Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8902 del 05/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 8902 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

ORDINANZA
sul ricorso per regolamento di competenza 15394-2014 proposto da:
EUROPEA 92 SPA, in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLA GRANDE
MURAGLIA 289 B/3, presso lo studio dell’avvocato LUCA LO
BOSCO, rappresentata e difesa dall’avvocato BERNARDINO IZZI
giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente contro

BECCALI GIAN PAOLO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
MARIO SAVINI 7, presso lo studio dell’avvocato VALENTINA
ROMAGNA, rappresentato e difeso dagli avvocati LUCIANA
GUALDARONI, ROBERTO ROTA;
– resistente –

Data pubblicazione: 05/05/2015

sulle conclusioni scritte del P.G. in persona del Dott. LUIGI
SALVATO che ha chiesto l’accoglimento dell’istanza di regolamento
di competenza e, conseguentemente, la cassazione del provvedimento
impugnato dichiarando la competenza per territorio del Tribunale di
Isernia;

5/05/2014, depositata 1’08/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’11/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA
LUCIANA BARRECA.
PREMESSO IN FATTO
La società Europea 92 spa (già EUROFIN spa) propone istanza di
regolamento di competenza avverso la sentenza pubblicata in data 8 maggio
2014, con la quale il Tribunale di Isernia (nella causa di opposizione a decreto
ingiuntivo instaurata dall’ingiunto avv. Gian Paolo Beccali nei confronti della
società EUROFIN spa, incorporata dall’odierna ricorrente, che gli aveva
intimato il pagamento della somma di € 51.996,62, a titolo di restituzione di
indebito) ha accolto l’eccezione di incompetenza territoriale avanzata
dall’opponente ed ha dichiarato la competenza del Tribunale di Milano o
alternativamente del Tribunale di Pavia, compensando tra le parti le spese di
lite, senza nulla dire circa la sorte del decreto ingiuntivo opposto.
L’avv. Gian Paolo Beccali si è difeso con apposita scrittura ex art. 47
cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha
chiesto l’accoglimento del ricorso.
Tutte e due le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 ter
cod. proc. civ.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.-Preliminarmente vanno rigettate le seguenti eccezioni sollevate dal
resistente, per le ragioni appresso per ciascuna specificate:
– eccezione di improcedibilità del ricorso per la mancata produzione in giudizio
della copia notificata della sentenza d’appello: l’eccezione è priva di pregio
poiché la sanzione dell’improcedibilità di cui all’art. 369, comma secondo, cod.
proc. civ. riguarda il mancato deposito della copia autentica della sentenza o
della decisione impugnata, con la relazione di notificazione. La sentenza alla
quale si riferisce il resistente non è quella impugnata; è verosimilmente quella
pronunciata dalla Corte d’Appello di Milano nel giudizio che ha visto
contrapposta la società EUROFIN spa ed il suo dipendente Antonio Zampino;
questa sentenza tutt’al più potrebbe attenere al merito della causa (fatto salvo
quanto infra), e comunque non è un documento sul quale il ricorso può dirsi
fondato ai sensi dell’art. 369, comma secondo, n. 4 cod. proc. civ.; peraltro,
Ric. 2014 n. 15394 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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avverso la sentenza n. 226/2014 del TRIBUNALE di ISERNIA del

