Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8905 del 05/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 8905 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

ORDINANZA
sul ricorso per regolamento di competenza 18066-2014 proposto da:
AMICUZI LUCIANO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DARDANELLI 37, presso lo studio dell’avvocato SILVIA AMATI,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SEBASTIANO
BRIGANTI giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
LA VISTA CRISTINA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
SABOTINO 2, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO ZAZA, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO PACIOTTI
giusta procura speciale a margine del controricorso;
controriconrnte –

.S 2G

Data pubblicazione: 05/05/2015

sulle conclusioni scritte del P.G. in persona del Dott. GIOVANNI
GIACALONE che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso con i
conseguenti provvedimenti per legge;
avverso l’ordinanza n. R.G. 939/2014 del TRIBUNALE di TIVOLI
del 28/0f/2014, depositata il 04/06/2014;

12/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ANNAMARIA
AMBROSIO.
Svolgimento del processo
Proposta da Luciano Amicuzzi opposizione avverso il precetto
intimatogli da Cristina La Vista in forza di sentenza del Tribunale di
Tivoli, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza in data
20.12.2012 l’adito Tribunale di Tivoli, accogliendo l’eccezione
proposta dall’opposta-intimante, ha dichiarato la propria incompetenza
per materia in favore del Tribunale di Tivoli sez. lavoro; ha, quindi,
rimesso le parti innanzi al Tribunale di Tivoli, sez. lavoro con termine
per la riassunzione ex art. 50 cod. proc. civ.; ha condannato
l’opponente (erroneamente indicato nella prima parte del dispositivo
come “Zito Calogero”) al pagamento delle spese processuali.
Avverso detta ordinanza ha proposto regolamento di
competenza Luciano Amicuzzi formulando tre motivi.
Cristina La Vista ha resistito con memoria ai sensi dell’ult.
comma dell’art. 47 cod. proc. civ..
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art.
380 ter cod. proc. civ., sulla base delle conclusioni scritte del pubblico
ministero, il quale ha richiesto la dichiarazione di inammissibilità del
ricorso.
E’ stata depositata memoria di replica del ricorrente.
Motivi della decisione
Ric. 2014 n. 18066 sez. M3 – ud. 12-03-2015
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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

1. Con i motivi di ricorso si denuncia: a) violazione di legge in
relazione all’art. 46 R.G. n. 12/41 e all’art. 1 d. Lgs. n. 51/98, erroneità
dell’ordinanza sotto il profilo dell’errata qualificazione della questione
di ripartizione interna di funzioni nell’ambito del medesimo organo
giudiziario, come questione di competenza per materia; b) violazione

della condanna alle spese; c) corretta proposizione dell’opposizione a
precetto con ricorso e secondo il rito del lavoro, essendo stato il
ricorso presso la sezione esecuzione mobiliari del Tribunale di Tivoli,
per errore, mentre la forma dell’atto introduttivo e il rito erano corretti.
2. Il ricorso per regolamento di competenza è inammissibile, per
un duplice ordine di considerazioni: innanzitutto, perchè — come
evidenziato dal P.G. nella propria requisitoria – il provvedimento
impugnato non contiene una statuizione di competenza; inoltre perché
— come sottolineato dalla resistente — neppure si chiede di regolare la
competenza, avendo il ricorrente testualmente concluso (cfr. sub C in
ricorso) nel senso di «accertare e dichiarare la competenza del Tribunale di
Tivoli, se Lavoro» e, quindi, di confermare l’indicazione contenuta nel
provvedimento impugnato.
2.1. Sotto il primo profilo — conformemente ad un indirizzo
consolidato che va qui ribadito (Cass. ord. 16 settembre 2013, n.
26976; Cass. 29 ottobre 2012, n. 18566 in motivazione; Cass. ord. 29
marzo 2011, n. 7129; Cass. ord. 23 settembre 2009, n. 20494; cfr.
anche Cass. ord. 01 marzo 2005, n. 4281 in materia di rimessione
innanzi al Tribunale fallimentare) — si osserva che a seguito
dell’istituzione del giudice unico di primo grado, la ripartizione delle
funzioni tra le sezioni lavoro e le sezioni ordinarie del Tribunale non
implica l’insorgenza di una questione di competenza, attenendo
piuttosto alla distribuzione degli affari giurisdizionali all’interno dello
Ric. 2014 n. 18066 sez. M3 – ud. 12-03-2015
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dell’art. 91 cod. proc. civ., illegittimità dell’ordinanza sotto il profilo

stesso ufficio; ne consegue che, ove il tribunale ordinario abbia
impropriamente dichiarato la propria incompetenza per essere
competente il giudice del lavoro presso lo stesso ufficio, è
inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso
l’indicata pronuncia, poiché il tribunale avrebbe dovuto disporre

