Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8898 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 31/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 31/03/2021), n.8898

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10789/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in via dei Portoghesi, n.

12;

– ricorrente –

contro

il sig. C.F., con gli avvocati Osnato Angelo e Alessandri

Alessandro, nel domicilio eletto presso lo studio del secondo in

Roma, alla piazza dei Carracci, n. 1;

– controricorrente –

avverso le sentenze della Commissione Tributaria Regionale per

l’Emilia Romagna n. 31/11/13, depositata il 01/03/2013, non

notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre

2020 dal Cons. Fracanzani Marcello M..

 

Fatto

RILEVATO

1. Il contribuente, unitamente ad altri due soggetti privati, alienava ciascuno per la propria quota di 1/3, e così complessivamente per l’intero, un appezzamento di terreno sito nel Comune di Poggio Renatico. La compravendita si perfezionava in data 14.11.2000 per il prezzo dichiarato di Euro 1.552.940, di cui Euro 330.000 versate nell’anno 2000 e la residua somma di 1.222.940 nell’anno 2001. Ciò nondimeno gli alienanti, e dunque nemmeno il contribuente, dichiaravano alcuna plusvalenza per l’anno 2001.

L’ufficio verificava così la plusvalenza complessiva derivante dall’operazione immobiliare, accertando nei confronti di ciascuno un reddito imponibile ai fini IRPEF, da assoggettare a tassazione separata, pari a Euro 307.519 (pari ad Euro 158.820,31). Il contribuente veniva così attinto da un avviso di accertamento, notificato in data 16 aprile 2007, relativamente al periodo d’imposta 2000, per il recupero a tassazione IRPEF e relative sanzioni.

Insorgeva con ricorso il contribuente, contestando la natura edificabile dell’area compravenduta, essendo classificata dallo strumento urbanistico vigente quale zona agricola E 1. Soggiungeva altresì che nel mese di aprile del 1999 l’amministrazione comunale aveva adottato una variante urbanistica che prevedeva la modifica della destinazione urbanistica dell’area in commento, da zona agricola E1 a zona di espansione D4. Evidenziava però come la variante fosse stata solo adottata e non anche approvata. La delibera di approvazione era stata assunta solo nel settembre dell’anno 2001 e, quindi, successivamente alla compravendita. Non essendo il terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria, non poteva pertanto trovare applicazione l’art. 81 TUIR, comma 1, lett. b).

Sotto altro profilo il contribuente contestava anche la quantificazione della plusvalenza, essendo state computate anche delle zone inedificabili quali, ad esempio, le fasce di rispetto stradale. Si costituiva così l’Ufficio, il quale difendeva la pretesa impositoria richiamando il D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, convertito nella L. n. 248 del 2006, secondo cui l’utilizzazione edificatoria di un’area è data dallo strumento urbanistico adottato, indipendentemente dalla sua approvazione finale. All’uopo richiamava anche la pronuncia n. 25506/2006, resa dalle Sezioni Unite di questa Corte, che confermava anche l’interpretazione autentica e la valenza retroattiva dell’art. 36 citato. La CTP respingeva il gravame confermando la legittimità dell’atto impositivo.

Interponeva appello il contribuente, contestando l’interpretazione autentica e l’applicazione retroattiva dell’art. 36 in commento, oltre alla quantificazione della plusvalenza e il computo delle sanzioni. Resisteva l’Ufficio richiamando le difese già svolte in primo grado. La CTR accoglieva il gravame del contribuente, affermando che la valutazione del bene doveva essere compiuta in relazione al suo valore al momento del trasferimento. Nel caso di specie la compravendita si era perfezionata quando la variante urbanistica non era ancora stata approvata e il terreno non era pertanto ancora suscettibile di utilizzazione edificatoria.

Insorge ora con ricorso l’Amministrazione finanziaria affidandosi ad un unico motivo, cui replica il contribuente con tempestivo controricorso che in prossimità dell’udienza ha depositato altresì memoria.