Ric. 2014 n. 15394 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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nella memoria ex art. 380 ter cod. proc. civ. parte resistente ha precisato di
avere indicato la sentenza <> per mero refuso, intendendo
sostanzialmente proporre l’eccezione di cui appresso;
– eccezione (di improcedibilità e) di inammissibilità del ricorso per la mancata
produzione in giudizio della comunicazione del deposito della sentenza che la
parte ricorrente assume ricevuta il 9 maggio 2014 e conseguente tardività
dell’impugnazione: l’eccezione non merita di essere accolta poiché la sentenza
impugnata risulta essere stata pubblicata in data 8 maggio 2014, sicché è
comunque tempestivo il ricorso notificato il 5 giugno 2014, in quanto il rispetto
del termine perentorio di 30 giorni di cui all’art. 47, comma secondo, cod. proc.
civ. risulta per tabulas (cfr. Cass. ord. n. 14337/14, nel senso che in tema di
regolamento di competenza, in caso di mancato deposito della ricevuta
comprovante la comunicazione dell’ordinanza impugnata – effettuata in via
telematica ai sensi dell’art. 136 cod. proc. civ. come modificato dall’art. 25,
comma 1, lett. d), della legge 12 novembre 2011, n. 183 – occorre fare
riferimento, ai fini della valutazione della tempestività dell’impugnazione, ove
l’interessato non abbia invocato un termine di comunicazione successivo, alla
data di deposito apposta sulla copia autentica dell’ordinanza prodotta,
dovendosi escludere che la comunicazione a mezzo PEC del deposito del
provvedimento abbia preceduto il deposito stesso); né rileva che la sentenza
dichiarativa dell’incompetenza non sia indicata in ricorso come prodotta
unitamente a quest’ultimo (secondo quanto eccepito dal resistente con la
memoria ex art. 380 ter cod. proc. civ.), poiché l’indice dei documenti allegati
al ricorso risulta dalla relativa nota di deposito e iscrizione a ruolo in data 24
giugno 2014;
– eccezione di inammissibilità del ricorso, perché la procura a margine sarebbe
stata rilasciata in data incompatibile con la proposizione del ricorso per
cassazione e comunque sarebbe priva del requisito della specialità: l’eccezione
va rigettata in applicazione del principio per il quale il mandato apposto in
calce o a margine del ricorso per cassazione è, per sua natura, speciale, senza
che occorra per la sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso
od alla sentenza contro la quale si rivolge, poiché il carattere di specialità è
deducibile dal fatto che la procura al difensore forma materialmente corpo con
il ricorso o il controricorso al quale essa si riferisce (così da ultimo, Cass. ord.
n. 1205/2015). L’applicazione di questo principio al caso di specie rende
irrilevante che la data apposta a stampa in calce alla procura sia quella del <<4 giugno 2010>>.
2.- Per rendere comprensibili i motivi di ricorso e le ulteriori eccezioni di
inammissibilità sollevate dal resistente è opportuno dare conto delle
argomentazioni del provvedimento impugnato che, pur se in forma di sentenza,
è limitato alle statuizioni sulla competenza. Non avendo deciso il merito della
causa, esso è perciò impugnabile col presente regolamento ai sensi dell’art. 42
cod. proc. civ., non rilevando l’erroneità nell’adozione della forma del
provvedimento, come osservato anche dal pubblico ministero nelle conclusioni
scritte.
Il Tribunale di Isernia ha posto a fondamento della propria decisione
l’orientamento giurisprudenziale di legittimità per cui in caso di somme
indebitamente versate in forza di una sentenza provvisoriamente esecutiva
successivamente riformata, non si applica la disciplina della ripetizione

