Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8906 del 14/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 14/04/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 14/04/2010), n.8906

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. BALLETTI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20601-2006 proposto da:

AMA – AZIENDA MUNICIPALE AMBIENTE S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

COLA DI RIENZO 271, presso lo studio dell’avvocato TESSAROLO

COSTANTINO, che la rappresenta e difende, giusta mandato a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIVORNO 42,

presso lo studio dell’avvocato LONETTI PEPPINO, che lo rappresenta e

difende, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6336/2003 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/08/2005 r.g.n. 2840/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/03/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato TESSAROLO COSTANTINO;

udito l’Avvocato LONETTI PEPPINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 15-2-2001 il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma respingeva il ricorso con il quale M.A. aveva chiesto la condanna della Azienda Municipale Ambiente – A.M.A., s.p.a. al pagamento della somma di L. 1.849.362 a titolo di differenze del compenso delle prestazioni straordinarie e festive e della retribuzione delle festività coincidenti con la domenica, oltre rivalutazione e interessi, escluso il capo di domanda relativo al compenso per lavoro straordinario diurno che dichiarava nullo.

Avverso la detta sentenza, con ricorso del 26-4-2001, il M. proponeva appello chiedendo che, previa declaratoria della validità e ammissibilità di tale capo di domanda l’AMA fosse condannata al pagamento della somma di L. 1.685.222 oppure in subordine di quella di L. 1.456.5 14 a titolo di differenze per lo straordinario diurno per effetto del computo sulla base della retribuzione omnicomprensiva del lavoro ordinario, maggiorata rispettivamente del 10% e dell’8% , oppure, in via subordinata, di quella minore somma per la stessa differenza dovutagli, per effetto della determinazione della maggiorazione straordinaria diurna in misura inferiore all’8%, ma in ogni caso equa. L’appellante chiedeva inoltre la condanna dell’AMA al pagamento delle ulteriori somme di L. 101.111 e L. 63.026 per differenze del compenso del lavoro festivo straordinario diurno e della retribuzione delle festività coincidenti con le domeniche, il tutto oltre rivalutazione, interessi e spese.

L’AMA si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 11-8-2005, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, ritenuto che la domanda introduttiva contenesse clementi sufficienti all’identificazione del diritto azionato, sia con riferimento agli elementi di fatto che di diritto, accoglieva la domanda relativa alle differenze per lo straordinario diurno e respingeva la domanda relativa al ricalcolo del compenso per l’attività lavorativa resa dal lavoratore nelle festività e alla retribuzione delle festività coincidenti con le domeniche. In particolare la Corte territoriale in dispositivo condannava L’AMA al pagamento della somma di Euro 317,18 oltre interessi e rivalutazione, e in motivazione precisava che tale somma era stata erroneamente indicata dovendo la società essere condannata al pagamento della somma di L. 1.685.222, pari ad Euro 874,34.

Per la cassazione di tale sentenza l’AMA ha proposto ricorso con un unico motivo.

Il M. ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c. e da ultimo il M. ha depositato istanza per sollecitare la eventuale rimessione della causa alle Sezioni Unite.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, l’AMA denunciando violazione degli artt. 1419, 2107, 2108 e 2099 c.c., R.D.L. n. 692 del 1923, artt. 1 e 5 conv.

dalla L. n. 473 del 1925, art. 432 c.p.c. e art. 36 Cost., nonchè vizio di motivazione, in sostanza lamenta che la Corte d’Appello, pur affermando la inapplicabilità nella specie dell’art. 5 del citato R.D.L. erroneamente ha ritenuto, in base all’art. 2108 c.c. e art. 36 Cost., che “il giudice ben può riferirsi a quella maggiorazione del 10% che costituisce la soglia di legittimità per la generalità dei rapporti di lavoro, posto che l’esclusione di alcuni di questi dalla disciplina generale stabilita dal R.D. del 1923 non implica che il lavoro prestato in tali settori oltre l’orario normale abbia un grado diverso di maggior penosità”.

Al riguardo la ricorrente osserva che “l’applicazione in via analogica del R.D. n. 692 del 1923, art. 5 o, comunque, l’utilizzazione della misura della maggiorazione dallo stesso prevista quale parametro di giusta retribuzione del lavoro straordinario, rappresenta, infatti, una inammissibile surrettizia reintroduzione di una tutela la cui operatività, per il settore cui l’azienda ricorrente appartiene, è stata dal citato R.D. n. 692 del 1923 espressamente esclusa con disposizione che ha anche superato lo scrutinio di legittimità costituzionale (Corte Cost. n. 716/1988).

Infondatamente, quindi, secondo l’AMA, la sentenza impugnata ha ritenuto “ex art. 1419 c.c. la nullità delle clausole della contrattazione collettiva applicabile al rapporto di lavoro de quo, in quanto le stesse adotterebbero un sistema di calcolo del compenso per il lavoro straordinario che condurrebbe ad “un risultato inferiore a quello minimo legale” per cui dovrebbero essere sostituite di diritto dalla disciplina di legge, che, peraltro, per ammissione dello stesso giudice, è inapplicabile al caso di specie”.

Peraltro la ricorrente rileva che “la disciplina legislativa va riferita al caso del superamento dell’orario normale legale (cd.

lavoro straordinario legale), ma non già alla prestazione resa in eccedenza rispetto all’orario contrattualmente previsto, ma nei limiti di quello massimo fissato dalla legge (cd. lavoro straordinario convenzionale), ipotesi nella quale occorre rifarsi alla disciplina collettiva per valutare la congruità del compenso previsto”.

