Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8902 del 06/04/2017


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Cassazione civile, sez. I, 06/04/2017, (ud. 07/02/2017, dep.06/04/2017),  n. 8902

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

Casearia vassallo s.r.l. in liq., in persona del liquidatore p.t.

rappr. e dif. dall’avv. Maurizio Infante, elett. dom.ti Roma, presso

lo studio dell’avv. Colacino, in via Nicola Ricciotti n.9, come da

procura in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento;

– intimato –

per la cassazione del decreto Trib. Benevento 2 maggio 2013, n. 6795

in R. Conc. Prev. n. 11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 7 febbraio 2017 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott.

Salvato Luigi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Casearia Vassallo s.r.l. in liquidazione impugna il decreto Trib. Benevento 2 maggio 2013, n. 6795 in R. Conc. Prev. n. 11/2012, con cui è stata dichiarata l’inammissibilità della proposta di concordato preventivo già depositata il 27.2.2013 dalla società, nella forma della cessio bonorum articolata su due ipotesi, la prima con distribuzione ai chirografi del 31,34% e la seconda del 4,77% (in ragione della ripartizione del ricavo dall’aggiudicazione di bene pignorato).

2. Ritenne il tribunale, quanto alla prima soluzione, che: a) essa prevedeva come presupposto il venire meno (quale vicenda di inefficacia o nullità L. Fall., ex art. 168) dell’aggiudicazione di un immobile, già disposta dal giudice dell’esecuzione nella stessa data di pubblicazione al registro delle imprese della proposta di concordato con riserva, L. Fall., ex art. 161, comma 6, per una somma (431.500 Euro), inferiore alla stima iniziale del CTU (770.000 Euro); b) l’ipotesi di una suddivisione del bene in quattro lotti, di cui già uno solo quotato a 350000 Euro, era ingiustificata, sia per il confronto con il valore di esitazione del bene unico (appena definito), sia per la pretermissione nella proposta dei costi aggiuntivi di lottizzazione, amministrativa ed edilizia, apparendo irrilevanti le mere lettere d’intenti di terzi (prive di sottoscrizioni autenticate) e carente l’attestazione del professionista (che si era limitato a recepire acriticamente le indicazioni del tecnico di parte); c) più in generale, l’intera attestazione risultava “gravemente lacunosa”, anche con riguardo ai crediti verso clienti, attesi d’incasso da tre anni e mai percepiti, apparendo sul punto semmai più prudente un azzeramento del loro valore, alla stregua dei principi OIC e non un fondo di 40.000 Euro su 141.000 di nominale, essendo per giunta riferito a tutto l’attivo, e non solo ai crediti, un “fondo generico concordato”; d) mancava un bilancio al 31.12.2012, essendo insufficiente e carente di analiticità la situazione straordinaria fissata al 31.1.2013.

3. Sulla seconda ipotesi, il tribunale, dopo aver richiamato i primi rilievi, ha considerato che: a) la sottrazione dall’attivo del nominale dei crediti, implicava che il residuo attivo era pari solo a 36.000 Euro circa, con una prospettazione di riparto modesto ai chirografi (4,77%), che in realtà non sarebbe bastato al soddisfacimento previo dei privilegiati; b) doveva confermarsi il giudizio di carenza dell’attestazione.

4. Il tribunale, negando così anche la fattibilità del concordato, rinviava gli atti al locale P.M. per l’eventuale esercizio dell’azione fallimentare.

5. Il ricorso è su due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 51 c.p.c., n. 4 e art. 111 Cost., essendo stato il collegio beneventano composto altresì da un giudice coincidente con quello che, quale giudice dell’esecuzione immobiliare, aveva negato la sospensione dell’esecuzione, pur chiesta dalla società per effetto del deposito della domanda di concordato, finendo poi con l’aggiudicare a terzi il bene contemplato nella proposta.

2. Con il secondo motivo si censura la violazione della L. Fall., artt. 160 e 162, per essere il tribunale entrato nel merito della proposta, esame invece riservato ai soli creditori ed avere lo stesso espresso un giudizio di fattibilità economica, di competenza del professionista attestatore, trasgredendo i limiti delle valutazioni proprie del giudice, anche quanto al controllo sulla veridicità dei dati aziendali.

3. Il ricorso è inammissibile. Come statuito da Cass. s.u. 27073/2016, in sede di risoluzione di questione di massima di particolare importanza, il decreto con cui il tribunale dichiara l’inammissibilità della proposta di concordato, ai sensi della L. Fall., art. 162, comma 2 – come nella specie avvenuto – e senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa di fallimento, non è assoggettabile a ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, non avendo carattere decisorio. Manca infatti una controversia, anche solo potenziale, fra parti contrapposte ed il relativo provvedimento viene emesso dal tribunale senza un particolare contraddittorio, bensì solo assicurando l’audizione del debitore (o comunque che egli possa organizzare la sua difesa), mentre è irrilevante che i creditori siano o meno favorevoli, posto che il tribunale deve provvedere comunque d’ufficio a tutela di un interesse più generale, che prescinde da quello individuale. Il decreto dunque non decide su diritti soggettivi di parti contrapposte, nè è destinato al giudicato e, come osservato dal citato arresto, appare significativo che nella prassi, tra cui la presente vicenda, anche l’impugnazione sia stata notificata al P.M.: in realtà in tema non può dirsi sussistente un’autentica legittimazione passiva del Pubblico Ministero, che, partecipa al procedimento ma non alla stregua di parte titolare di un, potere d’impugnazione, per cause che avrebbe potuto egli stesso promuovere o per le quali tale potere sia previsto dall’art. 72 c.p.c., strutturandosi dunque il procedimento stesso in una connotazione di essenziale unilateralità.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2017

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