Ric. 2014 n. 15394 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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dell’indebito oggettivo di cui all’art. 2033 cod. civ., dovendosi riconoscere
all’interessato il diritto di essere reintegrato dall’accipiens dell’intera
diminuzione patrimoniale subita, con restituzione della somma versata
aumentata degli interessi con decorrenza dal giorno del pagamento non dovuto
(cfr. Cass. n. 8829/07, n. 25589/10 ed altre).
Da questa premessa, ha tratto la conseguenza che, non applicandosi l’art. 2033
cod. civ., i criteri per l’individuazione del giudice competente andrebbero
desunti dall’art. 20 cod. proc. civ., coincidendo perciò col luogo in cui
l’obbligazione dedotta in giudizio è sorta ovvero deve essere adempiuta.
Identificato il primo in Milano, per essere sorta l’obbligazione restitutoria a
seguito della sentenza della Corte d’Appello di Milano, il giudice ha
individuato il secondo utilizzando sia il criterio del terzo comma dell’art. 1183
cod. civ. sia quello del quarto comma dello stesso art. 1183 cod. civ.
Alla stregua dell’art. 1183, comma terzo, cod. civ., ha identificato il foro
competente in quello del domicilio del creditore al momento della scadenza
dell’obbligazione, facendo riferimento al domicilio eletto dalla società
creditrice nel giudizio di appello, quindi fissato in Milano; alla stregua dell’art.
1183, comma quarto, cod. civ., nel presupposto che l’importo da restituire non
fosse quantificato, ha identificato il foro competente in quello del domicilio del
debitore al tempo della scadenza, facendo riferimento al domicilio dell’avv.
Beccali in Chignolo Po (Pavia). Pertanto, ha concluso per la competenza
alternativa del Tribunale di Milano ovvero del Tribunale di Pavia.
3.- Col primo motivo di ricorso è denunciata errata e falsa applicazione degli
artt. 20, 141 cod. proc. civ. e 1182, comma 3, cod. civ., in relazione all’art. 360
n. 3 cod. proc. civ., al fine di censurare l’affermazione del Tribunale secondo
cui, poiché il giudizio ha ad oggetto un credito restitutorio nascente dalla
riforma in appello di una sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva
(in ragione della quale sarebbe stato effettuato il pagamento di cui è chiesta la
restituzione), il domicilio del creditore andrebbe individuato, trattandosi di una
società, non presso la sede legale (nel caso di specie, Roccaravindola — Isernia),
ma nel luogo dove era stato eletto il domicilio ai fini del giudizio di appello
(Milano).
Osserva la ricorrente che l’elezione di domicilio fatta ai sensi dell’art. 141 cod.
proc. civ. soltanto a fini processuali, non avrebbe alcuna incidenza né sull’art.
1182 cod. civ. né sull’art. 20 cod. proc. civ., in quanto relativa alle notificazioni
degli atti del processo; che inoltre l’avvocato domiciliatario non aveva alcuna
procura all’incasso, la quale peraltro non avrebbe avuto alcuna incidenza sul
criterio di collegamento previsto dall’art. 20 cod. proc. civ.; che, infine, non vi
era presso l’avvocato domiciliatario nemmeno una sede secondaria della
società, non rilevando comunque quest’ultima ai fini di un’eventuale deroga al
criterio della sede principale, rilevante ex art. 1182, comma terzo, cod. civ.
Aggiunge che il giudizio cui era riferita l’elezione di domicilio riguardava il
rapporto tra la società ed il suo dipendente Antonio Zampino, quindi non era
collegabile alla pretesa che, nel presente giudizio, la società fa valere nei
confronti dell’avv. Beccali, che non era parte in quel giudizio.
3.1.- Col secondo motivo di ricorso è denunciata errata e falsa applicazione
degli artt. 20, 141 cod. proc. civ., 2033 e 1182, comma 3, cod. civ., in relazione
all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.