Pertanto il M., avendo svolto unicamente “straordinario contrattuale”, è stato compensato “con un aumento di retribuzione rispetto a quella dovuta per il lavoro ordinario”; “dovendosi per retribuzione intendere – trattandosi appunto di straordinario contrattuale – quella determinata dalle parti sociali nel contratto collettivo e non, come erroneamente sostenuto nella sentenza impugnata, quella onnicomprensiva”.

In tali sensi, secondo la ricorrente, l’azienda “ha pienamente rispettato l’art. 2108 c.c. e le disposizioni collettive alle quali esso rimanda”.

Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata ha accolto la pretesa del M. al pagamento della differenza del compenso per lavoro straordinario (diurno), eccedente l’orario contrattuale, per effetto della relativa determinazione sulla base della retribuzione omnicomprensiva del lavoro ordinano, con la maggiorazione equitativa del 10% ritenuta proporzionata alla maggiore gravosità del lavoro straordinario rispetto al lavoro ordinario ai sensi degli art. 36 Cost. e art. 2108 c.c., pur escludendo l’applicazione del R.D.L. n. 692 del 1923 al rapporto controverso.

Tale decisione è in contrasto con la giurisprudenza, ormai costante di questa Corte, che, in controversie analoghe riguardanti i dipendenti della stessa azienda, ha affermato che, nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, la contrattazione collettiva fissi un limite di orario normale inferiore a quello predeterminato per legge, è consentito alla stessa contrattazione determinare Passetto degli interessi nel senso che il superamento dell’orario contrattuale fino al limite di quello legale non debba essere compensato secondo la disciplina del lavoro straordinario (v. per tutte Cass. 24-3-2004 n. 5934, Cass. 1-2-2006 n. 2245, Cass. 17-1.0-2006 n. 22233, Cass. 20-12- 2006 n. 27200, Cass. 17-3-2006 n. 5922, Cass. 15-1-2008 n. 649, Cass. 24-1-2008 n. 1572, Cass. 6-3-2008 n. 6049, Cass. 26-3-2008 n. 7880).

Non si tratta – come è stato precisato – di contraddire il principio secondo cui è lavoro straordinario anche quello prestalo oltre l’orario stabilito dal contratto (collettivo o individuale), ma di riaffermare (v. Cass. 5-12-2003 n. 18601, Cass. 18-2-2004 n. 3208, Cass. 22-6-2004 n. 11641, Cass. 17-3-2006 n. 5922, Cass. 17-7-2006 n. 16177, Cass. 13-7-2006 n. 15944, Cass. 16-7-2007 n. 15781) la regola per cui, nell’ipotesi in cui la contrattazione collettiva fissi un limite di orario normale inferiore a quello predeterminato per legge, deve ritenersi legittima la condotta del datore di lavoro che corrisponda ai propri dipendenti – che abbiano superato il limite convenzionale, ma non quello legale – un corrispettivo per il suddetto lavoro inferiore a quello prescritto dall’art. 2108 c.c. per l’orario straordinario, sia. perchè l’inderogabilità di tale disposizione opera solo in presenza di violazioni dei tetti massimi di orario normale previsti da norme legislative, sia perchè il principio di proporzionalità, di cui all’art. 36 Cost., va riferito al complessivo trattamento economico riconosciuto al lavoratore e non ai singoli elementi retributivi.

In questo senso la giurisprudenza più recente di questa Corte risulta ormai consolidata, di guisa che va esclusa la necessità di rimessione della questione al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Questa Corte, del resto, anche con riguardo alla questione prospettala dal controricorrente, secondo cui, in sostanza, la contrattazione collettiva avrebbe violato il principio di una necessaria maggiorazione del compenso dovuto per le prestazioni svolte oltre il normale orario contrattuale, si è pronunciata in senso uniforme disattendendo la tesi dei dipendenti dell’AMA (v. fra le altre Cass. 649/2008, 1572/2008, 6049/2008, 7880/2008 citate).

Al riguardo è stato, innanzitutto, osservato che la questione coinvolge la definizione dei rapporti tra la durata della prestazione lavorativa settimanale e la disciplina retributiva necessariamente affidata alla contrattazione collettiva applicabile, sulla cui specifica regolamentazione sarebbe stata comunque necessaria una completa allegazione (che anche nel presente caso è mancata).

Una volta esclusa, poi, come sopra, l’applicabilità della norma inderogabile dell’art. 2108 c.c. (che opera soltanto in presenza di violazioni dei tetti massimi di orario normale previsto da norme legislative), con riferimento al parametro stabilito dall’art. 36 Cost., sulla scorta della pronuncia della Corte Costituzionale n. 470 del 2002, questa Corte, ha costantemente affermato che la proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione va riferita non già alle sue singole componenti, ma alla globalità di essa, “con il corollario secondo cui il silenzio dell’art. 36 Cost. sulla struttura della retribuzione e sull’articolazione delle voci che la compongono, significa che è rimessa insindacabilmente alla contrattazione collettiva la determinazione degli elementi che concorrono a formare, condizionandosi a vicenda, il trattamento economico complessivo dei lavoratori, del quale il giudice potrà poi essere chiamato a verificare la corrispondenza ai minimi garantiti dalla norma costituzionale”.

Il ricorso va pertanto accolto e la cassazione della statuizione impugnata – non dovendosi procedere ad ulteriori accertamenti di fatto, essendo pacifico che anche per lo straordinario diurno i compensi sono stati pagati in base alle disposizioni del contratto collettivo – comporta la decisione della causa nel merito, con il rigetto della relativa domanda del M..

L’esito alterno dei giudizi di merito e le incertezze della giurisprudenza all’epoca, costituiscono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei gradi di merito, mentre per le spese di legittimità il M. va condannato in ragione della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta la domanda relativa alle differenze del compenso per le prestazioni straordinarie diurne, compensa le spese dei gradi di merito e condanna il M. al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 24,00 oltre Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 4 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2010

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