/07 V.G. della CORTE D’APPELLO di NAPOLI

del 16/11/07, depositato il 27/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/03/2010 dal Presidente Relatore Dott. GIUSEPPE SALME’;

udito l’Avvocato Amato Felice, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che

nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che P.G. adiva la Corte d’appello di Napoli, allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio promosso innanzi al Tribunale di Salerno il 17.9.97, definito in due gradi con sentenza del 9.11.2006;

che la Corte d’appello, con decreto del 27.12.2007, ritenuto violato il termine di durata ragionevole del giudizio in anni tre, liquidava per il danno non patrimoniale, per la parte eccedente, Euro 2.083,33, con il favore delle spese del giudizio, liquidate in Euro 450,00, oltre Iva e Cpa;

che per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso P.G.;

che ha resistito con controricorso il Ministero della giustizia.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che il ricorso è manifestamente inammissibile; che, infatti, secondo un principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, la parte che censura in sede di legittimità la liquidazione delle spese processuali è tenuta ad indicare in modo specifico ed autosufficiente quali siano le voci della tabella forense non applicate dal giudice del merito che si assumono violate e gli importi considerati, elencando in dettaglio le prestazioni effettuate, per voci ed importi, al fine di consentire il controllo in sede di legittimità, senza bisogno di svolgere ulteriori indagini in fatto e di procedere alla diretta consultazione degli atti, giacchè l’eventuale violazione della suddetta tariffa integra un’ipotesi di “error in iudicando” e non “in procedendo” (Cass. n. 17059, n. 14744 e n. 3651 del 2007; n. 2626 del 2004; n. 8160 del 2001); la doglianza richiede, inoltre, che dall’erronea applicazione delle voci della tariffa sia conseguita la lesione del principio dell’inderogabilità ed il ricorrente non può, dunque, limitarsi alla generica denuncia dell’avvenuta violazione di detto principio o del mancato riconoscimento di spese che si asserisce essere state documentate, ma, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, tenuto conto della natura del vizio, deve specificare gli errori commessi dal giudice e precisare le voci di tabella degli onorari, dei diritti di procuratore che si ritengono violate, nonchè le singole spese asseritamente non riconosciute (Cass. n. 14744 del 2007; n. 9082 del 2006; n. 13417 del 2001);

che, infine, secondo l’orientamento prevalente al quale va data continuità, sebbene il giudice del merito, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non possa limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, avendo l’onere di dare adeguata motivazione della eliminazione o della riduzione di voci eventualmente operata, al fine di consentire l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione alla inderogabilità dei relativi minimi, nondimeno il ricorrente, dal suo canto, in virtù dei principi sopra enunciati, al fine di consentire a questa Corte la verifica della corretta liquidazione delle spese processuali e della pretesa violazione dei minimi, neppure può limitarsi alla denuncia dell’avvenuta violazione del principio di inderogabilità, ma ha l’onere della specifica ed analitica indicazione delle voci e degli importi spettantigli (Cass. n. 2254 del 2007; n. 9082 del 2006; n. 21325 del 2005);

che, in applicazione di detti principi, la considerazione che l’istante: non ha neppure dedotto di avere depositato nota specifica nella fase di merito; non ha affatto riprodotto detta nota nel ricorso; non ha indicato quali voci sarebbe state violate;

addirittura, neppure ha prospettato la violazione dei minimi di tariffa, nulla osservando e deducendo sulle voci applicabili in relazione alla natura del procedimento, limitandosi ad una generica denuncia di erroneità del decreto per il solo fatto della mancata distinzione dell’importo delle spese del giudizio liquidate dal giudice del merito, omettendo tutte le indicazioni sopra indicate, senza nulla specificare in ordine alle conseguenze della liquidazione globalmente effettuata dalla Corte territoriale rende manifesta l’inammissibilità del ricorso;

che le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 500,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi, Sezione Prima Civile, il 23 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2011

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