Diritto

CONSIDERATO

2. Con il primo e unico motivo di ricorso l’Amministrazione lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 81, comma 1, lett. b) vigente “ratione temporis” (testo ante riforma 2004) e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, (convertito con L. n. 248 del 2006) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. In particolare l’ufficio fonda il motivo di ricorso sul dettato del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, poi convertito in legge, secondo cui un’area è da considerarsi fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico anche solo adottato, indipendentemente dalla sua approvazione.

Il motivo di ricorso è fondato.

L’art. 36, comma 2, in commento stabilisce che: “Ai fini dell’applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”.

Due sono pertanto i principi fondamentali stabiliti dalla disposizione in commento: da un lato un terreno può essere già considerato suscettibile di utilizzazione edificatoria a fini fiscali quando lo strumento urbanistico è stato anche solo adottato, non essendo necessaria la sua approvazione; dall’altro un terreno può essere già considerato suscettibile di utilizzazione edificatoria a fini fiscali quando ancora non è stato approvato lo strumento urbanistico attuativo (piano particolareggiato, piano di lottizzazione o strumenti equivalenti) e anche se non sia ancora possibile in concreto l’edificazione.

La disposizione in commento è stata interpretata dalle Sezioni Unite di questa Corte nel senso che è irrilevante, ai fini fiscali, che il suolo sia immediatamente ed incondizionatamente edificabile. Ciò che rileva è, infatti, l’inizio della procedura di trasformazione urbanistica di un suolo, implicando quest’ultima anche una “trasformazione economica” dell’area oggetto di accertamento e residuando la sola esigenza di tenere concretamente conto della determinazione della base imponibile (Cass., S.U. n. 25506/2006).

In altri termini, il discrimen per determinare l’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale è determinato dall’inizio -e non dalla conclusione- del procedimento di trasformazione urbanistica nello specifico periodo d’imposta, computato al 1 gennaio di ogni anno, rimanendo impregiudicata la sola necessità valutare la maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie dell’area (v. Cass., V, n. 12384/2016; n. 13263/2017).

Orbene, nel caso di specie è incontestata la circostanza che la compravendita si sia perfezionata nel novembre dell’anno 2000 e quindi dopo l’approvazione, avvenuta nel mese di aprile 1999, della delibera di adozione della variante urbanistica che imprimeva la destinazione a zona di espansione D4.

Infondata è inoltre l’eccezione del contribuente fondata sulla vigenza delle misure di salvaguardia, avendo queste ultime il solo scopo di precludere il rilascio di titoli edilizi in contrasto con gli strumenti urbanistici adottati per il limitato periodo di tre anni dalla data della loro adozione. Si tratta, infatti, di uno strumento atto a “paralizzare” non tanto il rilascio di tutti i titoli edilizi, quanto solo di quelli che non risultano conformi alla pianificazione adottata (oltre, ovviamente, a quella in vigore). Per l’effetto esse non incidono sul carattere edificabile del terreno, e quindi sul suo valore, ma solo sulla sua concreta utilizzabilità, peraltro con un’incidenza limitata nel tempo.

Coglie invece nel segno l’ulteriore eccezione del resistente secondo cui sarebbe errata la quantificazione in sè della pretesa impositiva. In particolare, l’ufficio avrebbe erroneamente computato ai fiscali anche la porzione di area ricompresa nella fascia di rispetto stradale, anzichè escluderla, essendo sprovvista di capacità edificatoria, e come tale equiparabile alle zone agricole.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, essendo giuridicamente prive della possibilità legale di edificazione e, quindi, della necessaria capacità edificatoria, le aree ricomprese nelle fasce di rispetto stradale o ferroviario debbono essere, ai fini fiscali, equiparate a quelle agricole e quindi escluse dal computo (v. Cass., V, n. 8609/2011). Ne consegue come la fascia in commento non potesse essere computata ai fini fiscali.

Il ricorso è pertanto parzialmente fondato e va accolto sicchè la sentenza va cassata con rinvio al giudice di merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione regionale per l’Emilia Romagna – Bologna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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