dell’ufficio per la relativa assegnazione al giudice del lavoro.
Nel caso di specie, quindi, il Tribunale avrebbe dovuto
considerare la questione proposta dall’opposta-intimante, non già
come questione di competenza per materia, ma esclusivamente come
una questione di rito e, quindi, disporre il cambiamento del rito e
rimettere gli atti al Presidente del Tribunale per l’assegnazione del
fascicolo al Giudice del Lavoro presso lo stesso Tribunale.
Alla impropria dichiarazione di incompetenza va riconosciuto lo
stesso effetto, e non quello di risolvere una questione di competenza,
che non era e non è configurabile quando una causa venga introdotta
con il rito ordinario o comunque con un rito speciale da trattarsi dal
Tribunale in sede ordinaria e il giudice adito ne ravvisi la riconducibilità
all’ambito delle controversie di lavoro da trattarsi dal giudice del lavoro
dello stesso tribunale.
2.2. E’ ben vero che alcune recenti decisioni di questa Corte
(cfr.: Cass. n. 11261 del 2014; Cass. n. 5313 del 2014; Cass. ord. n.9553
del 2014) hanno affermato il principio, secondo cui quando una
sentenza abbia deciso una questione di distribuzione degli affari civili
all’interno dello stesso ufficio giudiziario (come quella fra la sede
principale dell’ufficio ed una sede distaccata ovvero tra diverse sedi
distaccate), qualificandola erroneamente come questione di
competenza e non, invece, di ripartizione degli affari interna ad uno
stesso ufficio, il mezzo di impugnazione esperibile contro la decisione
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soltanto il cambiamento del rito e la conseguente rimessione al capo

che abbia riguardato solo questo punto è, in applicazione del principio
dell’apparenza, il regolamento necessario di competenza. E tuttavia (in
disparte il rilievo che l’iter processuale riguardato dalle prime due
sentenze cit. si discosta dalla vicenda all’esame) proprio l’ultima delle
sentenze cit. — rilevando la “problematicità” della questione nell’ipotesi

regolamento, qualora proposto di ufficio in relazione alla ripartizione
delle funzioni tra le sezioni lavoro e le sezioni ordinarie del Tribunale
(in tal modo profilando un doppio regime, di impugnabilità e non
impugnabilità con il regolamento, di un provvedimento che si
riconosce non essere un provvedimento dichiarativo di incompetenza
per materia) — permette di cogliere come il criterio dell’apparenza sia
inidoneo a risolvere la peculiare questione, risultando, piuttosto,
rilevante al riguardo la sostana del provvedimento.
Invero il criterio dell’apparenza è idoneo a regolare la scelta del
mezzo dell’impugnazione, ma ai fini dell’impugnabilità o meno del
provvedimento vale il criterio c.d. “della prevalenza della sostanza sulla
forma degli atti processuali”, secondo cui ciò che definisce il regime da
applicare all’atto processuale, anche ai fini della relativa impugnazione,
è la sua sostanza e non la sua forma (cfr. Cass. SSUU. n. 15116 del
2013, nella motivazione e SS. UU. n. 25837 del 2007). Nella specie si
tratta — come innanzi evidenziato – di un provvedimento erroneamente
atteggiato come provvedimento sulla competenza, ma, nella sostanza,
meramente ordinatorio, disponendo il mero cambiamento del rito
(come tale ridiscutibile nell’ulteriore corso del processo) e una diversa
distribuzione interna all’ufficio.
2.3. Non è superfluo aggiungere e, venendo all’altro profilo di
inammissibilità, che il mezzo di cui all’art. 42 cod. proc. civ. è un
rimedio impugnatorio inteso a rimuovere un provvedimento sulla
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c99,

di regolamento ad istanza di parte e ribadendo l’inammissibilità del

competenza, laddove, nella specie, parte ricorrente non discute
dell’azionabilità dell’opposizione innanzi alla sez. lavoro del Tribunale
di Tivoli, ma si limita, in buona sostanza, a lamentarsi che
dall’impropria dichiarazione di competenza sia derivata la condanna
alle spese ai suoi danni. Ma ciò esula dall’ambito del mezzo processuale

In definitiva il ricorso per regolamento va dichiarato
inammissibile, dovendo di conseguenza le parti essere rimesse innanzi
al Tribunale di Tivoli, sez. lavoro.
Sussistono i presupposti di cui all’art. 92 cod. proc. civ. per
compensare interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità,
tenuto conto delle incertezze determinate dalla giurisprudenza
richiamata sub 2.2.
Ricorrono, infine, i presupposti per il versamento dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater
del d.p.r. n.115 del 2002.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e rimette le parti
innanzi al Tribunale di Tivoli, sez. lavoro; compensa le spese del
giudizio di regolamento; ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del d.p.r. n.115
del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da
parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis
dello stesso art. 13.
Roma 12 marzo 2015

di cui all’art. 42 cod. proc. civ..

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