Ric. 2014 n. 15394 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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La società ricorrente sostiene che il Tribunale, nell’applicare (malamente) gli
artt. 20 cod. proc. civ. e 1182, comma 3, cod. civ. sarebbe partito da un
presupposto errato e cioè che, nel caso di specie, non sarebbe stato applicabile
l’art. 2033 cod. civ., ma il principio generale secondo cui l’annullamento da
parte del giudice d’appello di una sentenza di primo grado provvisoriamente
esecutiva, facendo venire meno il titolo in base al quale era stato fatto il
pagamento, dà luogo ad una pretesa restitutoria non fondata su detta norma di
legge. Oltre a ribadire i rilievi di cui sopra in punto di rilevanza soltanto
processuale dell’elezione di domicilio effettuata con la procura alle liti, la
ricorrente evidenzia come la sua pretesa in sede monitoria sarebbe stata
avanzata <>. Precisa al riguardo che essa inizialmente
fu condannata ad effettuare un pagamento in favore di un suo ex dipendente
(tale Zampino); che tale pagamento però non fu effettuato a costui, ma ad un
soggetto diverso, cioè direttamente all’avv. Beccali, visto che questo avrebbe
preteso il pagamento sul suo conto corrente sotto minaccia di esecuzione
forzata, senza avere -a detta della ricorrente- nessun titolo a farlo; che
successivamente l’obbligazione nei confronti del sig. Zampino venne meno
perché la sentenza del Tribunale di Lodi venne riformata dalla Corte d’Appello
di Milano; che pertanto alla fattispecie si applicherebbe l’art. 2033 cod. civ.,
trattandosi di indebito ex persona accipientis, non avendo l’avv. Beccali alcuna
relazione col rapporto obbligatorio; che quindi dovrebbe restituire quanto
ricevuto sia perché egli non era il vero creditore sia perché l’originario rapporto
di debito/credito (tra Eurofin e Zampino) è stato posto nel nulla dalla Corte
d’Appello di Milano.
4.- I motivi di ricorso, che vanno trattati congiuntamente perché connessi, sono
ammissibili.
Fatto salvo quanto si dirà trattando le diverse questioni, vanno disattesi i rilievi
di inammissibilità sollevati dal resistente per un’asserita genericità dei motivi,
atteso che il ricorso, oltre ad essere autosufficiente quanto all’esposizione
sommaria del fatto (cfr. Cass. ord. n. 16572/06) ed alle ragioni del dissenso
rispetto alla decisione impugnata, enuncia le norme che parte ricorrente assume
violate e svolge adeguate argomentazioni in punto di contrasto con queste
ultime delle affermazioni in diritto contenute nel provvedimento impugnato.
Peraltro, e con riferimento all’eccezione di incompletezza delle censure del
ricorrente rispetto a tali affermazioni, non può non essere ribadito che, avendo
l’istanza di regolamento di competenza la funzione di investire la Corte di
cassazione del potere di individuare definitivamente il giudice competente,
onde evitare che la sua designazione sia ulteriormente posta in discussione
nell’ambito della stessa controversia, i poteri di indagine e di valutazione, anche
in fatto, della Corte possono esplicarsi in relazione ad ogni elemento utile
acquisito sino a quel momento al processo, senza essere limitati dal contenuto
della sentenza impugnata ne’ dalle difese delle parti, e possono
conseguentemente riguardare anche questioni di fatto non contestate nel
giudizio di merito e che non abbiano costituito oggetto del ricorso per
regolamento di competenza. (Cass. S.U. ord. n. 14569/02, e numerose altre
successive, tra cui Cass. ord. n. 2591/06 e n. 25232/14).
5.- Prendendo le mosse da tale ultimo principio, si rileva che logicamente
preliminare appare l’esame del secondo motivo, col quale si contesta

Ric. 2014 n. 15394 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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espressamente la statuizione del Tribunale, secondo cui si dovrebbe escludere
che la presente controversia abbia ad oggetto un’obbligazione di ripetizione di
indebito ai sensi dell’art. 2033 cod. civ..
La censura è fondata.
Come rilevato anche dal pubblico ministero, la consolidata giurisprudenza di
legittimità è nel senso che la determinazione della competenza deve essere fatta
in base al contenuto della domanda giudiziale, salvo che nei casi in cui la
prospettazione ivi contenuta appaia prima facie artificiosa e finalizzata soltanto
a sottrarre la cognizione della causa al giudice predeterminato per legge. Detto
principio, valevole anche per la competenza per territorio, non può essere
derogato dalle contestazioni del convenuto circa la sussistenza del rapporto, né
circa altri elementi posti a fondamento della domanda, riservate alla cognizione
del giudice di merito (cfr. Cass. n. 7182/14, nonché già n. 11415/07 ed altre).
Orbene, dal contenuto del ricorso per decreto ingiuntivo, trascritto in ricorso,
si evince che la società creditrice ha richiesto l’ingiunzione deducendo che le
somme in questione, esattamente quantificate nell’importo di e 51.996,62,
dovute al dipendente Zampino, sono state versate all’avv. Beccali <>e
nel prosieguo è detto che si sarebbe trattato di <<... un soggetto terzo ... che non aveva nessun titolo a ricevere tali somme, sia perché estraneo al rapporto sostanziale, sia perché non legittimato dal creditore ...>>, tanto che la
domanda di restituzione è basata sul diritto della società creditrice <

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