Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8898 del 18/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 18/04/2011, (ud. 05/04/2011, dep. 18/04/2011), n.8898

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 18844/2009 proposto da:

IPE INDUSTRIA PREFABBRICATI ECOLOGICI SRL (OMISSIS) in persona

del suo amministratore giudiziario, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GREGORIO VII n. 242, presso lo studio dell’avvocato

FRANCESCA LATINO, rappresentata e difesa dall’avvocato LATINO

Carmelo, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 61/2008 della Commissione Tributaria Regionale

di PALERMO del 6.5.08, depositata il 09/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MARIAIDA PERSICO.

E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Il relatore Cons. Dott. Mariaida Persico, letti gli atti depositati, osserva:

1. l’I.p.e. Industrie Prefabbricati Ecologici s.r.l. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 61/25/08, depositata il 6 maggio 2008, con la quale, in riforma della sentenza di primo grado appellata dalla contribuente, veniva dichiarata la legittimità dell’avviso di accertamento con il quale era stato recuperato a tassazione l’Iva e l’Irpeg per l’anno d’imposta 1998.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

2. Il primo motivo del ricorso, – con il quale si denuncia, formulando idoneo quesito di diritto, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, risulta palesemente infondato in virtù dei principi già enucleati da questa Corte che ha affermato (Cass. n. 19947 del 2010) in tema di annullamento in autotutela (c.d. autotutela sostitutiva) e di correlata estinzione in giudizio per cessata materia del contendere, trova applicazione il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, tutte le volte che l’autotutela sia stata determinata dall’accoglimento di uno specifico preliminare motivo di ricorso del contribuente, la verifica del cui fondamento da parte del giudice del merito avrebbe dovuto (o, anche, potuto) indurre lo stesso ad annullare l’atto impositivo impugnato, eliminato in via amministrativa nel corso del processo di primo grado, proprio per quel motivo perchè il provvedimento di autotutela, oggettivamente, ha realizzato proprio l’interesse del contribuente al riscontro del vizio eccepito (si ribadisce, per sua scelta volontaria) e fatto venir meno la necessità di una pronuncia del giudice sull’oggetto della controversia perchè l’accoglimento dello stesso in sede giudiziaria avrebbe comunque impedito lo scrutinio degli altri subordinati motivi proposti, anche di quelli attinenti al merito della pretesa fiscale azionata.

In virtù di tale principio nel caso di specie la richiesta avanzata dall’amministrazione finanziaria in altro procedimento (relativo ad altro avviso di accertamento avente però identico contenuto) ha comportato solo il riconoscimento di uno specifico motivo di doglianza avanzato in quella sede dal contribuente (irregolarità della notifica) e non anche la rinuncia al credito tributario fatto valere.

3. Il secondo motivo del ricorso, – con il quale, formulando idoneo quesito di diritto, si denuncia la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 5, per non avere l’ufficio diritto alla proroga – senza della quale sarebbe decaduto dal potere impositivo, dal momento che la contribuente non poteva avvalersi dei benefici di cui alle menzionate leggi, per aver ricevuto, prima dell’entrata in vigore della legge, notifica del processo verbale di constatazione con esito positivo -, è manifestamente infondato in virtù dei principi enucleati da questa Corte che ha affermato (Cass. n. 17395 del 2010) in tema di condono fiscale, la proroga biennale dei termini di accertamento, accordata agli uffici finanziari dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 10, opera, in assenza di deroghe contenute nella legge sia nel caso in cui il contribuente non abbia inteso avvalersi delle disposizioni di favore di cui alla suddetta legge, pur avendovi astrattamente diritto, sia nel caso in cui non abbia potuto farlo, perchè raggiunto da un avviso di accertamento notificatogli prima dell’entrata in vigore della legge.

4. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio in quanto manifestamente infondato”.

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;

che le spese di lite posso essere regolate come in dispositivo in applicazione del principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di giudizio che liquida in Euro 7.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2011

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